Meo Patacca, maschera romana è uno sgherro diventato «bullo»

Meo Patacca, maschera romana è uno sgherro diventato «bullo» Meo Patacca, maschera romana è uno sgherro diventato «bullo» Per chi abbia pratica di cose romanesche, il nome di Meo Patacca richiama subito alla mente un personaggio popolarissimo sulle scene romane dell'Ottocento, cavallo di battaglia di attori famosi come « Pippo er gobbo » (al secolo Filippo Tacconi) o Pippo Tamburi; il personaggio, cioè del «bullo» prepotente e manesco, abbigliato con abito di velluto, cappello dall'ampio pennacchio, sciabulone al fianco (sovente sostituito, per ordine della polizia, con un bastone), accompagnato dall'inseparabile amico e rivale Marco Pepe, pusillanime nel fondo ma fanfarone, sfortunato in amore, capace però di grandi sfuriate e sfilze di bestemmie, tuonanti minacce ed esclamazioni, tra cui la famosa: «Corpo della Piramide di Caio Cestio! ». In realtà il personaggio di Meo Patacca, che è popolare e proverbiale ancor oggi, ha origini ben più lontane. Il vero, anche se poco noto. Meo Patacca non è il « bullo * dell'Ottocento, ma lo «sgherro»! del Seicento, protagonista, ac-: canto a un Marco Pepe ancor scialbo che si limita a fargli I da spalla, di un poema eroicomico scritto nel 1695 dal' segretario dell'Accademia romana degli Infecondi, commediografo e attore in lingua e dialetto, Giuseppe Berneri. Titolo del poema: Il Meo Patacca, ovvero Roma in feste ne' i trionfi di Vienna. Sfondo originario delle imprese di Meo, perciò, è la Roma scenografica e chiassosa di fine Seicento, nobile e prelatizia e insieme miserabile e plebea. Il Berneri non era certo grande poeta, semmai era un buon mestierante della penna Tuttavia una sua dignitosa preparazione professionale ce l'aveva, o anche un certo geniaccio teatrale, e una capacità di aderire, sia pure a livello casalingo, al gusto dominante del secolo. Il suo poema, certo non è privo di lungaggini e sciatterie. Fragile e pretestuosa ó. ad esempio, la trama che Io sostiene: il Berneri vi immagina che l'assedio dei Turchi a Vienna del 1683 faccia nascere in Meo il proposito di organizzare una spedizione di « sgherri * romani contro gli infedeli. Quando poi giunge, d'un tratto, la notizia della vittoria cristiana, il programma di Meo viene disinvoltamente adattato alla nuova situazione; Invece della guerra, ci saranno grandi festeggiamenti popolari per la vittoria. Quel che giustifica, tuttavia, la debole fama postuma del Meo di Giuseppe Berneri è la presenza, nel poema, di alcune lìgurette riuscite, foggiate si con lo stampo della commedia dell'arte, eppure abbastanza vive: e sono Meo prepotente e generoso («Si mette potenziato un braccio al fianco — In un sussiego d'homo di valore»), Marco petulante e millantatore, e Nuccia, fiera della sua bellezza e passione (« Volfn.s'i Nuccia allora a Meo Patacca, — Cos'i gli parla: — Embè che nova è questa... »), e Calfurnia, la vecchia strega vituperata. Ancor più degni di interesse sono, poi, certi quadretti d'ambiente e, soprattutto, la capacità del Berneri di abbandonare a tratti, il suo linguaggio manierato o di troppo corrivo effetto comico, per far rivivere, mimeticamente, i gesti e la parlata popolaresca, con esiti dialettali che da lontano (ma lontano) a quelli preludono molto da del Belli. Remo Ceserani GIUSEPPE BERNERI: //Meo Patacca, a cura di Bartolomeo Rossetti. Avanzini e Torraca. « I classici per tutti »; pagina 439. lire 900. // 500 inventore, nel '600, lo mandò a combattere i turchi

Luoghi citati: Roma, Vienna