Genova è il punto debole del «triangolo industriale »

Genova è il punto debole del «triangolo industriale » Un dibattito con il ministro Bo e fon. La Malfa Genova è il punto debole del «triangolo industriale » Milano e Torino hanno adeguato le loro strutture alle nuove esigenze dell'economia; il capoluogo ligure si dibatte fra un porlo insufficiente, difficili comunicazioni, scarse imprese private ■ Bo ha detto: soltanto la programmazione può portare nuove iniziative - La Malfa : il vero problema del Nord è la rinascita di Genova (Nostro servizio particolare) Genova, 23 maggio. Il triangolo industriale del Nord è ridotto a una figura retorica, svuotato dei significati tradizionali? L'espansione della grande industria, la ricerca di un'efficienza indispensabile per reggere la lotta sui mercati internazionali, hanno modificato radicalmente le vecchie direttrici di sviluppo, spostandole verso il Veneto e l'Adriatico a spese di Genova e della Liguria? Torino e Milano stanno diventando le due capitali di un mondo industriale sempre più europeo, che cerca respiro al di là dei limiti tradizionali, mentre Genova segna il passo, oppressa da un porto in crisi e da un tessuto industriale dalla sopravvivenza incerta, o addirittura in via di smobilitazione? Il ministro Bo e l'onorevole La Malfa hanno partecipato questa sera a un convegno genovese che sintetizzava tali domande nel titolo allusivo e inquietante di un volume uscito nei giorni scorsi, «Il triangolo fantasma ». E' la prima volta, ci pare, che Genova si trova seda di un dibattito politico esteso fino a toccare grandi temi nazionali, come la questione dell'equilibrio Nord-Sud,( legata strettamente agli indirizzi da scegliere per lo sviluppo della grande industria che ha il suo cuore nel «triangolo». Il fatto segna un punto a favore di quelle iniziative culturali, spesso isolate e accusate di velleitarismo, che tentano di provocare il confronto pubblico e diretto delle idee; ed è significativo che a un dibattito del genere abbia partecipato, nella città che ha un'ossatura industriale prevalentemente pubblica, o Iri, il ministro delle Partecipazioni Statali. La discussione è stata avviata da un'inchiesta condotta a Genova, Torino, Milano, interrogando imprenditori, grandi capitani d'industria, sindacalisti, uomini di teatro e di lettere, studiosi di rami diversi. L'inchiesta, non avendo una tesi, era limitata a una raccolta di opinioni (la scelta delle opinioni può avere in sé una tesi, tuttavia); Bo e La Malfa le hanno discusse, mostrando che almeno una parte della classe politica è sensibile all'urgenza di problemi che non coinvolgono soltanto le responsabilità delle classi economiche e degli amministratori locali. Il ministro Bo ha riproposto la domanda sui motivi della debolezza di Genova nel «triangolo», mostrandosi però fiducioso nelle possibilità di ripresa e ribadendo l'importanza della programmazione regionale come unico strumento valido per ordinare le iniziative. La Malfa ha definito astratta l'ipotesi di un rafforzamento del Nord industriale tale dà creare una Ruhr padana: le grandi concentrazioni industriali hanno radici storiche che mancano finora in Italia e sono alimentate da economie non paragonabili alle nostre. Lo sviluppo del Mezzogiorno resta dunque condizione fondamentale per garantire la robustezza dell'impianto economico; e a Nord il vero problema secondo La Malfa, è quello di Genova e della sua rinascita Il dibattito ha avuto 1 suoi barlumi drammatici nell'illustrazione dello stato di Genova. Non si potrebbe davvero negare l'urgenza di rimodernare e arricchire le < infrastrutture » e le industrie di una parte del Nord dopo aver pesato queste informazioni: nel decennio 1951-'61 gli addetti all'industria sono aumentati del 12 per cento, contro il 53 per cento a Milano e il 45 per cento a Torino. Poco meno della metà della mano d'opera industriale è assorbita da Industrie di Stato, che hanno però bloccato o ridotto l'occupazione; l'industria privata è magra (pochissimi gli stabilimenti con più di mille addetti) e sta facendo progetti di smobilitazione o di trasferimento. Del porto e delle comunicazioni con l'entroterra si è detto altre volte e si sa quanto pe, sino sull'economia nazionale le loro insufficienze (un'autostrada già intasata, ferrovie buone per il secolo scorso). La disoccupazione aumenta: 16 per cento in più negli ultimi dodici mesi. E nel 1965 più di mille aziende artigiane hanno chiuso 1 battenti. Vittorio Olcese, della famiglia cotoniera lombarda, ha portato nella discussione sul « triangolo fantasma » espliciti giudizi negativi su Genova (il triangolo è svuotato del suoi significati a causa della debolezza di Genova). Dalie pagine dell'inchiesta altri milanesi erano apparsi scettici sul «triangolo», e convinti della piena crisi di Genova. Così Angelo Saraceno, che dirige l'« Interbanca » dopo esperienze all'* Ansaldo ». Eugenio Radice Fossati, presidente della Camera di Commercio di Milano, si è invece det¬ to convinto della vitalità del * triangolo », da ammodernare e potenziare per accrescere le capacità italiane di concorrenza nei Mercato Comune. Fra i torinesi interpellati, è il presidente dell'istituto bancario «San Paolo», Luciano Jona: convìnto delle possibilità di espansione industriale nel « triangolo » e nelle zone finora trascurate, ritiene che le scelte dei tempi saranno determinate principalmente dalle leggi economiche, arrivando per gradì al decentramento dell'industria. Il dirigente dell'ufficio studi della Fiat, Gian Mario Rossignolo, ha espresso agli autori dell'inchiesta opinioni così riassumibili: c'è nel «triangolo» un tessuto industriale omogeneo; tende però a spostarsi verso altre aree dell'Italia nordorientale, cioè verso.il Veneto, avendo la sua forza motrice nei punti tradizionali. I genovesi, ovviamente, lottano per la rivalutazione del « triangolo ». Ispirata a una precisa scelta politica l'opinione del presidente dell'* Eridania », Domenico Borasio: «H Jtfercafo Comune ha spostato i termini del discorso Nord-Sud. Un rallentamento dello sviluppo industriale del Nord comprometterebbe l'intera fsituazione economica italiana ». Di rilievo l'intervento del presidente della « Esso », che sta abbandonando Genova; Vincenzo Cazzaniga ritiene che fra i punti neri del « triangolo » sia quello del porti, con accessi all'entroterra insufficienti: «Ed è proprio per questa ragione che Genova, legata al suo porto, è il punto più. debole nell'economia del "triangolo"». Di rimando il presidente della « Shell », Diego Guicciardi accentua gli inviti ai genovesi: «La modernizzazione del porto è di importanza vitale. Diversamente sarà difficile arrestare le forze centrifughe ». Ci siamo limitati a sintetizzare la rassegna di opinioni offerta dall'inchiesta sul «triangolo fantasma» (a cura della rivista Itinerari). Ne vengono due idee ricorrenti: quella di una nuova tendenza a rafforzare l'ossatura industriale del Nord spingendo verso 11 Mezzogiorno iniziative private nuove o diverse; quella di un perentorio invito a Genova, per un suo immediato rinnovamento, non limitato al porto, ma esteso agli uomini e alle idee. Mario Fazio