Solo armi e denaro americani tengono in piedi il Sud-Vietnam

Solo armi e denaro americani tengono in piedi il Sud-Vietnam L'INDIPENDENZA E' UNA FINZIONE POLITICA Solo armi e denaro americani tengono in piedi il Sud-Vietnam Gli aiuti Usa (400 miliardi di lire all'anno) coprono per l'80 per cento il bilancio dello Staio; i tre quarti dell'esercito possono operare solo con assistenza straniera; lutti i lavori pubblici sono in mani americane - Washington cerca in ogni modo di salvare l'autorità del governo di Saigon - Ma se vuole evitare che i rifornimenti finiscano al mercato nero e l'esercito si sgretoli, deve intervenire direttamente (Nostro servizio particolare) Saigon, 23 maggio, A Cantho, capitale del delta cocincinese tutto circondato dai vietcong, dei civili americani dell'Ù. S. Aid (gli aiuti per la pace) mi spiegavano il lavoro coraggioso che essi svolgono malgrado il pericolo. E mi dicevano : « La nostra legge è questa: aliente amministrazione diretta. Non vogliamo che i sudvietnamiti dicano: sono gli americani che ci hanno portato questa scuola o quell'ospedale. Bisogna che essi possano dire: è il governo di Saigon che li ha costruiti. Il Sud Vietnam è indipendente. Noi non siamo che dei consiglieri ». L'indipendenza del Sud Vietnam: non c'è affermazione che gli americani ripetano più spesso. Ma una delle tragedie di questa guerra è proprio l'abisso che separa le buone intenzioni dalla realtà. Ho chiesto ad un funzionario dell'I/. S. Aid: « Che cosa rappresenta, nel bilancio di Saigon, l'aiuto degli Stati Uniti?» Mi ha risposto: « L'SO per cento ». Ecco la realtà. Questo paese spossato e in rovina esiste soltanto per l'assistenza americana. La difesa della sua indipendenza l'ha reso più dipendente che mai. E' ridivenuto una colonia, un protettorato. Le sovvenzioni americane sono in costante aumento: 300 milioni di dollari nel '65, 600 milioni nel '66. Privato di questa linfa, il paese precipiterebbe nel caos e nella fame. Gli aiuti consistono innanzi tutto in merci. Il loro acquisto è finanziato quest'anno dagli Stati Uniti per 300 milioni di dollari. Le merci arrivano su navi americane: è in pratica un monopolio per gli armatori, che con la guerra ammassano vere fortune. Poi c'è la vendita dei surplus agricoli, tra cui il cotone (60 milioni di dollari); l'assistenza ai molteplici « progetti » vietnamiti, come dicono gli americani, cioè ospedali, fabbriche, scuole, strade, trattori (un calcolo in danaro è difficile) ; e infine gli uomini, esperti in ogni campo, dall'industria alle telecomunicazioni, dall'agricoltura alla finanza. Per rispettare la finzione dell'indipendenza, si applicano due regole: tutti i civili americani che si trovane nel Sud Vietnam, anche nelle più remote province, non hanno all'inizio che il ruolo di consiglieri, mai di direttori; e tutte le merci spedite dagli Stati Uniti appartengono al governo di Saigon dal momento in cui le navi attraccano ai porti. Sta ai suoi uomini scaricarle, trasportarle, distribuirle, senza intervento americano. Questo sistema si è dimostrato nella pratica estremamente dannoso. Ha lasciato campo libero alla corruzione. Buona parte delle forniture non arrivano mai alla popolazione cui sono destinate: merci o danaro finiscono tra le mani di funzionari ed ufficiali sud-vietnamiti. Tra i tanti esempi, si cita il caso dei medicinali inviati al campo di Pleimè (dove si era svolta una sanguinósa battaglia) e ritrovati al mercato nero di Pleiku, capoluogo della provincia. H nuovo direttore dell'U. S. Aid, nominato dopo la successiva destituzione di due funzionari rivelatisi inetti, tenta ora di riportare un po' d'ordine imponendo un controllo americano. Ma dovrà raddoppiare l'organico degli impiegati, esigere una « firma » americana accanto a quella vietnamita, mettere un proprio uomo a sovrintendere alla distribuzione. L'inefficienza o la disonestà dei vietnamiti porta dun que gli americani a fare dell'amministrazione direi ta, ad assumere il control lo della vita economica in zone sempre più estese Per mantenere la finzione dell'indipendenza dell'e sercito vietnamita, il CO' mando americano è costretto a prendere grandi pre cauzioni. Gli è proibito, ad esempio, di imporre un co mando unico; non può ordinare operazioni militari senza l'assenso e la partecipazione delle forze sudvietnamite. E tuttavia è evidente che l'esercito di Saigon è un'armata mercenaria: dipende quasi esclusivamente dagli americani per armi, munizioni, combustibili, paghe. In battaglia non può fare a meno della loro protezione aerea. Un generale sud-vietnamita non può prendere alcuna iniziativa se gli è negato l'appoggio americano. In tre corpi d'armata su quattro, il peso delle truppe americane è tale, e le loro basi sono così enormi, che la guerra è quasi esclusivamente « americana », malgrado la presenza di importanti forze sud-vietnamite. E' il caso di tutto il Vietnam centrale. La strategia, basata sull'impiego massiccio del fuoco aereo e degli elicotteri, è dettata dagli americani; l'iniziativa delle operazioni appartiene a loro. Soltanto nel Delta del Mekong essi si accontentano della parte di « consiglieri ». Ma vorrebbero cambiare la situazione ed avere truppe ai loro ordini diretti anche nel Delta. La costruzione di giganteschi impianti americani fa dell'indipendenza sud-vietnamita una parola priva di senso. Poco conosciuto all'estero è un aspetto importantissimo di questa impresa: il posto preminente che stanno assumendo nel Sud Vietnam gli americani, i quali hanno ottenuto il monopolio dei lavori pubblici nel paese. Le quattro maggiori società edilizie degli Stati Uniti si sono alleate per costituire la compagnia Vietnam Builders: un'autentica potenza, i cui programmi superano per imponenza il famoso Manhattan Project che creò la bomba atomica. Cento cantieri in più di trenta distretti trasformeranno profondamente il volto del Sud Vietnam. Impiegano già 25 mila vietnamiti, 1700 stranieri, 1800 americani, che diventeranno rispettivamente 50 mila, 8 mila e 5500. Sono in bilancio nel '66 lavori per 240 milioni di dollari, di cui 97 per i porti, 72 per gli aerodromi, il resto per le basi. Già l'arrivo delle forze americane aveva avuto come conseguenza di attirare al loro servizio un gran numero di vietnamiti; i piani colossali della Vietnam Builders aggraveranno il rivolgimento economico e sociale. Vi sarà innanzi tutto una rivoluzione nei salari, che accelererà l'inflazione. L'operaio vietnamita, massime se è specializzato, può aspirare ad un salario 5-10 volte superiore alla sua paga abituale. L'ultimo dei manovali bianchi è sicuro di guadagnare 500 dollari al mese sorvegliando le banchine del porto. Filippini e coreani stanno arrivando per partecipare alla cuccagna. Quanto agli americani, il salario più basso si aggira sui mille dollari. Questi impieghi favolosi provocheranno un'emorragia nel sistema economico del paese. Se 50 mila operai in più vanno a lavorare per gli americani, non resterà quasi nessuno a servizio del Sud Vietnam. E' un drenaggio disastroso; ed è già in atto. Le piantagioni, duramente colpite dalla guerra, perdono in gran parte i loro braccianti. Impiegati e funzionari disertano fabbriche e ministeri. Un ministro recentemente non sapeva più che fare: non gli erano rimasti che quattro uscieri. Si dirà che la dipendenza del Vietnam è un fenomeno passeggero, destinato a sparire con la fine della guerra e la ricostruzione del paese, com'è accaduto in Giappone ed in Corea. Ma i vietnamiti sono scettici. Molti di essi disperano dell'avvenire. I vietcong, dicono, non rinunceranno mai. Il Sud Vietnam si sente condannato ad una sorta di occupazione permanente. Le opinioni espresse pubblicamente dagli americani non sono tali da dissipare i timori. « Se sarà necessario, resteremo qui vent'anni, come da vent'anni siamo a Berlino» mi ha detto l'ambasciatore Porter. Dieci, 15, 20 anni, mi hanno ripetuto americani d'ogni condizione. L'imponenza delle loro basi militari sembra confermare quanto essi affermano. Una voce insistente a Saigon assicura che il governo del gen. Ky ha ceduto agli Stati Uniti la base di Camranh per 99 anni. I giganteschi lavori in corso a Camranh, che diventerebbe una delle maggiori basi navali del mondo, sembrano dare verosimiglianza all'indiscrezione. Robert Guillain Copyright di a Lo Mondo» e per l'Italia de «La Stampa»

Persone citate: Manhattan Project, Robert Guillain