Nelle aspre montagne della Sardegna anche i banditi seguono leggi antiche

Nelle aspre montagne della Sardegna anche i banditi seguono leggi antiche CHE COSA INSEGNA IL RAPIMENTO DELL'ING. PALAZZIN1 Nelle aspre montagne della Sardegna anche i banditi seguono leggi antiche I sequestri di uomini non sono diversi dai furti di bestiame: nascono dalla stessa, arcaica civiltà pastorale - Nell'uri caso come nell'altro, è vano e pericoloso ricorrere alla legge dello Stato ■ Il sindaco di Monti, che ha salvato il Palazzini e guarito dalla miseria il suo paese, ha successo perché ha riportato l'ordine senza infrangere le tradizioni • Occorre un'opera ben diversa per superare strutture millenarie (Dal nostro inviato speciale) Nuoro, maggio. Lasciamo la Gallura, immaginosa terra di cavalieri e di belle donne, fitta di sughereti rossi interrotti dal verde degli stazzi, per la. remota Barbagia, arcaica e ribelle, partendo da Monti. E' questo un paese agreste di passaggio tra le foreste tranquille e l'aspro altopiano granitico. E' un paese ricco, una eccezione in Sardegna, con un reddito medio prò capite di quattroccntomila lire l'anno, dove non vi sono disoccupati e funzionano tre cooperative: altro fatto eccezionale poiché i sardi, in genere, hanno scarso spirito associativo. Questa di Monti è gente aperta e pragmatica, dalla volontà di ferro come dimostra la scheda personale del sindaco Giovan Battista Isoni, l'uomo al quale l'ingegner Palazzini, rapito tre setti- mano fa. da banditi mascherati, deve la vita. Isoni ha lavorato diciatto anni, prima pastore, pai bracciante, risparmiando sulla paga per potere studiare; ventiseienne, raccolte seicentomila lire, parte per Roma deciso a diventare maestro. Aveva calcolato che uno studente di scuola pubblica per conseguire il diploma magistrale ha bisogno di tremila ore di studio e le suddivide nell'arco di quindici mesi, allo scadere dei quali t maestro elementare. Rinunciando alla laurea torna al suo paese povero, deciso a riscattarlo dalla disperazione. La rottura di Monti con la miseria comincia nel 1958, quando lo eleggono sindaco. Isoni è un ex pastore, sicché una delle sue prime preoccupazioni è stata quella di proteggere i suoi amministrati dal furto di bestiame: a Monti funziona egregiamente una € squadra re- oupero » che, ogni qualvolta spariscono delle pecore, parte, armata di schioppo, a recuperarle. Non sempre, tuttavia, Isoni e i suoi uomini riescono ad agga/nciare i ladri sulla montagna; allora dal recupero « diretto » occorre ripiegare su quello « indiretto ». Il sindaco e i suoi amici cominciano a tessere la zona dove gravitano coloro che si presume abbiano commesso il furto, « passando la voce » fino ad arrivare all'esecutore materiale dell'abigeato, ovvero a suoi emissari. Con questi i derubati tratteranno il riscatto delle bestie: quando la. somma pattuita sarà stata versata, le pecore torneranno al legittimo proprietario. Isoni e i suoi amministrati fan parte di un consorzio civile, in un paese evoluto, eppure non si sognano di denunciare il furto delle pecore, preferendo sbrigarsela da soli. Perché? Certo, sarebbe più comodo affidarsi ai carabinieri; ma, anche se non lo dicono chiaro pel rispetto che portano all'Arma, li sanno nell'impossibilità di seguire determinate piste e non ignorano che, due ore dopo la denuncia del furto, le loro bestie verrebbero sgozzate. Insomma: per riavere indietro il bene tolto, meglio tacere e pagare. Se invece di pecore scompaiono uomini, la tecnica per farli tornare sani e salvi è la stessa: con più precauzioni. Sequestri di persona in Sardegna ne avvengono a decine, ogni anno; negli ultimi quattro mesi sono stati rapiti quattro piccoli pos.sidenti: la polizia lo ha saputo pressoché a cose fatte, quando cioè era già stato pagato il riscatto; e se lo ' avesse appreso prima, si sarebbe guardata bene dal muoversi per non mettere in pericolo la vita dei sequestrati. In questi anni le forze dell'ordine lianno provocato senza volerlo la morte di due rapiti, gli è bastato: «La vita umana non ha prezzo », dice il maggiore dei carabinieri, Garofalo, in servizio nell'isola da diciotto anni. A Pietrino Crosta, commerciante di Berchidda, schiacciarono la testa fra due massi di granito: proprio mentre i suoi rapitori stavano per liberarlo, sopraggiunse una pattuglia di carabinieri; i banditi non potevano portarselo dietro fuggendo, cosi l'uccisero. Davide Capra, ingegnere di Cagliari, padre di sei figli, venne rapito a Dorgali e tenuto in ostaggio venti giorni, il ventunesimo i carabinieri scoprirono il nascondiglio dei banditi, aprirono il fuoco e i banditi, prima di scomparire nella boscaglia di Orgosolo, lo lasciarono morto, in una fratta. Se prima i sardi tacevano, dopo questi fatti si sono cuciti la bocca col fll di ferro: «Nuddu appu idu e nudda appi, intendidu ». Non « hanno visto e sentito nulla » neppure le vittime del sequestro; tornate in libertà continuano a vivere come se nulla fosse accaduto, se i carabinieri, la polizia, venuti a conoscenza del fatto, chiederanno elementi per idenf-ificare i rapitori, le risposte saranno vaghe e accuratamente imprecise, il pagamento del riscatto verrà sempre negato. Lo stesso ingegnere Palazzini, del resto, un manager del Nord, diplomato a Friburgo, è stato « più sardo dei sardi », come ha scritto la Nuova Sardegna, al punto di smentire il pagamento della taglia di venticinque milioni e facendo un quadro idilliaco e patetico dei suoi rapitori. Palazzini ha detto molte cose assurde, ma anche qualche verità; a un certo momento deve aver intuito di essersi trovato in mano a gente che ha dell'esistenza, della proprietà, della vita umana un concetto affatto soggettivo, arcaico e perciò diametralmente opposto al nostro; in mezzo a uomini die non appartengono per costume e cultura alla nostra società, ma ad una < società chiusa» che guarda allo Stato di diritto con diffidenza e. timore. Palazzini ha detto dei suoi rapitori che son brava gente, che bisogna aiutarli perché non sanno quel che si fanno. In realtà lo sanno benissimo, solo che la legge « degli altri », la legge italiana, non li riguarda avendone essi un'altra, antica, la sola alla quale si sentono chiamati a rispondere: di fronte a se stessi, di fronte alla propria comunità. E' la legge non scritta ma codificata della Barbagia, la legge di « noi pastori ». E ciò è possibile in piena èra spaziale perché la civiltà moderna, espressa in tante opere pubbliche, non è riuscita a penetrare nel chiuso della società barbaricina, perché in questa remota regione della Sardegna le strade e le scuole (poche, peraltro, e inadeguate), le forze dell'ordine, le forme attuali di penetrazione del progresso si sono rivelate incapaci di rompere il blocco storico originario della Barbagia. Così come i cartaginesi, t romani, i greci, i mori, gli spagnoli, i piemontesi non riuscirono a soggiogare le più antiche tribù dell'isola rifugiatesi sulle montagne, lo Stato democratico non ha saputo far breccia nel cuore e nella mente dei barbaricini, né riparare ai gravi guasti provocati dalla cieca politica di repressione del fascismo. Il banditismo barbaricino è « una fauna anacronistica, sopravvissuta alla preistoria dell'isola ». come tale < non inficia l'onorabilità » della civilissima Sardegna, alla stessa stregua che le rapine di Milano, i delitti di Londra non coinvolgono le due cittàMa mentre la rapina di via Montenapoleone o l'omicidio di Soho sono in definitiva altrettante manifestazioni della società dei consumi, conseguenze (negative) del progresso, l'abigeato, i sequestri di persona, l'uccisione per vendetta, il silenzio delle vittime, la complicità che circonda i delinquenti sono espressione di arretratezza, un fenomeno archeologico il quale sopravvive in Sardegna, appunto per l'incapaci¬ tà nostra ad affrontarlo razionalmente. Il professor Antonio Pigliaru, l'illustre giurista e sociologo sardo che ha studiato la vendetta barbaricina come ordinamento giuridico, afferma che è utopico pensar di risolvere soggettivamente (come finora s'è fatto) un problema quale il banditismo barbaricino: in tutti questi anni «le strutture che l'hanno espresso sono rimaste intatte, non modificate». Non si può sperare in nessun processo di affrancamento sociale in Barbagia, se non si rompe la condizione oggettiva di alienazione < dall'interno ». E' per cercare di conoscere « dall'interno » i pastori di Orune, di Orgosolo, per capire se è vero ch'essi, come si vorrebbe da alcuni, sono felici di vivere fuori del mondo, ovvero, come altri sostiene, soffrano della propria condizione umana pur accettandola fatalisticamente, che siamo venuti su queste aspre montagne flagellate dal vento, lasciandoci alle spalle la dolce Gallura. Igor Man La Sardegna è estesa 24 mila kmq, un po' meno del Piemonte senza la Valle d'Aosta, e conta un milione e mezzo di abitanti (il Piemonte, quattro milioni). La zona più povera, e dove è più accentuato il fenomeno del banditismo, è quella al centro dell'isola, dalla Barbagia agli aridi monti del Gennargentu. Vaste regioni costiere, un tempo infestate dalla malaria, stanno ora rinascendo, lentamente, a nuova vita