Presto (forse) tutto l'Occidente europeo costituirà un unico, potente mercuto di Vittorio Gorresio

Presto (forse) tutto l'Occidente europeo costituirà un unico, potente mercuto L'INGHILTERRA CON DURRA' NEL MEC I PAESI DELL'AFTA? Presto (forse) tutto l'Occidente europeo costituirà un unico, potente mercuto Tra inglesi e Mec sono in corso sondaggi promettenti; il veto francese sembra caduto - De Gaulle si farebbe pagare il consenso con un appoggio al suo ambizioso programma aereo - Austria e Norvegia, Danimarca e Irlanda, la stessa Svezia desiderano la fusione - Può così nascere un grande «spazio economico», di alto livello produttivo e tecnico, forte di 300 milioni di consumatori (Dal nostro inviato specialeI Bruxelles, 19 maggio. La « Piccola Europa » si irrobustisce. Raggiunto l'accordo per il finanziamento della politica agraria, get- icdAr(Wtale le basi per una comu-|rne programmazione econo-1 Gmica a medio termine, i sei paesi fra due anni lasceranno circolare liberamente prodotti agricoli e industriali nell'ambito dei rispettivi territori. Fra due anni, a partire dal 1° luglio 1968, nessun diritto doganale sarà più percepito sui prodotti attraversanti le frontiere interne della Comunità, e una tariffa unica sarà in vigore nei confronti dei terzi. Produttori e industriali dei nostri sei paesi lavoreranno così per un mercato di 180 milioni di consumatori, una dimensione che non è molto inferiore a quella del mercato americano, e che anzi è più qualificata per taluni aspetti. Irrobustita, questa piccola Europa dei Sei tende naturalmente anche ad espandersi, crescere. Mai come ora le prospettive di un'in tesa fra l'Europa del Mec e l'Europa dell'Efta (costituita dai sette paesi aderenti alla cosiddetta Zona di libero scambio) sembrano infatti favorevoli. Ne ha parlato anche il re Federico di Danimarca nel suo brindisi in onore di Saragat, l'altro giorno a Copenaghen, accennando alla possibilità di «raggiungere una vasta soluzione europea»; e gli ha risposto Saragat consentendo nella persuasione che la più larga unità dell'Europa è nello stesso tempo condizione e strumento del progresso del nostro intero continente. Una Commissione ministeriale danese, recentemente insediata dal ministro degli Esteri Haekkerurj^ ha intrapreso a studiare le possibilità di adesione alla'Cèe. Recatosi a Parigi il mese scorso, il 19 aprile, il primo ministro Krag aveva dichiarato che il maggiore problema economico per la Danimarca è il regolamento dei suoi commerci con il Mec. Poco tempo prima, a Strasburgo, il primo ministro irlandese, Lemass, aveva informato che il governo cselarftmglafslapGdspaaispegpicqGabrrIcntscFpgej ccgmcrsltlsmqtacdcdi Dublino ha quasi ultima to i lavori preparatori in j rvista di un ingresso nella Cee. In Norvegia, in aprile, si è tenuta una conferenza degli ambasciatori accreditati presso i governi dei paesi del Mec e di quelli dell'Efta, in funzione dell'ingresso, o almeno dell'a¬ desione, di Oslo al Mercato comune : « Ciò potrebbe accadere più presto di quanto non si pensi», dichiarò allora il ministro degli Esteri in Parlamento. A Vienna, il Cancelliere! austriaco, Klau3, ha detto il 21 aprile alla Camera che| il più importante problema i di politica estera pe. l'Au-j stria è il regolamento dei rapporti economici con il Mercato comune : « Negoziati sono in corso con la Commissione della Cee, e sembra possibile un accordo speciale che tenga conto della neutralità austriaca; Pntdsmm«zquesto governo spera di con-, seluderlo al pili presto». ln\mmarzo, una conferenza degli ! èambasciatori svedesi nei|spaesi del Mec e dell'Efta si cè tenuta a Stoccolma, arri-!4vando alla conclusione che!fè desiderabile un mercato|s■ i •» i »europeo unico, il più, pres o Lpossibile: «Se ti Mec apre-uole porte alla Gran Bretagna,\manche la Svezia e gli altrx\dfimpcdpfpaesi dell'Efta si aspetta no di concludere per loro conto un accordo con i Sei di Bruxelles », ha dichiarato il 23 marzo il ministro svedese del commercio, Gunnar Lange. Ovviamente, difatti, la posizione dell'Inghilterra è determinante. Il 23 febbraio il ministro degli Esteri, Stewart, diede una prima impostazione, molto misurata, del problema dell'adesione alla Cee : « E' una questione che il governo si prospetta con realismo e serietà, di concerto con i suoi partners dell'Efta, senza affrettarsi per motivi passionali, ma senza farsi ritardare da considerazioni legalistiche». Il 18 marzo, in piena campagna elettorale, ^ìtprimo ministro Wilson an- /nunciò: « Se la prospettiva^ cè favorevole, negozieremo'otr«1evgqrpeanoncpp il nostro ingresso nel Mercato comune, purché le condizioni siano accettabili ». A elezioni avvenute, vittoria conquistata, il 7 aprile (Wilson tornava a dichiara¬ |re in un'intervist; che la 1 Gran Bretagna è pronta a à a a a a a . e e a o l a o cogliere ogni propizia occasione per entrare nel Mec, e la stessa regina ne ha parlato nel discorso della Corona : « Sempre che sian fatti salvi gli interessi britannici e quelli del Commonwealth ». Già nel gennaio 1963 l'Inghilterra aveva presentato la propria candidatura a far parte del Mec; ma bastò una sola palla nera ( della Francia, ovviamente ) perché fosse bocciata. De Gaulle negò di essere mosso da ragioni politiche. Nella semestrale conferenza-stampa, il 14 gennaio, davanti a mille giornalisti radunati all'Eliseo, disse che è tutto il sistema economico inglese che è in contrasto coi principi del Mec : « / modi e i mezzi con i quali l'Inghilterra si nutre, vive, produce e commercia sono incompatibili con il sistema che i Sei Si sono dato. La questione è di sapere se la Gran Bretagna sia disposta ad abolire i privilegi che beneficane la sua agricoltura, rinunciando alte preferenze per il Commonwealth. In questo domanda è racchiuso tutto il problema, e non si può dire che esso attualmente sia- risolto. Lo sarà un giorno?». Ora sembra che in qualche modo la posizione della Francia sia cambiata, e la pregiudiziale politica antinglese caduta, se è permesso e corretto interpretare sej condo logica le ultime dichiarazioni francesi sull'argomento. A metà marzo il ministro degli Esteri francese disse che «nulla varrebbe a meglio consacrare il successo della Comunità che l'adesione della Gran Bretagna »; e lo stesso De Gaulle, a quanto appare, in questi ultimi tempi è diventato molto meno intrattabile per quello che riguarda l'Inghilterra. Tra i due paesi si è allargata e approfondita la collaborazione tecnica e industriale, soprattutto nel campo delle costruzioni ae n j ronautiche. A Bruxelles e a a , a i i ¬ o Parigi non è un mistero pernessuno che gli inglesi potrebbero pagarsi il biglietto di ingresso nel Mec solo che si associassero al programma aeronautico — civile e militare — della Francia: « Sarà dalla porta dell'aviazione che la Gran Bretagna entrerà in Europa? » si domandava l'altro giorno Le Monde. Le cose, per disgrazia, non sono mai così semplici, elementari e lineari, nella politica internazionale; ma ciò non toglie che le prospettive siano in questo momento più che mai favorevoli. L'adesione o l'associazione della Gran Bretagna e dei paesi dell'Efta al Mercato comune viene a Bruxelles considerata ragionevolmente possibile nel giro di poco meno di un anno. I 180 milioni di consumatori del Mec salirebbero in un futuro relativamente prossimo a 300, all'incirca, e lo spazio economico europeo acquisterebbe uno dei primissimi posti nella graduatoria delle supergrandezze mondiali. Sempre tenendosi al ragionevole, dovrebbe sembrare perfino impossibile che da chiunque in Europa si cerchi di ostacolare una così promettente evoluzione. Vittorio Gorresio

Persone citate: De Gaulle, Gunnar Lange, Saragat