Vasta epurazione a Pechino scoperto un gruppo unti-partito

Vasta epurazione a Pechino scoperto un gruppo unti-partito L'Esercito denuncia un "complotto,, contro Mao Vasta epurazione a Pechino scoperto un gruppo unti-partito Il giornale*delle Forze armate scrive: «Un pugno di anti-partito ha sferrato un'offensiva contro il regime. Le loro attività non sono isolate. Essi agiscono d'intesa con gli imperialisti, con i revisionisti di tutto il mondo e con le classi reazionarie sconfitte nel nostro paese» - L'epurazione ha colpito intellettuali, uomini politici, militari; 160 mila «lavoratori delle lettere e delle arti» inviati in fabbrica e nelle « comuni popolari » a riformare la loro ideologia - Forse destituito il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Nel 1963, quando la crisi nei rapporti cino-sovietici divenne acuta, cominciò in Cina una « campagna di riforma ideologica » che colpì specialmente gli intellettuali. Nel '64 e nel '65 la campagna assunse proporzioni più vaste, e ne fecero le spese scrittori e docenti di una certa fama. Dalla primavera del '66, e soprattutto dai primi di maggio, il regime ha stretto ancor più i freni, colpendo in seno allo stesso partito. Compare un fenomeno nuovo. All'opposizione persistente di un nonconformismo degli ambienti culturali si sarebbe aggiunta l'azione organizzata di un vero «gruppo anti-partito » particolarmente attivo a Pechino. L'allarme tra gli specialisti fu gettato agli inizi di maggio dall'« affare » Kuo Mo-jo, primo di una serie. Che Kuo Mo-jo — da anni portabandiera e pontefice massimo delle lettere e delle arti ; il « Victor Hugo cinese », lo definì in altri tempi VHumanité — sia stato costretto a fare l'autocritica, è un avvenimento che ha dovuto certo suscitare sensazione nella Cina intera. Se questo vecchio letterato, carico di titoli e di onori, presidente dell'Accademia delle Scienze, vicepresidente della Assemblea nazionale, annuncia all'improvviso che le sue opere sono da gettare in blocco al rogo, è chiaro che han da tremare tutti gli scrittori « recuperati » dal nuovo regime. L'ampiezza dell'epurazione è denunciata dall'importanza del personaggio, e la stampa ufficiale non manca di sottolinearlo. « Un grande dibattito sì sta svolgendo nel paese sul fronte culturale » scrive il Quotidiano del Popolo di Pechino. Si tratta di « una lotta di classe estremamente acuta», di una lotta « per la difesa del pensiero di Mao Tse-tung ». Per la prima volta, si dichiara apertamente che questo pensiero ha bisogno di essere difeso. E l'azione difensiva colpisce per la prima volta ad un livello altissimo. I fulmini della «direzione ideologica » sono caduti tra il '63 ed il '66 su parecchie personalità sconosciute all'estero, ma notissime in Cina. Ecco alcuni nomi: — Il prof. Fung Yu-lan, storico di grande fama, epurato per i suoi « giudizi errati », e soprattutto per avere sostenuto che la storia trascende talvolta la nozione di classe; — Il prof. Liu Cheh, storico di eguale valore, attaccato come difensore del confucianesimo e del pensiero borghese; — Il vecchio filosofo Yang Sien-chen, contro il quale tutti i giornali cinesi sparano a zero dall'inizio di maggio. E' colpevole di avere sostenuto le tesi eretiche del compromesso e della coesistenza con il nemico. Yang è un pezzo grosso: 67 anni, comunista, membro del Comitato centrale, ex presidente della Scuola superiore di partito, dunque uno dei dirigenti intellettuali del regime ; — Lo storico e saggista Ciu Ku-cheng, ancor più noto al grande pubblico cinese. Il suo « crimine » più grave è l'aver sostenuto che l'arte deve rappresentare l'insieme della società, e non essere al servizio della lotta di classe; — Il filosofo Peng Ting, 60 anni, uno dei maestri del pensiero marxista (le sue opere sono stampate a milioni di copie), membro del partito dal 1926, combattente con Mao. Forse è sospetto di « tendenze filorusse » : si è laureato anche a Mosca. Lunga e violenta, la campagna contro le sue idee '■ revisioniste », che tendono a negare la lotta di classe ed a promuovere l'individualismo, comincia nel marzo '64. I suoi libri sono condannati e messi all'indice. Uno di essi — Come il comunismo vede la vita — i"eva raggiunto la tiratura di 900 mila copie; — Il ' critico letterario Shao Chuan-lin: è un comunista, considerata a lungo un campione dell'ortodossia, deputato al Parlamento, vice-presidente del sindacato scrittori. Il suo errore più grave: aver chiesto agli scrittori ed agli artisti di non fare dei loro personaggi degli eroi sublimi del socialismo, ma di attingere agli uomini della strada. A questa lista bisogna senza dubbio aggiungere il nome del grande critico e romanziere Mao Tun, scrittore di fama internazionale, alcune opere del quale sono note in Europa per essere state tradotte in francese. Le accuse gli sono state mosse con discrezione, probabilmente per evitare uno scandalo troppo grave: Mao Tun era anche ministro della Cultura. Privato della carica a causa delle sue tendenze non sufficientemente ortodosse, egli è stato sostituito come ministro da Lu Ting-yi, uno dei capi della propaganda del parti¬ to. Lu sembra il principale animatore dell'epurazione culturale. Secondo i giornali, più di 160 mila « lavoratori delle lettere e delle arti » sono già stati mandati in fabbrica o nelle « comuni popolari » per riformare la loro ideologia attraverso il lavoro manuale ed il contatto con il popolo. All'indomani dell'autocritica di Kuo Mo-jo, il « grande dibattito culturale » ha subito una svolta sensazionale. L'allarme è venuto dalle forze armate attraverso il loro quotidiano, il Giornale dell'Esercito di liberazione, che il 4 maggio rivelava l'esistenza di una « situazione nuova », creata dall'« offensiva contro di noi di un pugno di eleménti anti-partito e anti-socialisti ». E aggiungeva: « Costoro sventolano la ba7idiera rossa per opporsi alla bandiera rossa, e si celano dietro il marxismo-leninismo ed il pensiero di Mao Tse-tung. In genere sono delle autorità o uomini di grande reputazione ». « Le loro attività antipartito e anti-socialiste — affermava più avanti il giornale — non sono fenomeni isolati o accidentali. Essi agiscono di concerto con il coro internazionale anti-cinese intonato dagli imperialisti, dai revisionisti moderni e dai reazionari di tutti i paesi, d'accordo con le classi reazionarie sconfitte all'interno del paese, al fine di tentare una restaurazione nel partito... Essi si sono serviti del potere ottenuto dal partito per controllare un certo numero di dipartimenti ani-ministrativi e di organizzazioni... ». Chi sono gli « anti-partito » ? Il mistero è fitto, ma il Giornale dell'esercito, il Quotidiano del Popolo ed un terzo giornale, Chiarezza, ci danno qualche lume. Fatto senza precedenti, essi hanno denunciato un gruppo di tre giornali di Pechino troppo legati, pare, all'amministrazione della capitale (il vicesindaco Wu Han figura tra gli epurati). Infine appare tra i colpiti un nome nuovo, Teng To, che fu redattore capo del Quotidiano del Popolo e personaggio assai in vista del regime. Segretario del pc di Pechino, egli è accusato di essere il capo degli elementi anti-partito che hanno fatto dei tre giornali incriminati la loro tribuna per manovre politiche e propagandistiche contro il regime. Di più, Teng avrebbe attaccato senza nominarlo lo stesso Mao Tse-tung. C'è stato dunque qualcosa di simile ad un complotto nel cuore della capitale cinese. Fin dove la congiura si è spinta? Ha compromesiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiniiiiiiii mimiiii so personaggi più in alto? Gli specialisti di Hong Kong avanzano l'ipotesi che lo stesso sindaco di Pechino, Peng Chen, possa essere coinvolto nell'« affare ». Non lo si è più visto in pubblico, sembra, da parecchi mesi. Finora era considerato uno degli eredi possibili di Mao. Insieme a Peng è da tempo assente alle manifestazioni ufficiali il gen. Lo Jui-ching, capo dello Stato Maggiore generale e secondo, per importanza, tra i comandanti militari cinesi. Robert Guillain Copyright di «Le Monde» • per l'Italia de «La Stampa»