Simboli algebrici anche in filosolia?

Simboli algebrici anche in filosolia? Simboli algebrici anche in filosolia? Problemi numerici, che sembrano astrusi rompicapi, sono risolti facilmente con l'aiuto degli «algoritmi matematici», lettere, formule, segni operativi ecc. - Qualcosa di simile sembra ora possibile anche nella logica pura L'opera del nostro Peano e le intuizioni di Frege, un pedante geniale E' ben noto ohe molti problemi numerici, i quali si presentano come dei rompicapi, anche i ragazzi li risolvono facilmente con l'uso dei simboli algebrici: è questa una delle sorprese piacevoli che riserba il primo apprendimento dell'algebra. Oggi ci sono studiosi che usano dei simboli speciali anche per la logica. Il parlar comune — essi fanno osservare — è spesso impreciso. Se dico «ini o lei verrà», non è chiaro se verrà uno solo dei due o se potrebbero anche venire tutti e due. Si suggerisce di usare il verbo al singolare nel primo caso e al plurale nel secondo: ma anche questo espediente a volte non basta ancora Si scriva invece, rispettivamente, lui/lei, lui V lei, e ogni ombra di equivoco scomparirà. Così il parlare comune spesso è incompleto. Si abbiano le due frasi: gli uomini sono animali a sangue caldo, gli uomini sono animali razionali. Ebbene gli uomini sono alcuni degli animali a sangue caldo, mentre sono tutti gli animuli razionali che si conoscano. Un bel simbolo per * alcuni degli», un altro per « tutti gli» (i logici d'oggi dicono « ad ogni predicato il suo quantore »J e la faccenda diventa chiara anche graficamente. Chi ebbe l'idea dei simboli speciali in logica fu il tedesco Gottlob Frege (18!,S1925). Solo che i simboli da lui proposti nel volume Begriffsschrlft («.Scrittura per concetti», «Ideografia») del 1879 erano quanto mai infelici: troppo geometrici, troppo intricati. Una decina di anni più tardi Giuseppe Peano, di Cuneo, dal 1890 professore all'Università di Torino, ne propose indipendentemente altri che, anziché i concetti, si limitavano a esprimere iiiù modestamente i significati specifici di certi termini logici: e sono i simboli die, con qualche modifica e qualche aggiunta, vengono usati oggi dalla maggioranza dei suddetti studiosi. Un altro torto di Frege fu di voler usare simboli artificiali anche dove non ce n'era alcun bisogno. E' un vezzo frequente pure con certi logicisti d'oggi, che amano presentarsi con la pagina irta di segni. Con la differenza che con i simboli Frege diceva spesso cose nuove e profonde, e costoro quasi sempre delle banalità. Nei Grundlagen der Arithmetik (« Fondamenti dell'aritmetica »), che sono del 188!,, e ancora nei Grundgesetze der Arithmetik («Principi dell'aritmetica ») Frege si propone di dare una definizione esatta, definitiva, del concetto di numero. E' vergognoso, egli dice, che una questione di tanta importanza continui a essere sballottata nelle polemiche. Per il suo scopo, egli parte dai concetti di corrispondenza biunivoca e di classe. Un servizio da caffè nuovo ha tante tazze quanti piattini: si può mettere pertanto una qualunque tazza su un qualunque, piattino, ma sempre ci sarà una tazza per un piattino e un piattino per una tazza. La cameriera che rompesse un piattino rovinerebbe, aliimè, quella bella corrispondenza biunivoca, e si sarebbe costretti a buttar via anche una tazza per ricostruirla. Quanto alla classe, essa non è quella della scuola, né quella della leva, né quella a cui si allude quando si dice di una donna che è « di classe». In logica e in matematica essa riguarda tutt'altro ordine di cose. Per gli antichi c'erano sette pianeti, sette peccati capitali, sette meraviglie del mondo, sette arti liberali, così come sette sono le aperture del corpo umano e i giorni della settimana. Il sette è dunque la caratteristica di questi vari gruppi di entità in quanto gruppi, e proprio per ciò si possono mettere in corrispondenza biunivoca tra loro, per es. i pianeti coi peccati capitali o le aperture del corpo umano, senza che alla fine resti fuori, poniamo, un peccato mortale. Ebbene le classi sono i gruppi egualmente numerosi (coestensivi) come questi dell'esempio citato. Ho parlato del numero sette. Secondo Frege bisognava prima definire il numero in ge¬ nerale, come la classe delle classi di classi coestensive tra loro, e poi passare alla classe nulla, e cioè vuota di elementi, chiamata 0 (zero), alla classe delle unità, chiamata 1, delle coppie, chiamata 2..., dei settetti chiamata 7, e cosi via. Perché arrivare al numero e ai singoli numeri dai concetti logici di estensione, corrispondenza, classe di elementi significa poter far derivare l'aritmetica dalla logica. E' la tesi della « completa logicizzazione dell'aritmetica» lanciata poi clamorosamente da Bertrand Russell in tutto il mondo ai primi del secolo. Ho riletto in queste settimane in italiano i Fondamenti e i Principi dell'aritmetica, oltre ad alcuni saggi e recensioni, nella raccolta degli scritti di Frege curata da L. Geymonat e C. Mangione, con Prefazione del primo e una lunga Introduzione del secondo, uscita col titolo Logica e aritmetica (Boringhieri, Torino 1905, lire 5000). Vi lio ritrovato un gran pedante, che vuol sempre spaccare il capello in quattro quando si tratta di questioni di logica (e non solo di logica). Ma che il più delle volte il capello lo sa davvero spaccare in modo perfetto. Angiolo Maros Dell'Oro dell'Università di Milano

Persone citate: Angiolo Maros, Bertrand Russell, Giuseppe Peano, L. Geymonat, Mangione, Peano

Luoghi citati: Cuneo, Milano, Torino