Nicola Galante incisore e pittore

Nicola Galante incisore e pittore ARTI ED ARTISTI Nicola Galante incisore e pittore Oltre cinquanta silografie e alcuni recenti dipinti in una bella mostra deHfottantatreenne artista abruzzese, che fece parte dei « Sei pittori di Torino » - Le vigorose figure di un giovane spagnolo ■ La storia dell'abruzzese Nicola Galante (ha ottantatré anni, è nato a Vasto nel 1883) comincia a Torino, dove risiede e lavora dal 1907, con le undici illustrazioni per quel curioso ed oggi introvabile — una vera rarità bibliofila — libretto pubblicato presso la tipografìa Mittone nel 1912 dal tedesco Curt Seidel: Torino mia, Impressioni di uno straniero, modeste ingenue affettuose paginette cui appunto Galante fornì le sue silografie di vedute urbane e suburbane torinesi, Superga, La chiesetta di Pozzo Strada, Palazzo Madama, Porta Palatina, Il Po di notte, ed altre, ora ristampate in parte, numeratissime, dai vecchi legni per amici amatori, ed inserite fra le 54 silografie datate dal 1912 al 1954, che compongono, con pochi dipinti recenti, la sua bella mostra alla « Bussola ». Galante era allora, come fu poi ancor per molto tempo, artigiano ebanista, e lavorava in una nota ditta torinese giovandosi della propria perizia manuale per evadere in una cauta, meditata, purissima espressione artistica che tosto lo fece apprezzare da Ardengo Soffici, del quale divenne amico nel 1913 e che gli fu tramite d'altre amicizie tra i battaglieri fiorentini di La Voce e di Lacerba, riviste cui « l'umile falegname sannita », come amava definirlo Emilio Zanzi. collaborò prima di prender contatti col Selvaggio e col gruppo « strapaesano » di Maccari. Vennero intanto, e più tardi, le partecipazioni alle mostre internazionali di grafica a Stoccolma e altrove, alle esposizioni milanesi del Novecento, di Ginevra, dì Zurigo, alle Biennali di Venezia; e non occorre ricordare ai torinesi quanto importanti siano stati per Galante le frequentazioni con Casorati, con Lionello Venturi, col clan Gualino, il suo inserimento fra I « Sei pittori di Torino »: perché da tempo oltre l'incisione egli coltivava la pittura. «T'nde nel colore, lisciate come porcellane nella materia », definiva Mario Soldati le tavolette di Galante nel 1929, l'anno della prima mostra dei llllll iiiiiiiiiiiiiiiiiii mulini in c Sei »; ed Edoardo Persico lodava U sua « ispirazione ingenua e calorosa ». la sua « felice ignoranza di certe astuzie del mestiere », ponendo la sua sensibilità poetica al di sopra di quella di Soffici. Si può dire che la pittura di Galante In quasi quarant'anni poco è mutata: chiusa com'è nel suo circoscritto incanto lirico di un piccolo mondo naturalistico, paesaggi semplificati nei loro elementi plastici essenziali, composizioni d'oggetti estremamente misurati nel numero e nelle forme; soltanto, se mai, un graduale salir di tono nel colore puro fino a questi ultimi squilli dei rossi, dei verdi, dei turchini, addirittura « gridati ». Ugual coerenza nell'incisore sempre fedele alla matrice lignea. Può avere avvertito i richiami delle varie culture cui lo accostò la sua lunga vita, ma il fondo della sua arte rimane una castità spirituale che si proietta nella limpidezza dell'immagine. Resta quello che fu alle origini, e che in letteratura si direbbe un < crepuscolare », senz'ombra tuttavia di estetismi. L'attenta osservazione della realtà naturale, lo scrupolo puntiglioso nell'indagine del < vero» ottico, non gli ha mai vietato di aggiungervi una nota personale di gentilezza, di affettuosità che sconfina talvolta in un'interpretazione patetica della veduta, quasi al modo dei naìfs, malgrado tutta l'esperienza tecnica del suo lavoro. Proprio in questo perfetto equilibrio fra nativo candore e scaltrezza artistica, ci sembra consista l'incanto poetico che sempre desta anche la più minuscola e semplice incisione di Galante. * * Guardando le corpose figure, fortemente espressionistiche fin quasi al grottesco ed al caricaturale, esposte da Carlos Mensa, nato a Barcellona nel 1936, nella «Galleria del Centro», si stenta a credere che fino a pochi anni fa questo giovane spagnuolo fosse un astrattista. Alla violenza della conversione si deve for- se il limite pop che sembra ora toccato dal vigoroso artista catalano, ed è probabile ch'egli stesso fra breve s'accorga che quando s'ingrana la retromarcia non è indispensabile fracassare il cambio. Ma non v'è dubbio che il ricupero della figuratività ha trovato nel Mensa un temperamento di « protestatario » di notevole energia morale e di capacità espressive fuor dei comune. Possono apparir grossolani questi suoi omacci che dalle grandi tele paiono volersi proiettare nella sala per un pauroso scontro di forze, ma se si osservano i piccoli dipinti di nudi e di scene burlesche, si nota di qual brio e di qual finezza pittorica l'ex astrattista sia dotato. mar. ber.

Luoghi citati: Barcellona, Ginevra, Stoccolma, Torino, Vasto, Venezia, Zurigo