Morto anche il secondo speleologo precipitato nel tentativo di soccorrere i compagni bloccati

Morto anche il secondo speleologo precipitato nel tentativo di soccorrere i compagni bloccati Sono due fe vittime della spedizione nello voragine di Bergamo Morto anche il secondo speleologo precipitato nel tentativo di soccorrere i compagni bloccati Gigi Donini, studente di 24 anni, era caduto martedì scorso con l'altro soccorritore (spirato venerdì mattina) - Il torinese Gianni Ribaldone lo aveva raccolto ferito trasportandolo a spalle al campo base sotterraneo dov'era assistito da due medici - Stroncato ieri da un improvviso collasso - Domani si tenterà di recuperare le due salme - Inchiesta sulla tragedia per accertare se vi sono responsabilità o se si tratta di leggerezza - A causa del disgelo e delle piogge questo era il periodo più sconsigliato per scendere nella grotta (Dal nostro inviato speciale) Roncobello, 30 aprile. In una delle caverne de! Buco del Castello c'è un altro morto. E' Gigi Donini, era precipitato martedì assieme con Carlo Pelagalli, che è morto ieri. I due cadaveri sono ora vicini, vagamente illuminati da una lampada ad acetilene. Donini aveva 24 anni, era geometra e frequentava la Facoltà di scienze naturali. Martedì si era calato con Pelagalli in un pozzo di ottanta metri invaso da una cascata, per portare aiuto a quattro colleghi intrappolati. Non si saprà mai se Donini e Pelagalli sono precipitati per fatalità o per imprudenza. Si sa, invece, che si sono calati in quel pozzo per un impulso generoso. Cadendo, Donini si era fratturato la spalla destra e il polso sinistro, aveva riportato lesioni e due ferite al capo. In queste condizioni è rimasto quattro giorni nelle umide tenebre di una caverna a trecentoventi metri sotto terra. Ieri è uscito dal pozzo sulle spalle di Gianni Ribaldone, portato al campo base a duecentoventi metri e subito è stato affidato al dott. Gozzi di Torino e poi al dott. Nadalini di Milano, entrambi speleologi. Le fratture sono state ingessate, un piede con sintomi di congelamento è stato massaggiato e medicato. Ma c'era di peggio: Donini non reagiva, farfugliava frasi incomprensibili, era scoss da tremori e tormen tato dal singhiozzo. Era lo choc, e si è cercato di vincerlo con gli appositi lamia ci. Non si è escluso che vi fossero lesioni viscerali ( cerebrali, comunque non po tevano essere diagnosticate su una cengia sotto terra. Ora il dott. Nadalini ci dice : « Il ragazzo non è mai stato trasportabile, tuttavia era impossibile curarlo laggiù». Ieri sera, invece, c'era un ottimismo senza riserve Tutta questa tragica vicenda dà l'impressione di essere andata avanti, fin dal primo giorno, con troppo ottimismo, troppa sicurezza Oppure si è cercato di nascondere la realtà. Giovedì, per esempio, quando si sa peva che Pelagalli agoniz zava e Donini era ferito as sai gravemente, ci avevano assicurato che essi avevano solo contusioni e abrasioni « ma uno è un po' più grave dell'altro ». Ieri si era certi, dunque di portare Donini vivo fuori dalla grotta, e per tutta la notte squadre dirette da Vianello di Trieste e Fassio e De Matteis di Torino hanno lavorato, con scalpelli e martelli pneumatici, ad am pliare cunicoli per il passaggio della barella. Al campo base Donini si assopiva, si svegliava ansioso, aveva momenti di lucidità e sorrideva a chi gli era attorno. « Gigi — gli dicevano — domani sei fuori ». Faceva di sì con il capo e tornava ad assopirsi. Era nel sacco a pelo, su un materassino. La temperatura della caverna era di 6 gradi, ma attorno al ferito c'era tepore perché erano stati accesi fornelli. Alle 3,30 si è telefonato all'esterno quest'ordine: « Mandate una squadra forte perché Donini è in grado di essere trasportato ». Mezz'ora dopo, un'altra richiesta : « Mandate una bombola di ossigeno ». Era sopravvenuto il collasso. Polso debolissimo, incoscienza. La bombola è arrivata alle 5,30. Quasi subito si è chiesto del siero glucosato. Si è corsi a prenderlo a San Pellegrino, è arrivato alle 8,15 mentre Donini moriva. Attorno c'erano il dott. Nadalini e altri sette speleologi. C'erano lampade ad acetilene e fornelli accesi. A poca distanza, un'altra isola di luce. Don Zambelli e speleologi bergamaschi e bolognesi avevano recuperato dal fondo del pozzo la salma di Pelagalli, e l'avvolgevano in coperte. Il prete piangeva. Don Rocco Zambelli ha scoperto questa grotta dieci anni fa, l'ha esplorata e studiata una ventina di volte. Ha fatto una pubblicazione nella quale rac- comanda di non avventurarsi nella caverna dopo gennaio, soprattutto non andarvi in marzo e aprile, perché i temporali di questi mesi e il disgelo dei nevai la inondano d'acqua. Gli speleologi bolognesi hanno ignorato questa raccomandazione. Anzi, si sono avventurati nel Buco del Castello proprio in giornate minacciate da perturbazioni atmosferiche. Questi speleologi sono studenti, operai e impiegati che approfittano dei giorni di festa per soddisfare la loro passione. Ma talvolta la passione fa dimenticare la prudenza. I bolognesi sono venuti quassù per il « ponte » di San Giuseppe, per quello di Pasqua e quello del 25 aprile. Proprio nei periodi critici della grotta. Due volte è andata bene, la terza no. Ora ci sono due morti. Vi sarà un'inchiesta. Stabilirà — al di sopra delle polemiche — se vi sono responsabilità o se si tratta di leggerezza o di fatalità. Accerterà se Pelagalli e Donini sono scesi in quel pozzo che non conoscevano dopo che erano state prese tutte le precauzioni indispensabili. Se ne sentono dire molte quassù da una settimana. Ma non vogliamo raccogliere voci che in questo momento non sono e non possono essere serene. D'altronde Pelagalli e Donini — ragazzi morti perché trascinati dalla loro generosità - hanno già calmato una polemica che nei giorni scorsi era aspra. Ora la fiamma dell'acetilene sotto il soffio del vento delle gallerie agita ombre sul volto delle due vittime del Buco del Castello. Non si sa se le salme potranno essere portate fuori domani o lunedì. Oggi pomeriggio è salito quassù il vescovo di Bergamo, che ha pregato davanti all'ingresso della grotta. I pompieri e gli speleologi stanno portando via i telefoni da campo e smontando i gruppi elettrogeni che avevano alimentato i martelli pneumatici. Hanno finito quando il crepuscolo scendeva in questa conca ' che è chiamata di Mezzeno ed è sovrastata dal massiccio dolomitico dell'Arerà. Sabato, sette giorni fa, c'era un tramonto come questo quando sono arrivati i, ragazzi bolognési, hanno acceso le luci degli elmetti e uno dopo l'altro — sicuri, ottimisti — si sono infilati nel Buco del Castello. Luciano Curino Si lavora per allargare il cunicolo d'accesso alla grotta dove giace il corpo dello speleologo Donini (Tel. A. P.) Il giovane speleologo Luigi Donini, morto a Roncobello, fotografato durante una recente escursione (Telefoto)

Luoghi citati: Bergamo, Milano, Roncobello, Torino, Trieste