Una magnifica partita dei granata termina con il successo degli interisti

Una magnifica partita dei granata termina con il successo degli interisti Una magnifica partita dei granata termina con il successo degli interisti Finalmente una partita veramente interessante, giuocata con ardore, densa di contenuto. Tanto che questo contenuto ha raggiunto nel secondo tempo, e particolarmente verso il termine, un tono che non è esagerato definire come drammatico. Diciamo subito, come commento generale, anzi come impressione collettiva- sull'avvenimento che il risultato ha l'aspetto e la sostanza di una bugia. Non ha vinto la squadra che, nella circostanza, abbia dimostrato di essere la migliore. Il meno che il Torino abbia meritato nella giornata è un pareggio. Sua è stata la maggior parte del secondo tempo, suoi sono stati tutti i contrattempi e tutte le disgrazie, contrario ad esso è stato l'arbitraggio; un arbitraggio che, per il modo in cui è stato condotto, meriterebbe un capitolo a parte cosa che qui lo spazio non consente. Tutto quello che si può dire a favore degli ospiti è che ha vinto la squadra più calma, la più esperta, la più fortunata anche. Nulla di più. La giornata era bella, quasi primaverile. Ed il pubblico era convenuto in gran massa al richiamo. V'erano da quaranta a quarantacinquemila persone nel recinto. Ed il terreno di giuoco era in condizioni che si possono definire come buone. Il primo tempo è stato il più equilibrato dei due. Nel corso del medesimo, il Torino ha attaccato di più, ma l'Internazionale ha attaccato meglio. Come è giusto che avvenga, più che la quantità delle offensive, ha pesato sulla bilancia la loro qualità. Brilla di viva luce, in quei primi quarantacinque minuti di giuoco, la rete segnata da Suarez, quella che ha mandato i neroazzurri in vantaggio. Una rete, che non può sgorgare che dalla, mente di un giuocatore esperto ed intelligente. Fu opera sua individuale, personale, quella prodezza, non frutto di una azione combinata del settore di avanguardia. Lo spagnolo si impadronì della palla verso la sinistra all'incirca nella sua posizione normale, di numero dieci. Si incuneò verso il centro, e, studiata la posizione alquanto avanzata assunta dal portiere granata, sferrò, di destro, un tiro che più preciso non avrebbe potuto essere, un tiro che mandò la palla a finire esattamente alla confluenza fra la sbarra trasversale ed il montante sulla sinistra del portiere. Fin lassù, Vieri non poteva arrivare. Il punto non fu dovuto al caso: la palla andò a finire proprio colà dove il tira/ore intendeva che essa andasse a finire. Un gesto, una prodezza, ripetiamo, di un tipo quale raramente è dato di vedere, sui campi nostri, al giorno d'oggi. La reazione del Torino ad uno smacco così clamoroso si sviluppò con immediatezza. I granata erano ben disposti ed erano sostenuti da un pubblico quanto mai caloroso. Era decisa e vigorosa questa reazione: ma le facevano difetto l'ordine e la precisione. Essa si urtava innanzitutto in una difesa che si è acquistata la fama di essere impenetrabile. Ma confermava ancora una volta di mancare di un coordinatore e di un uomo di conclusione. E' un difetto che data e dura da mesi, questo, un difetto che manda. in fumo tutti gli sforzi costruttivi di un undici coraggioso e combattivo. Monchino impostava bene le azioni a metà campo ed U solo compagno suo che mostrasse tendenza e capacità a concludere era Meroni. Ma Questi aveva che fare direttamente con un Burgnich che più falloso non è possibile di immaginare. Ogni volta che l'ala granata avanzava colla palla, il terzino neroazzurro piombava inesorabilmente su di lui, e lo atterrava. Durò per tutta la partita questo duello irregolare, e l'arbitro non intervenne, nemmeno per un semplice richiamo, che verso il termine dell'incontro. Dominò anche a lungo il Torino nella seconda parte di quel primo tempo, ma non arrivò a concludere mai. Tutti tiri a lato, tutti calci d'angolo, tutte azioni terminate a vuoto. Alla metà tempo si aveva l'impressione ohe, malgrado tutta la buona volontà sfoderata, malgrado anche una certa superiorità territoriale esercitata, i granata si trovassero ad urtare contro un ostacolo più duro, più arcigno, più esperto delle energie che essi potevano produrre. Era alla ripresa che la musica cambiava. Il Torino partiva subito in velocità, e VlTUernazionale si racchiudeva tutta o Quasi tutta nella sua area di rigore più che nella sua metà campo. Due o tre tiri pioni di forza saettavano subito sopra la sbarra trasversale od a lato dei pali della porta difesa da Sarti. Pozioni alti venivano a spiovere, provocando mischie, nel vivo della difesa neroazzurra. Ma il piede o la testa che portasse ad una conclusione non spuntava mai da quella confusione. Suarez non si muoveva più dalla sua posizione arretrata. E Corso ne seguiva l'esempio. Quell'atteggiamento difensivo ad oltranza, l'Internazionale lo assumeva perché costrettavi dall'avversaria, o perché si accontentava di condurre in porto lo striminzito vantaggio ohe aveva raccolto nel corso del primo tempo t y A risvegliare gli ospiti, giungeva un tiro di punizione, fortissimo, che, partito dal piede di Moschino, colpiva in pieno la traversa dei milanesi, in un punto dove il loro portiere non avrebbe potuto giungere. E, poco dopo, il montante sulla destra di Sarti aiutava la punta della scarpa del guardiano della rete a deviare la palla a lato. Mancava pur sempre di elementi che sapessero concludere l'attacco granata, ma per lo meno in quel lungo periodo era nutrito « sostenuto. Il pubblico era tutto in piedi ad incoraggiare, a sostenere l'undici torinese. Perfln Rosato si era portato avanti nel tentativo di fare quello che gli uomini davanti a lui non sapevano fare, e, per la tempestiva uscita del portiere avversario, aveva mancato di un 'soffio l'occasione del pareggio, quando finalmente, la sospirata rete granata giungeva a maturazione. A seguito di un calcio di punizione, la palla si spostava verso la destra dei padroni di cosa, e, tocca di qua, tocca di là da parte di Moschino e di Ferrini, essa giungeva a Puja, ohe, da pochi passi, poteva deviare in rete. Mancavano otto minuti al termine della contesa, e le due squadre stavano alla pari. Pareva che gli uni e gli altri fossero contenti, e che l'incontro dovesse finire a quel modo. Era allora che Vun contendente — quello che aveva sudato tanto per acciuffare il pareggio — traeva un gran sospiro di sollievo, e dava l'impressione di assopirsi, mentre l'altro, come colpito in pieno viso da una staffilata, si risvegliava e si riversava tutto all'attacco. Dove i neroazzurri prendessero le energie per quel serrate finale, noi non lo sappiamo, dopo che per tanto tempo se ne erano rimasti come accasciati, sulla difensiva. Fatto sta ed è che, in quei minuti /Inali, il giuoco si accumulava tutto nell'area di rigore dei torinesi. Era dapprima Guameri che colpiva la base di un montante, poi, su di una rimessa in giuoco laterale di Corso, Jair centrava basso e forte dalla destra, Suarez serviva Cappellini davanti a lui, questi si protettava in tuffo lungo e tirato, colpiva decisamente di testa, ed 'il giuoco era fatto: Vlnternazionale ritornava in vantaggio. Il complesso delle due reti finali nello spazio di pochi minuti, fu come un colpo di scena. Granata'prostrati, neroazzurri giubilanti. Risultato ingiusto, ma che pare scritto dal destino. Cose che succedono nel mondo della palla rotonda. Vittorio Pozzo l a o n e e n n o a a a o o, n La reazione del Torino ad essere impenetrabile. Ma po ed U solo compagno suo ta la partita questo duello po si aveva limpressione Sarti in una delle respinte di piede (in questo caso, su tiro di Meroni, a destra): la fortuna, ma soprattutto l'abilità del difensore interista in situazioni del genere, hanno suscitato un nuovo e significativo commento: « Che bel terzino è il portiere Sarti!» (foto Moisio)