Saragat inaugura stamane a Torino il Contro di perfezionamento del Bit

Saragat inaugura stamane a Torino il Contro di perfezionamento del Bit Un'opera di fratellanza fra i popoli che onora una città Saragat inaugura stamane a Torino il Contro di perfezionamento del Bit La cerimonia al Palazzo del Lavoro: il Capo dello Stato pronuncia un discorso - Il «Centro» ospita attualmente 104 allievi provenienti da 25 Paesi del «terzo mondo» - E' il primo esempio di cooperazione internazionale ad alto livello tecnico-professionale - Il Presidente della Repubblica si reca successivamente al Museo dell'auto - Nel pomeriggio compie una serie di visite a enti pubblici e privati 11 presidente Saragat è da ieri a Torino e inizia stamane la parte ufficiale della sua visita alla nostra città.' Come riferiamo ampiamente in seconda pagina, il Capo dello Stato inaugura alle ore 11,15 il « Centro internazionale di perfezionamento tecnico e professionale» e Vi pronuncia un di■ scorso. Successivamente il Presidente della Repubblica compie' una breve visita al Museo dell'automobile. Nel pomeriggio egli si reca allo stabilimento «Pininfarina» di Grugliasoii. all'Istituto bancario San Paolo, alla Cassa di Risparmio e alla sede dell'amministrazione provinciale. Il « Centro internazionale di perfezionamento tecnico e professionale, che il presidente Saragat inaugura stamattina a Torino, è un esemplo unico al mondo nel suo genere, a nasce da un'idea: quella di realizzare in modo nuovo, diretto, non paternalistico il principio della cooperazione fra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo. Cooperazione, • non aiuto. In un settore, quello della tecnica più avanzata, normalmente trascurato nei rapporti di assistenza internazionale. Basta trascorrere un giorno al « Centro >, nel Palazzo del Lavoro ideato da Pier Luigi Nervi per la mostra di Italia '61, per rendersi conto dell'importanza e della no1 vita della sua funzione in un mondo che progredisce sempre più rapidamente e che offre ai popoli fino a ieri in condizioni di assoluta inferiorità la possibilità di inserirsi di colpo — almeno sul piano dell'istruzione professionale delle loro élites di tecnici a di dirigenti — nel tessuto vivo del progresso; questa possibilità resta astratta fin quando i Paesi sviluppati non si rendono conto che il bene di ciascun popolo è il bene di tutti; diventa reale quando, coma si è fatto per il « Centro » torinese, le organizzazioni internazionali promuovono in comune un'azione diretta al riscatto tecnico-sociale dei Paesi in via di sviluppo. Il « Centro » è qualcosa di più di una scuola professionale. Infatti i suoi ospiti non sono giovani che cercano di imparare un mestiere: sono operai già altamente specializzati, tecnici, istruttori, dirigenti di piccole e medie industrie; nei loro Paesi sono selezionati fra decine e decine di candidati; e sono in grado di cooperare allo sviluppo del « Centro > con le loro singole esperienze, in modo da dargli una struttura e un metodo d'insegnamento che corrisponda alle reali necessità di quel « terzo mondo » che solo la pigrizia mentale di chi non vi appartiene può ritenere indifferenziato, uniforme nei suoi problemi, semplice da capire. c Uno degli scopi della nostra attività — dice il presidente del comitato italiano per il "Centro", l'ambasciatore Giustino Arpesani — è appunto di favorire una maggiore conoscenza internazionale. Questi giovani ohe vengono a seguire i nostri corsi imparano a conoscere un Paese nuovo e a conoscersi fra loro: ma questo non è tutto. E' importante che siano essi stessi a offrire qualcosa a chi si è impegnato ad aiutarli; essi possono offrire una diretta espe rienza delle necessità dei loro Paesi e cooperare a dare alla nostra azione un metodo che da sola non po irebbe darsi». Attualmente il « Centro > ospita cento-quattro giovani (di età compresa fra i venti e trenta-trentaelnque anni con una « punta » oltre i cin quantd ), appartenenti a venticinque Paesi di tre continenti: Asia, Africa, America Latina. Quali programmi di sviluppo sono previsti? «Siamo già ora in grado — risponde l'ambasciatore Arpesani — di ospitare oltre 1,00 allievi, ma prevediamo che si arriverà, in un alorno non lontano, a riceverne duemila », Perché è stata scelta dal Bit (.1 Bureau International du Travail, che opera nel- l'ambito dell'pnu ed è presieduto dall'americano Morse) la città di Torino come sede di questo primo esperimento di cooperazione internazionale nel settore della tecnica? < Torino è apparsa — afferma il presidente del comitato italiano — la sede ideale per diversi motivi. Innanzitutto la città aveva avanzato l'offerta di un complesso di edifici imponenti e di facile adattamento agli scopi di un centro di addestramento tecnico-professionale. In secondo luogo l'ambiente fortemente industrializzato consentiva un rapido e comodo collegamento con aziende tecnicamente all'avanguardia e con quadri di istruttori di prim'ordine, soprattutto in certi settori. E poi c'era molta volontà di fare. In due anni e mezzo dalla decisione presa dal Bit, il "Centro" è nato ed è diventato operante: il 15,ottobre dello scorso anno si è iniziato il primo corso ». L'aiuto che la città ha dato al «Centro» è senza dubbio rilevante. Il dottor Vittorino Chiusano, segretario generale del comitato italiano, dice: « L'industria torinese non ha esitato un istante. Appoggi di ogni genere sono stati offerti disinteressatamente, ed è stata data agli allievi la possibilità di visite » di "stages" d'addestramento negli stabilimenti, a contatto con la normale attività produttiva». Le risorse finanziarie dell'istituzione sono imponenti; il governo italiano si è impegnato a versare in dieci anni una somma equivalente a 7 milioni 177.000 dolla¬ ri,. p.arl a circa quattro. _mlr llardi e mezzo di lire; per i primi quattro anni di esercizio i contributi di 34 Paesi, della Lega Araba, dell'Alta Autorità della Ceca, dei Sindacati austriaci, ammontano a 5 milioni di dollari. Un bilancio massiccio, destinato ad assicurare il funzionamento di una serie di laboratori installati al pianterreno del grande Palazzo del Lavoro; di uffici tecnici e amministrativi; della «città residenziale» che ha trovato una razionale sistemazione nelle quindici palazzine costruite per la mostra delle Regioni. In più, i giovani ospiti sono completamente spesati. Nei laboratori, a ognuno dei quali è annessa un'aula per le lezioni teoriche, si svolgono corsi di elettricità, meccanica generale, riparazioni di autoveicoli a motori a scoppio e Diesel, meccanica agricola, costruzione e lavori pubblici, elettronica. Le macchine che vi sono Installate provengono da molti Paesi: ce ne sono di giapponesi, americane, rumene, francesi, belghe, italiane (soprattutto nel settore dell'automobile e dell'elettronica) e così via. Monsieur Delattre, il direttore degli studi, un gentilissimo ingegnere francese, sostiene che il principio fondamentale di ogni corso di specializzazione tecnica moderna dev'essere: « fare in fretta ». Fare in fretta perché il cammino del progresso è così rapido che, dice monsieur Delattre, « ogni cinque anni gli ingegneri dovrebbero essere rifatti da capo ». Nei nostri politecnici d'oggi le macchi¬ ne che gU studenti imparano a conoscere al primo anno, sono vecchie e superate all'ultimo. In queste condizioni il minimo che si possa chiedere a un centro di perfezionamento tecnico è di procedere il più speditamente possibile. Fare in fretta significa anche impostare i programmi di sviluppo dei Paesi arretrati secondo criteri di produttività d'avanguardia, anche se è comprensibile lo sgomento che deve afferrare una società chiamata a passare in pochi anni dal Medio Evo economico all'automazione, sen¬ za che l'uomo abbia, fatto in tempo a sviluppare- una propria capacità manuale d'artigiano. Lo sforzo che si chiede dunque ai giovani ospiti del « Centro » torinese è di fare per primi l'esperienza di unacosì radicale trasformazione tecnica; devono compiere questo sforzo perché dopo sei mesi — tale è la durata massima dei corsi che sono tenuti in francese, inglese e spagnolo — essi tornano nei loro Paesi e sono chiamati a farsi a loro volta istruttori dei giovani connazionali. Tale compito diven¬ ta d'importanza addirittura, determinante, per cosi dire programmatica, nel caso del dirigenti d'azienda, che apprendono al « Centro » del Palazzo del Lavoro le tecniche più progredite di conduzione delle imprese industriali, e commerciali, e della pubblica amministrazione. Al settore alberghiero è dedicato ampio spazio in una delle palazzine della ex mostra delle Regioni. Il vasto complesso del Centro — che comprende una settantina di funzionari • impiegati di varie nazionalità — è diretto da monsieur Paul Bacon, già ministro del Lavoro francese, un uomo di vasta esperienza internazionale. Egli è convinto della eccezionale carica di promozione umana dell'istituto: « Il "Centro" — egli dice — si fa uno speciale punto d'onore nel cercare lo sviluppo dell'intera personalità delVaUievo, e non soltanto delle sue conoscenze tecniche e della sua abilità manuale ». A questo scopo il « Centro » favorisce e promuove dibattiti, scambi di esperienze, manifestazioni culturali (ieri si è aperta una mostra di pittori piemontesi), conferenze. I torinesi si sono già accorti di quest'angolo internazionale aperto nella loro città'?" Se ne sorprenderanno ^soprattutto quanti, chiuse le mostre del '61, si domandarono non senza inquietudine: a che cosa serviranno queste meraviglie architettoniche, e soprattutto questo immenso spazio vuoto immaginato da Nervi per gettarvi le sue sedici piramidi? Una bandiera azzurra dell'Orni sventola dal 15 ottobre scorso davanti al Palazzo del Lavoro: Torino è diventata una città internazionale, un nome che significherà qualcosa d'importante nel « terzo mondo ». Quegli edifici imponenti sono serviti anche a questo. Giuseppe Del Colle L'imponente complesso di edifici, costruiti per le mostre di Italia '61, dove ha trovato sede il «Centro» del Bit inaugurato stamane dal Presidente Saragat. In primo piano il Palazzo del Lavoro in cui sono sistemate le aule e i laboratori; a destra, le «palazzine delle Regioni », in cui alloggiano gHi allievi del «Centro a li Presidente della Repubblica aU'arrivo all'aeroporto di Oaselle (foto Moisio)