Il nuovo partito dell'Alto Adige insiste per un'autonomia completo

Il nuovo partito dell'Alto Adige insiste per un'autonomia completo Intervista eoo il fondatore Eggmond «Jenny Il nuovo partito dell'Alto Adige insiste per un'autonomia completo Chiede che la regione sia limitata alla provincia di Bolzano, senza il Trentino, con polizia, finanze, scuole proprie - Mentre la Sudvolkspartei vuole che gli altoatesini rimangano attaccati all'agricoltura, il nuovo movimento, di ispirazione socialista, propone che i contadini si trasformino in operai, abbandonino i «masi chiusi» e si aprano alla cultura ed ai problemi moderni (Dal nastro inviato speciale) Bolzano, 20 aprile. E' difflcile dire so il nuovo partito socialista sud-tirolese — per l'esattezza Sozialfortschrittspartei, partito del progresso sociale —, fondato lunedì scorso a Bolzano, riuscirà a metter radici o, al contrario, rischierà l'asfissia, visto che l'aria alto-atesina, politicamente parlando, per il momento sembra monopolizzata dal Siidtiroler-Volkspartei, il partito di lingua tedesco a maggioranza cattolico-conservatrice. In ogni modo la sua nascita costituisce un avveni- mento importante per il gruppo etnico di lingua tedesca rischia ne! suo piccolo, di « far data >. 11 nuovo partito non è il primo che cerca di contrastare l'egemonia della Svp in provincia di Bolzano; in questo dopoguerra, dal movimento del conte Volkestein a quello dell' avvocato Vinatzer, dalle «liste di Merano a quelle di Bressanone, è stata una vera fioritura di « Aquile rosse >, di « Croci bianche » e di altri consimili suggestivi emblemi locali. Ultimo in ordine di tempo (e unico rimasto in vita), il movimento del senatore Raffeiner, la «. Tiroler Heimat Parte! ». Ma nella maggior parte dei casi si trattava di schieramenti dettati da esigenze locali, di ispirazione liberaleggiante, spesso più a destra della stessa Svp. K che comunque, fatta eccezione per qualche inevitabile differenza, consideravano l'Alto Adige con gli stessi occhi della Svp: una minuscola * repubblica » montanaro-conladina che doveva conservare gelosamente le sue tradizioni — < masi chiusi », diritto di maggiorascato, « servi » agricoli col grembiulone azzurro, bande musicali con calze bianche e piume di gallo —, battendosi strenuamente contro l'industrializzazione che, a loro dire, avrebbe finito prima o poi per « italianizzare * definitivamente tutta la zona. La grande novità del nuovo partito consiste nell'avere abbandonato tutti questi schemi. Di chiara ispirazione socialdemocratica, esso afferma che la difesa dei contadini, pur necessaria, non basta più; bisogna guardare avanti, pensare all'industrializzazione, creare nuovi posti di lavoro, dialogare con la maggioranza di lingua italiana e col resto del mondo. In una parola, « aprirsi >, far entrare finalmente in Alto Adige una ventata d'aria europea- Fondatore di questo movimento è il dott. Egmont Jenny, un medico di 41 anni, consigliere regionale, già autorevole membro della Siidtiroler VolkspartRi. Per una strana combinazione anch'egli, al pari di Silvius Magnago, il leader della Svp, è nato da un matrimonio misto; ma mentre Magnago è figlio di padre italiano e di madre austriaca del Voralberg, Jenny al contrario 6 figlio di padre au strineo — anch'esso del Voralberg — e di madre italiana una Motta, di Milano naturalmente. Fece le elementari a Bolzano, le medie a Merano e quindi si iscrisse alla facoltà di medicina dell'Università di Milano. Ma. quando giunse 11 i l n o o e a i e n r i , , , e i a a e , e n e , * a. o . e r i l rn a iy, ior a ri r ae aa nu oa uri no à di 11 momento dell'opzione, suo padre scelse la Germania ed egli lo seguì. Dal 1943 al '45 prestò servizio nella Wehrmacht, a guerra finita tornò a Bolzano. Si laureò a Innsbruck, prese anche la laurea italiana a Bologna e quindi si specializzò in urologia. La sua carriera politica fino a ieri s'è svolta nell'ambito della Volkspartei. Potrà sembrare strano per un uomo che è sempre stato di tendenze socialiste, ma bisogna pensare che la Svp, almeno teoricamente, non è un partito cattolico e nemmeno un partito conservatore-contadino. E' una «Sammelpartei », un «partito di raccolta », che nel suo statuto dichiara apertamente di accettare tutti gli altoatesini di lingua tedesca senza riguardi alla loro ideologia. Un'unica condizione: che siano «Heimattreu», «fedeli alla terra natia», cioè strenui difensori del principio di nazionalità. Jenny, che Heimat-treu lo è profondamente, si iscrisse al partito pensando di potervi propagandare le sue idee sociali ste. Vi fu accolto e vi fece anche una certa carriera — per pressioni del partito socialista austriaco sulla Svp, si mormora a Bolzano — fino ad essere eletto consigliere regionale con diecimila voti di preferenza. Ma, quando fondò un circolo del lavoro «per studiare le ne cessità politiche, sociali e cui turali del gruppo etnico sud tirolese » e cominciò a fare proseliti, il contrasto con i dirigenti della Svp — tutti di estrazione agrario-conservatrice — divenne inevitabile. Venne deferito a: probiviri, Magnago in un drammatico contraddittorio lo accusò di avere violato la disciplina e di avere arrecato pregiudizio al prestigio del partito; il 12 aprile fu espulso, il 18, insieme con un piccolo gruppo di professionisti, funzionari, artigiani di lingua tedesca, firmò il documento che dava origine al nuovo partito. Non si tratta — è bene precisarlo subito — d'un partito che accolga le tesi del governo italiano. Anzi, sotto certi aspetti sarà più rigido della Svp. In materia di autonomia per esempio, non si limita a chiedere un ampliamento delle competenze provinciali, ma ha ripreso il vessillo « lost von Trient », « via da Trento », che Magnago ha abbandonato da tempo. La regione, dice Jenny, deve essere limitata alla provincia di Bolzano, il Trentino non c'entra, se vuole erigersi anch'esso a regione, se ne faccia una per conto suo. E naturalmente l'autonomia altoatesina dovrebbe essere completa: industria, finanze, polizia locale eccetera. Ma una volta ottenutala o ancor prima di ottenerla, questa benedetta autonomia, gli altoatesini debbono uscire dai loro «masi», favorire la industrializzazione, trasformarsi da contadini in operai, andare alla università — «se no, senza laureati, dove troveremo i quadri per governare la regione? » — difendere le loro tesi in dibattiti aperti coi cittadini di lingua italiana, invitare a Bolzano oggi Salvatorelli e Arturo Carlo Jemolo, domani Giinther Grass e Uwe Johnson, o magari tutti e quattro insieme, partecipare alle battaglie sindacali, far sentire la propria voce in Parlamento non solo sui problemi delle loro montagne ma su tutte le grandi questioni nazionali, difendere con le unghie e coi denti la loro lingua, le loro tradizioni, la loro cultura, ma fare causa comune con tutte le forze progressiste italiane ed europee. DI fronte a tanto impeto innovatore i dirigenti della Svp, impauriti come malati di fronte a una finestra che si spalanca all'improvviso, obbiettano che, con tutte queste «aperture», la minoranza di lingua tedesca finirà per essere travolta dalla maggioranza di lingua italiana. Jenny, a loro avviso, è un «becchino dell'Alto Adige». Senza perdersi d'animo, il giovane medico ribatte che la questione è male impostata. « Il problema più grave — ci ha detto accogliendoci nel la sua vecchia casa di tipico stile tirolese — non ò quello di un'emigrazione di masse italiane dal Sud, ma quello dell'emigrazione di lavoratori di lingua tedesca verso Ve stero ». Non gli si può dar torto. In questi ultimi anni In Alto Adige di italiani ne sono arrivati si e no qualche centinaio. Per contro quasi diecimila altoatesini, insofferenti del « maso chiuso » e del grembiulone blu, sono scesì a valle per cercar lavoro, e poiché a valle di industrie non ce n'e rano, sono emigrati in Germania. L'emorragia — con la politica della Volkspartei rischia di farsi di anno in anno più grave. Gaetano Tumiati ahPsl'cdsrnnnadcsudmq 1 11 dott. Egmont Jenny di Bolzano (Telefoto)