II lungo dramma d'una terra infelice di Vittorio Gorresio

II lungo dramma d'una terra infelice II lungo dramma d'una terra infelice Roma, 19 aprile. La visita del Capo dello Stato richiama in questi giorni l'attenzione nazionale sulla Calabria. E' un ritorno d'interesse ricorrente, iscritto in una lunga tradizione italiana, perché ormai da decenni la Calabria assurge periodicamente a un'improvvisa attualità o per l'abbattersi di una sciagura (frane, alluvioni, terremoti), o per l'esplodere di agitazioni popolari (le occupazioni di terre non molti anni fa) o per l'annuncio di provvidenze legislative qualificate atte a rimediare alla miseria perenne delle sue tre province. Con altrettanta regolarità, poi l'attenzione presto svanisce, e la Calabria torna a prendere il suo consueto ultimo posto fra i soggetti 0 gli oggetti d'interesse, come regione avente il più basso reddito prò capite d'Italia, il più alto indice d'analfabetismo (21,4%) e il maggior quoziente d'emigrazione. Nei primi cinquant'anni dell'unità emigrarono un milione di calabresi; oggi, su una popolazione di un milione e 770 mila ne partono ogni anno 30 mila. Così l'invecchiamento della popolazione rurale è in Calabria un fenomeno più grave che nel resto d'Italia: il 73,2% delle famiglie contadine sono « famiglie senza giovani », cioè non hanno a disposizione un solo uomo di età inferiore ai cinquanta anni. Si spiega quindi la povertà delle risorse agricole: regione nella quale l'olivo avrebbe il suo più felice ambiente naturale, la Calabria ha le rese unitarie più basse d'Italia in fatto di olivicultura; l'agrumicultura è in crisi permanente, e nonostante che dalla viticultura si ricavi circa un milione di ettolitri di vino, non si è affermato sul mercato un solo vino tipico calabrese. Una rinascita agricola sarebbe tecnicamente possibile, affermano gli esperti, ed 1 terreni del litorale jonico si presterebbero ad una trasformazione per culture estensive, ma fino ad oggi, secondo l'amara dichiarazione di Manlio Rossi Doria « decenni di bonifica calabrese hanno rappresentato soltanto uno stupidissimo sperpero del pubblico de naro ». Denaro, infatti, da tempo ed in gran copia, è stato investito in Calabria, ih forza di leggi speciali e di interventi straordinari, spesso determinati da ca suali contingenze. Molti degli interventi le gislativi sono stati viziati da un'improvvisazione che ne diminuiva l'efficacia, ali mentando invece in pari tempo la confusione nelle opere e la sfiducia nei calabresi. Non solamente nei calabresi, d'altra parte. An dato Einaudi nel '51, come Presidente della Repubblica, a visitare gli alluvionati, il 20 novembre scriveva a De Gasperi una lettera per esor tarlo a provvedimenti organici risolutivi: «Ritornato ieri dall'ultima — ed augu ro e spero sia l'ultima — delle mie visite nelle zone delle Calabrie tanto duramente provate dalla furia distruggitrìce delle acque...» diceva il Presidente, e conoscendone lo spirito acuto è facile notare, nell'inciso della speranza e dell'augurio, un certo amaro scetticismi. ; '; (a • 1 .• I Seguj" l'imposta « addizionale », poi una legge Pella che si ritiene sia rimasta pressocché inoperan¬ trls(dzcpcdmdcdisaeszcsgat« te, e attualmente è in vigore un cosiddetto « piano per la Calabria », legge che stanzia per dodici esercizi (dal '55 al '67) 254 miliardi di lire destinati all'attuazione di « un piano organico di opere straordinarie per la sistemazione idraulico - forestale, sistemazione di corsi d'acqua e bacini montani, per la stabilità delle pendici e per la bonifica montana e valliva ». Mediante il piano si dovrà inoltre provvedere alla difesa degli abitati contro le alluvioni, prevedendosi la eventuale necessità di uno spostamento totale o parziale degli abitati stessi in conseguenza dei gravi dissesti idrogeologici di una regione come la Calabria che ai suoi tempi Giustino Fortunato definiva crudamente « uno sfasciume geologico proteso sul mare ». La maledizione delle frane è per i calabresi anche peggiore di quella rappresentata dai terremoti. I terremoti passano, infine, ma frane ed alluvioni non ristanno invece mai, si riproducono e divorano terre, case, denaro e vite umane. Dai monti disboscati scendono fiumi di sfasciume ghiaioso e di terriccio ros¬ sastro, tutto si sgretola e si liquefa, fino alle valli interne e alle cimose litoranee, in uno scenario che è lo spettacolo della disperazione. Per l'Italia di oggi, dopo tanti decenni di impotenza o inefficienza, la soluzione del problema calabrese si prospetta come un banco di prova della capacità nazionale, e in questo senso ne ha parlato Saragat nel suo discorso di Reggio, che è stato, dopo le tante passate proclamazioni di solidarietà patriottica per i fratelli calabresi, un primo annuncio di propositi più seri, per il linguaggio nuovo che li esprimeva e soprattutto per una più matura concezione del problema nel suo insieme. Partito dalla premessa che la Calabria non è ineluttabilmente condannata ad uno stato di inferiorità, Saragat ha parlato di indù strie, di bonifiche, di inserimento dell'economia regionale nell'economia della nazione. L'attenzione di que sti giorni deve pertanto prò lungarsi oltre l'occasione del viaggio presidenziale e concretarsi in un impegno nazionale di più lungo respi ro e più vasta portata. Vittorio Gorresio Il presidente Saragat salutato dagli abitanti di Motta S. Giovanni (Tel. Ansa)

Persone citate: De Gasperi, Einaudi, Giustino Fortunato, Manlio Rossi Doria, Motta S. Giovanni, Pella, Saragat