La furia di Calcutta immensa e turbolenta di Francesco Rosso

La furia di Calcutta immensa e turbolenta E' LA SIATESI DELLA TRAGEDIA IN DIANA La furia di Calcutta immensa e turbolenta (Dal nostro inviato speciale) Calcutta, marzo. Misteriosa, iraconda, brutale, Calcutta e il prisma che filtra e moltiplica i problemi dell'India. Qui tutto è multi: razze, religioni, classi sociali, caste, qui è la foce delle inquietudini e delle contraddizioni di quest'India combattuta fra l'immobilismo di tradizioni sclcrotizzanti e l'ansia di rivolgimenti riformatori. Otto milioni di abitanti, di cui sei stabili e due che vanno e vengono senza una giustificazione apparente, a piedi nudi attraverso il gran ponte sospeso di Howrah, sullo Hoody, imponente ramificazione del Gange, ricchezze vertiginose fra Park Street c Chowringhee Road e voragine di miseria nei diecimila chilometri quadrati della città; aurei baldacchini per pochi sardanapali accanto ai letamai per milioni e milioni di giobbe; trecentomila prostitute per miseria, o per vizio; sedicimila uomini-mulo che si alternano fra le stanghe d sgangherati ricsciò correndo con opaca stanchezza nel polveroso tumulto del traffico; ventimila uomini-bue aggiogati a diecimila carretti di bambù tra le otto di sera e le otto di mattina, a sostituire i camion che scarseggiano. E la fame brutale sui marciapiedi-dormitorio, dentro covili infetti in cui s'annidano i mostri più mostri dell'India, perche tutto il bene ed il male confluiscono nella sterminata metropoli, le più grandi industrie indiane, i più miserabili accattoni, le torme fameliche dei disperati, quasi seguendo il corso del gran fiume sacro che nasce limpido dalle vette più alte del mondo e muore fangoso nel delta più grande del mondo, lanciando attraverso una delle sue immense ramificazioni, fino a questa città ria ghiosa, perversa, la grande sofferenza dell'India, le ceneri dei roghi funebri di Benares, le cancrene di piaghe immonde purgate dalle immersioni lustrali. Albe chiare, stemperate in caligini di perla, e soffi d'aria pulita sulla città più sudicia del mondo. File interminabili di uomini accasciali sull'orlo dei marciapiedi e sui cigli delle strade, natiche alla brezza e barattolo d'acqua, per il rito mattutino accanto ai luridi lenzuoli in cui si sono avvolti per dormire; camera con servizi. Quanti? Una buona metà degli uomini di Calcutta. Refoli di vento sollevano nubi di polvere mentre il sole scala a fatica il ciclo offuscato dall'atmosfera inteit.. clic avvolge Calcutta; riprende il farneticante andirivieni di lolle compatte, magma umani che non camminano, scorrono come colate di carni in sfacelo, portando il peso di una sofferenza esistenziale che non ha riscatto. Ogni tanio, questi fiumi di carne martoriata s'ingorgano, tumultuano, esplodono. « Calcutta è la città più turbolenta dell'India » si dice; infatti, tutto parte sempre da Calcutta, ed in forma esasperata, e sono quasi sempre sussulti di ribellione violenta, con distruzioni, saccheggi, incendi e morti. Non si può dire se sono gli studenti a dare un fischio agli operai, o viceversa; comunque, sono sempre insieme sulle barricate, jontro il governo. Quando Calcutta esplode, non abbatte le case dei ricchi; distrugge gli edifici pubblici. Non è lotta di classe, ma lotta contro il governo di Nuova Delhi, perche Calcutta ed il Bengala non sono proprio convinti di far parte dell'India. Venerano il fascista diandra Bose come eroe nazionale, e gli hanno cretto un grosso monumento in bronzo nel parco più centrale di Calcutta, col braccio teso nel saluto hitleriano, quasi dirimpetto a quello di Gandhi; una provocazione al concetto unitario dell'India. Non li preoccupa ch'egli fosse nazista, abbia ursi.no cui giapponesi calati in Birmania per combattere contro gli anglo-americani; egli rappresenta il nazionalismo del Bengala, ed ha perciò meriti patriottici che Gandhi non ha. -Quando fu talldclc u inaugurato il monumento al Mahatma, la polizia dovette montare la guardia per lungo tempo, squadre di fanatici autonomisti volevano abbatterlo, appunto perché Gandhi rappresentava l'idea unitaria dell'India. Fu proprio il nazionalismo bengalese a indurre gli inglesi, col suggerimento compiacente dei politici indiani, a dividere il Bengala in due tronconi nel 1947, al momento dell'indipendenza. Un Bengala con 150 milioni di abitanti, chiaramente orientato in direzione separatista, sarebbe sfuggito al centralismo di Nuova Delhi. Ed il Bengala fu spaccato in due; c'nquanta milioni di musulmani di là, in Oriente, grossa e lontanissima appendice del teocratico Pakistan; novanta e più milioni di qua, in Occidente, in un groviglio di razze e religioni, musulmani compresi, argomento di ricorrenti persecuzioni. Calcutta è la città più rabbiosa dell'India; i bengalesi hanno temperamento impulsivo, sono vivaci, pronti all'azione, violenti. Tutto ciò è vero, ma nella settimana dell'ira scatenata dalla fame, Calcutta è andata a rimorchio, per primi si sono mossi gli studenti di Krishnagar, una cittadina a cento chilometri da Calcutta, quasi al confine col Pakistan orientale. Sono andato fin là, anche per vedere l'India contadina, e mi sono reso conto che tutto il Bengala è come Calcutta, aggressivo, iracondo autonomista. Il 4 marzo gli studenti di Krishnagar protestarono contro la scarsità di riso, due chili al mese per gente che si nutre di solo riso, ed anche quei due chili introvabili per la dissennata legge sul razionamento. Quindi, chi vuole riso deve comperarlo alla borsa nera, a 250 lire al chilo, il doppio di quanto guadagna un manovale in un tjiorno. Gli studenti hanno protestato, la polizia ha sparato ed un ragazzo è stato ucciso. La folla si è scatenata, ha massacrato due poliziotti, incendiato la stazione ferroviaria ed .ilcuni treni, l'impianto telefonico, Puf ficio annonario, la Banca Nazionale. Anche a Krishnagar c'è un monumento a Chandra Bose. in gesso bianco e occhiali autentici; non c'è un monumento a Gandhi. La fame era la ragione prima della sommossa, ma il separatismo ha preso il sopravvento, com'è poi accaduto a Calcutta. All'origine della settimana dell'ira c'era la fame, poi tutto si è politicizzato, ed i partiti di sinistra hanno sfruttato l'occasione favorevole incitando alle distruzioni. Tuttavia, gli scioperi iracondi non riflettono rivendicazioni sociali, perché a Calcutta, ed in tutto il Bengala, la separazione in caste sopravvive più rigida che in ogni altro Stato dell'India. M'incuriosivano certi cumuli di tazzine di tenaglia dinanzi a covili in funzione di bar; chi beveva tè, o caffè, o anche un sorso d'acqua, distruggeva la tazza buttandola a terra e calpestandola perché nessun altro, di casta inferiore, potesse servirsene e contaminare le caste superiori nei successivi contatti A Calcutta, ed anche in modesti villaggi bengalesi, esistono ancora i quartieri per gli intoccabili, ghetti immondi in cui si rinchiudono i rifiuti del la società, gli spazzini, i fabbricanti di combustibile, clic impastano con paglia lo sterco delle vacche randagc, anche il facchino del mio albergo, quel lo che lava i pavimenti ed il resto. Gandhi ha lottato per abbattere queste barriere di classe, ma a Calcutta, la città più sensibile, pronta, intelligente dell'India, la mentalità castale sopravvive con immutato rigore. Domando ad un collega di Calcutta se lo spirilo di Gandhi, la sua concezione politica c filolofica siano ancora operanti in India. Scuote il capo, ilice che la dottrina di Gandhi non può aver valore in una società dominata da preoccupazioni tecnologiche, da sovrastrutture burocratiche fradicc di corruzione, da questioni di prestigio che implicano il ricorso alla forza, e fanno spendere in armi il denaro che occorrerebbe per comperare il riso e il grano necessario a sfamare milioni di indiani, a costruire scuole per milioni di bambini analfabeti, ospedali per milioni di malati senza cure. Il discorso si amplia, dai sanguinosi sussulti di questa città disperata, annegata nel vizio nella lame, favolosamente ricca c disperatamente povera, si allarga alla complessa situazione dell'India con 480 milioni di uomini che trascinano come un castigo il peso di una delle più antiche civiltà del mondo e non trovano la strada per inserirsi in questa nostra civiltà, forse più spoglia e banale, ma ricca di mezzi c strumenti che servono a prevenire le carestie. Un discorso da farsi a puntate. Francesco Rosso

Persone citate: Bengala, Chandra Bose, Gandhi, Park Street