La Facoltà di Scienze politiche nella riforma delle Università di Luigi Firpo

La Facoltà di Scienze politiche nella riforma delle Università Riunito oggi il Consiglio superiore delllstruMione La Facoltà di Scienze politiche nella riforma delle Università Le facoltà attuali, poche e sempre più affollate, sono rette da un ordinamento vecchio di trent'anni - Ora si attende che il progetto di riforma, accolto da larghi consensi, diventi legge - Esso prevede un biennio preparatorio e quattro specializzazioni: economica, amministrativa, storica, sociale - Risponde agli interessi della cultura e alle esigenze professionali Oggi il Consiglio Supcrio-'lire della Pubblica Istruzionelzé chiamato ad esprimere il proprio avviso sopra il più avanzato e costruttivo progetto di riforma sin qui elaborato in tenia di studi universitari. Non a caso questa priorità è toccata alle Scienze politiche. Si tratta infatti del settore in cui la trasformazione della realtà posta a oggetto della ricerca scientifica si fa di giorno in giorno più rapida, mentre i metodi d'indagine si differenziano e si affinano in tecniche sempre più capillari e complesse; per contro, le Facoltà attualmente esistenti sono ancora regolate da ordinamenti trentennali, elaborati in elima di ideologie distorte e di libertà umiliata, che miravano a formare funzionari di partito o rari aspiranti alla carriera diplomatica. Malgrado questa inadeguatezza degli ordinamenti, l'afflusso dei giovani verso gli studi di Scienze politiche segna di anno in anno un incremento di gran lunga superiore al pur notevole tasso di accrescimento gene rale della popolazione uni versitaria, segno che il mon do complesso e infinitamente vario dei problemi sollevati dalla convivenza umana desta nelle nuove generazioni un interesse sempre più vivo. Purtroppo, finora non si è saputo rispondere a questa richiesta urgente, a questa matura scelta della gioventù italiana, se non con palliativi: alla deficienza qualitativa del piano di studi anacronistico si aggiunge, infatti, la deficienza quantitativa delle Facoltà, che sono geograficamente mal distribuite, esili nelle strutture, talvolta palesemente inadeguate al compito. Sono nati così, spontanei e arbitrari, quei * corsi di laurea » in Scienze politiche in seno alle Facoltà di Giurisprudenza, che hanno sin qui cercato di supplire — spesso con lodevolissimo impegno — alla sostanziale carenza di un ordinamento generale moderno ed efficiente. Da queste esigenze è nato, attraverso un largo dibattito di opinione, il progetto ora in esame. Posto in carta da Gian franco Miglio e Giuseppe Maranini, autorevoli presidi delle Facoltà di Milano e di Firenze, confortato dai voti dell'Associazione italiana di Scienze politiche e sociali, della Società degli storici italiani, della Associazione italiana di Sociologia, discussa a tutti i livelli (compreso quello responsabilmente maturo delle organizzazioni studentesche), approvato dai presidi di tutte le Facoltà interessate e da una speciale Commissione di studio istituita presso il Consiglio Superiore, si può dire che il progetto abbia superato tutti i collaudi; e, confortato anche da una larga convergenza di adesioni politiche, sia maturo ormai per tradursi in norma vigente Nelle sue grandi linee, il progetto di riforma prevede un primo biennio comune, a struttura relativamente rigida, uniforme in tutte le Facoltà, nel quale il giovane venga introdotto, attraverso corsi a carattere prevalentemente istituzionale, nei campi fondamentali dell'indagine politico-sociale: il diritto, l'economia, la sociologia e la storia. Il secondo biennio presenterà invece spiccati caratteri di specializzazione e di scelta preferenziale. L'arco delle discipline pertinenti è così vasto, che tener fede all'uniformità del piano di studi condurrebbe a sacrificare numerose materie, che godono ormai di piena autonomia e dignità scientifica, e ad impartire ai giovani un insegnamento generico, per meri assaggi di nozioni in settori disparati. 11 progetto prevede pertanto quattro specializzazioni specifiche, secondo gli indirizzi seguenti: 1 ) politico - economico, per chi intenda operare nel campo dei rapporti politici (partiti, sindacati, organismi costituzionali e internazionali, giornalismo) e dell'economia pubblica ( macroeconomia, pianificazione, po- timHpqvtgdcccstsmdluaczcmpcmnricamcr itica economica ziaria) ; finan- 2 ) politico-amministrativo, per chi intenda assumere nelle amministrazioni puhhlichc e. internazionali quelle responsabilità, che vanno al di là delle consuete procedure formali per giungere alla valutazione del contenuto politico e sociale dell'attività dei pubblici poteri; 3) storico-politico, per chi intenda penetrare le strutture della realtà contemporanea attraverso il suo processo genetico illuminante, oppure voglia dicarsi alla ricerca e l'insegnamento della storia, utilizzando quali discipline ausiliarie fondamentali anche l'economia, la sociolo- ia e la storia delle istituzioni; 4) politico-sociale, per chi intenda approfondire la metodologia e le tecniche più recenti dell'indagine sociologica, intese al rilevamento quantitativo dei fenomeni associativi e dei loro fondamenti psicologici, in modo da giungere ad una classificazione obbiettiva e aggiornata dei comportamenti dell'uomo sociale. Contro questo progetto, certo discutibile ma che rappresenta al di là di ogni de-al- concreto avvìo di [erazionalizzazione e di am-!bdubbio un modcrnamento dell'Univer- iasità italiana, si stanno le-1 vando talune voci di aliai me, non'so se meramente conservatrici e retrive, o egoisticamente interessate a che nulla si faccia. Col pretesto che non si può riformate una Facoltà senza riformarle tutte quante, taluno ha espresso disapprovazione radicale per l'accoglimento di un indirizzo politico-amministrativo, che verrebbe ad invadere il campo specifico della Facoltà giuridica, e altri ha laIntentato l'istituzione di un indirizzo politico-economico, rivendicando alle Facoltà di economia e commercio il monopolio dell'insegna- mento delle discipline econo-'miche. i Facile sarebbe ribattere jche non si tratta di dupli- cazioni, bensì di analo-1 gie nettamente differenzia- lte. Ma, senza scendere nel merito, basta un solo argomento a convalidare la piena funzionalità del progetto: l'Italia è un paese a struttura napoleonica, centralizzato e livellatore; anche la sua Università di Stato applica schemi grammi unitari, e prò rilascia certificati ingannevolmente equipollenti. Poiché sareb- be utopistico e metastoricolauspicare anche per noi Uni versità di tipo anglosassone, l'unico correttivo sembra propno quello di ammette-1 re che un certo tipo di uo- | mo venga, formato in slam-ipi diversi, consentire cioè [che l'economista di domani, 10 storico, l'amministratore, 11 politico, possano formarsi secondo tirocinii differenziati, utilizzare esperienze e tradizioni diverse. Oltre tutto, non è certo la ventina di esami, o poco più, che uno studente universitario è chiamato a sostenere, documento sufficiente di una cultura e di una maturità professionale. Ogni uomo si forma da sé, leggendo, studiando, viven- d°. e la funzione dell'Uni versità resta essenzialmen- te °luella di una rigorosa scuola dl metodo, Differenziare ì moduli silenifica aprire tra le Facoltà un'emulazione feconda, sopprimere il monopolio nella formazione di un certo ceto dirigente, riconoscere il diritto dei giovani alle scelte spontanee. Forse inconsapevolmente, gli avversari delle riforme sono — iancora lcne diffidano una volta — della coloro libertà. Luigi Firpo

Persone citate: Giuseppe Maranini

Luoghi citati: Firenze, Italia, Milano