La riforma monetaria mondiale non ha fatto progressi a Parigi di Renato Cantoni

La riforma monetaria mondiale non ha fatto progressi a Parigi Conclusa la riunione del «Club dei dieci » La riforma monetaria mondiale non ha fatto progressi a Parigi L'attuale sistema, che affianca all'oro il dollaro e la sterlina per i pagamenti internazionali, è alla base del rilancio economico post-bellico Parigi insiste sui pericoli d'inflazione e chiede il ritorno all'oro, come unica unità di riserva - Le banche centrali dimostrano un sincero spirito di collaborazione, ma le divergenze politiche ostacolano un accordo La riunione del « Club dei Dieci » si è conclusa ieri a Parigi con un nulla di fatto. Si doveva preparare un progetto di base per la conferenza, a livello anche politico, prevista a Washington nel prossimo aprile. Ciò al fine di portare innanzi quella riforma dell'attuale sistema dei pagamenti internazionali che dovrebbe essere discussa in settembre dall'assemblea annuale del Fondo monetario internazionale. Questo calendario interlocutorio era stato stabilito lo scorso settembre al Fmi, considerate le divergenze di vedute esistenti fra i principali delegati. Quale strada si è percorsa in questi ultimi sei mesi per avvicinare le tesi in contrasto? E' necessario ricordare brevemente che le divergen ze più accese riguardano gli Stati Uniti e la Francia. I primi, promotori assieme alla Gran Bretagna degli ac cordi di Bretton Woods del 1944, sostengono la piena validità dell'attuale sistema del « Gold Exchange Stan dard », che è stato alla base del rilancio economico mon diale e che ha rappresentato un deciso baluardo contro le oscillazioni e le avventure delle più importanti monete mondiali. I francesi invece, sulla scia delle profezie li Jacques Rueff, sostengono che il sistema di aggiungere all'oro anche due monete di riserva (dollaro e sterlina) ha dato benefici effetti solo in un primo tempo, mentre successivamente ha favorito una continua spirale inflazionistica per un eccesso di liquidità circolante nel mondo. Hanno perciò chiesto un ritorno al tallone oro, « Gold Standard », oppure una riforma sostan ziale dei mezzi di pagamen to internazionali tale da mettere in condizioni di parità i dieci Paesi a valuta forte, componenti il citato « Club dei Dieci », quando si tratta di prendere decisioni in merito alla nuova liquidità da immettere sui mercati o alla politica monetaria da impostare per gli anni futuri. Le decisioni del « Club dei Dieci » devono essere prese all'unanimità e questo rappresenterebbe una grossa remora alla politica degli Stati Uniti che finora si è basata sul Fondo monetario internazionale cui partecipano numerosissimi paesi e fra questi molti in via di sviluppo. Recentemente gli Stati Uniti sono stati accusati di controllare praticamente la maggioranza del Fmi ed è per questo che Washington e la direzione del Fmi hanno proposto una ridistribuzione delle quote di partecipazione del fondo stesso in modo che non vi sia una maggioranza precostituita. Questo al fine di conservare l'attuale organizzazione e di ricercare all'interno delle istituzioni esistenti la soluzione al problema della liquidità internazionale. Sul piano tecnico si potrebbe giungere facilmente a un compromesso e tenere in efficienza il Fmi. Le Banche centrali dei « Dieci » hanno già dimostrato in diverse occasioni i loro stretti legami e un sincero spirito di collaborazione. Ma una concreta riforma monetaria abbisogna anche di una partecipazione politica e qui le cose si complicano. Per immettere nuova liquidità dovrebbero essere controllate le situazioni monetarie dei paesi appartenenti al « Club dei Dieci » e stabilire quali sono le quote aggiuntive di cui essi possono disporre. In questo caso gli Stati Uniti e la Gran Bretagna vedrebbero controllate le loro possibilità di emissione di moneta di riserva: ne deriverebbe soprattutto una limitazione del dollaro nella « leadership » monetaria mondiale. Questa tesi è caldeggiata dalla Francia che temporeggia su tutto il resto nella speranza di una « stretta » cha obblighi gli altri paesi ampdèdi rtSmWdmrtlsvdaps a urgentissime misure riformatrici. Le cose stanno a questo punto e un ennesimo rinvio di una soluzione negoziata è, purtroppo, di notevole danno in un momento in cui i problemi monetari stanno riprendendo il ruolo di protagonisti, soprattutto negli Stati Uniti, come è confermato dai recenti ribassi a Wall Street e dall'aumento del costo del denaro sui mercati americani e dell'eurodollaro. Nulla di drammatico, per ora, perché vi sono liquidità e riserve più che sufficienti per impedire avventure inflazionistiche e deflazionistiche di grande ampiezza, ma grosse nubi permangono all'orizzonte e si fanno via via più fitte. Renato Cantoni

Persone citate: Jacques Rueff, Woods