Avventuroso viaggio attraverso la giungla per distribuire viveri ai villaggi affamati

Avventuroso viaggio attraverso la giungla per distribuire viveri ai villaggi affamati Il nostro inviato con la «colonna motorizzata» di padre Mantovani Avventuroso viaggio attraverso la giungla per distribuire viveri ai villaggi affamati Il convoglio (tre auto e due camion caricati all'inverosimile) si muove all'alba - Prima tappa, Tambaram - La popolazione non è andata a dormire per aspettarci - Quando arriviamo siamo presi d'assalto : uomini, donne, bambini cercano di strapparci una scatola di latte o un biscotto - Sudati e stracciati riusciamo infine a placarli e a fare la distribuzione - Poi si riparte - Percorriamo decine di miglia e giungiamo a Chingapur : centinaia di persone s'inginocchiano, cercano di baciarci, levano inni di ringraziamento e benedizione - La folle corsa continua, ovunque è lo stesso spettacolo - Un villaggio dell'interno non è raggiungibile dai camion : scarichiamo la merce e proseguiamo a piedi attraverso la folta vegetazione - A Palor troviamo due missionari : don Villanova, di Treviso, e don Zola, di Biella - Sono soli con 60 mila persone da assistere e non hanno più nulla - Distribuiamo gli ultimi viveri e poi fuggiamo verso Madras: siamo a casa, dopo 24 ore di corse attraverso la giungla (Dal nostro Inviato speciale) Madras, 8 marzo. Alle sei del mattino cominciavamo già a renderci conto che avremmo potuto raggiungere solo una minima parte degli obbiettivi che ci eravamo proposti nell'interno dello Stato di Madras. La colonna composta da tre auto e due camion che eravamo riusciti ad accopparrarci la sera prima e che durante la notte avevamo caricato oltre ogni limite consentito con le cassette de « La Stampa » aveva lasciato la città brulicante di ombre bianche nella notte/ ed era alla sua prima tappa di Tambaram. Nel villaggio, ad una ventina di miglia a sud di Madras, la popolazione che aveva vegliato in attesa ci ha semplicemente assaliti, ed oltre al prestigio di padre Mantovani c'è voluta molta forza fisica per respingere la marea degli uomini più vigorosi che travolgendo vecchi, donne e bambini, tentavano di strappare un biscotto ed una scatoletta. Alla fine, sudati, insozzati e stracciati anche noi, siamo riusciti a comporre una fila, a dare soprattutto a coloro che per ricevere non potevano stendere altro che moncherini, a madri scarne più dei piccoli stretti al collo, ai bimbi dal corpo scheletrico e dal ventre gonfio. Ma per partire, abbiamo dovuto rompere un'altra volta un accerchiamento ' pauroso, a rischio di metter sotto qualcuno: altrimenti, la nostra spedizione sarebbe finita a Tambaram. Abbiamo perso due ore invece dei dieci minuti previsti ed ora corriamo aggrappati ài sedili delle macchine guidate dai più incoscienti autisti del mondo, verso sud. per altre decine di miglia, lungo la stretta striscia di asfalto che sembra non trovar mai la campagna, snodarsi sempre attraverso un susseguirai di tuguri formicolanti che d'improvviso si riuniscono, esplodono ih un'altra distesa umana. Siamo a Chingapur, trentacinquemila abitanti in teoria, in pratica chissà quanti, entriamo, nella spianata della missione dóve don i tremila allievi delle loro scuole sono ad attenderai il padre salesiano Adaikalasamy con due suoi colleglla ed otto suore, tutti indiani di Sant'Anna della Provvidenza (fondata dalla marchesa di Barolo, di cui Don Bosco fu cappellano). Gente che si inginocchia, che tenta di baciarci le mani, che moltiplica i canti, i saluti, i vanakkana o grazie La preghiera dei bramini Il tempo di scaricare, e via sempre di corsa, fino a Mahabalipuram, una visione di bellezza che mozza il fiato, un insieme di templi che risalgono all'epoca di Carlo Magno, con piazze popolate da elefanti, leoni, figure umane in granito in grandezza naturale, con un bassorilievo scavato nella roccia, lungo una trentina di metri, alto una decina, un mirabile susseguirsi di persóne e fiere. E non ho tempo di a\arci un'occhiata: oi attendono in un ammasso di capanne all'entrata, ed è la stessa scena di Tambaram', anzi peggio, perché c'è una scuola u'eina, ed a quelli che ne hanno diritto — tutti come sempre senza alcuna distinzione di fede, cattolici o indù o musulmani.— si uniscono, appena si accorgono che c'è una distribuitone, gii allievi che erompono a frotte, a decine, a centinaia, travolgendo gli insegnanti per ingozzarsi con i biscotti, per mangiare il latte a manciate. Come distinguere tra chi ha più e meno fame: dobbiamo dare anche a loro, rimettendoci ai maestri ai quali consegniamo una decina di cassette: quando ripartiamo, gli insegnanti sono riuniti insieme, gruppo di candidi drappi sullo sfondo del favoloso bassorilievo che testimonia l'antichissima civile grandezza dell'India: hanno tutti le mani giunte nel segno del ringraziamento. Ora ci addentriamo nell'interno, nel cuore del paese. Arriviamo in un villaggio dove di cristiani non ce n'è uno, in un'ondulata pianura aggraziata di filari di palme. Ci arrestiamo perplessi, nel timore di disturbare: su una piccola altura bramini bianco-vestiti sono intenti ad' una cerimonia purificatrice: hanno steso lunghi teli bianchi in terra, stanno preparando il loro incenso che è un misto di carburo e gusci di noci, hanno il gallo che tra poco, sarai sgozzato ..inonore del dio. . Ma la popolazione, ch'è riunita lontano a rispettosa distanza, non ha perplessità, ci corre intorno, ci assedia al solito, prende e ringrazia, chiedendo una benedizione non solo al Guru vero, padre Mantovani, ma anche a Afoisio ed a me. Anche questa è nuova ma bisogna stare al giuoco. Otto suore senza cibo E via ancora, verso occidente di sicuro, ma non so più . di preciso, .fino ad un centro che si chiama Wandiwash. Qui la fame non la soffrono solo gli abitanti ma anche coloro che li soccorrono: le otto suore indiane del Terzo Ordine francescano si precipitano ad infilarsi le loro candide impeccabili cuffie ma non a mettersi le scarpe perché non le hanno. Il loro cibo quotidiano, non sempre sicuro, lo vedo con i miei occhi: un misurino grande un bicchiere da vermut pieno di riso, quando il riso c'è, due volte al giorno: niente, niente altro, nemmeno frutta perche perfino la banana costa troppo. Sono disperate perché ci vedono stanchi, prostrati dalla fatica e dal calore, vorrebbero offrirci qualcosa, e non hanno niente, niente: sono felici quando riescono a trovare una noce di cocco col suo tiepido, dolciastro liquido che Aloisio ed io mandiamo giù a viva forza per farle contente. Ma le loro duecento ragazze, quasi tutte orfanelle abbandonate, anche se magre, fanno lo stesso la loro brava figura con i loro restiti™ poteri ma lindi, composte anche nel momento di mettere mano ai pacchetti, a mangiare piano i , biscotti. La madre superiora, dolce come il suo nome di Little Flower piccolo fiore, mi bisbiglia piano di chiedere ai nostri lettori di mandarle una cosa che le farebbe tanto, tanto piacere, gli stracci più consunti che le donne italiane buttano via. Superiamo ora qualche altura, dobbiamo arrivare ad un villaggio per una pista che i camion non possono raggiungere, scarichiamo, arruoliamo sul posto una ventina di portatori (non ci so no problemi di trovar braccia in India), ci arrampi chiamo per un sentiero fi no ai gruppo di tuguri apren deci il passo tra la vegeta «ione lussureggiante in ma zo alla quale — ci incora? già divertito padre Manto vani — pullulano i cobra Dall'alto la gente ci deve auar visto arreyneare, ma nes¬ suno si muove: ci sono solo vecchi cadenti, poche donne, molti bambini piccoli, chi ha la forza e l'età è fuori, lontano a cercare cibo, questi non ce la fanno nemmeno ad alzarsi. Bisogna distribuire passando di capanna in capanna tra il lezzo orrendo. Ora, addentrandoci sempre ■più, il paesaggio cambia ' di colpo, diventerebbe quello a nei familiare delle risaie se non ci fossero file di palme tra i solchi e se in una confusione irreale non si alternassero' i quadrati àncora allagati, quelli dove file di donne stanno provvedendo al trapianto, altri dove le pianticelle sono già grandi ed altri infine dove le spighe sono già state raccolte e si provvede a trebbiare col giro paziente dei buoi che rompono intorno le spighe, pestandole. Quando lungo la strada non passa una rara automobile, la scena è identica a quella che doveva apparire quando fioriva la splendida di templi Mahabalipuram: durante questa corsa di ottocento chilometri, non vedo un solo trattore, gli uomini sono intenti al lavoro guidando buoi e bufali dalle corna policrome o portando loro in bilico sulla testa incredibili carichi o impugnando aratri che sono pezzi di legno con un chiodo. Solitamente questa risaia è una zona fortunata, i piccoli proprietari riescono a sfamarsi, i braccianti sono lieti della loro paga di una rupia (centotrenta lire) al giorno per dodici ore di lavoro, un pugno di riso non manca a nessuno. Ma in questi giorni manca a molti: vedo delle pozze d'acqua che un anno fa erano rispettabili laghi; se dopo i monsoni d'estate non torneranno ad esserlo o spariranno, come si teme, la fame consueta per la maggioranza indiana si trasformerà in carestia paurosa e senea precedenti per tutti. Missionari isolati Già oggi, anche nelle campagne dove è sempre possibile arrangiarsi, la fame è una realtà atroce per i senza casta che non possiedono niente al di fuori dei loro stracci, che qualche volta impegnano anche quelli, e quando riescono ad ottenere un minimo prestito di qualche rupia cadono preda di quella piaga dell'India che sono gli usurai. Ed è logicamente a costoro che dedicano prevalentemente le loro cure di anime e di corpi i missionari salesiani come questi che troviamo a Palor, un grosso centro duecento chilometri nell'interno da Madras: il trevigiano don Venanzio Villanova e il bielle.se don Fiorenzo Zola che ha la madre ed il fratello ad Ivrea. Sono due pezzi d'uomo grandi e forti: «Facciamo quel che possiamo nella zona affidataci, ma siamo soli tra almeno sessantaraila persone e non abbiamo mezzi: ora, ringraziando le. Di¬ vina Provvidenza, vedremo di scegliere fra t tanti in disperata miseria qualche miglialo di quelli che hanno più fame ». E levano di mano le cassette a quelli che le stanno scaricando: vogliono prenderle con le loro braccia, ammucchiarle piano nella loro povera casa, contare meticolosamente scatolette e pacchetti, già parlottando su come e a chi provvedere fin da ' domani all'alba. Il ritorno nella notte Intanto è caduta la notte; e mai l'oscurità mi e stata tanto gradita poiché ^all'uscita dalla missione e tutto un affollarsi di gente che tende una mano battendosi con l'altra il ventre, ad indicare che è vuoto, le macchine ed i camion sono altrettanto vuoti, senza più una briciola di niente. Fuggiamo verso Madras, e per fare i duecento chilometri di strada ci vogliono sei ore, per evitare la gente che girovaga o è stesa in ogni dove, sempre più finché si arriva alla sterminata periferia, della città, tra la folla formicolante nella prima luce rossastra che avvampa dal Golfo del Bengala. Storditi dalla stanchezza, tentiamo di comprendere bene i telegrammi che troviamo in albergo: un aereo che doveva arrivare ieri giungerà a causa di un'avaria soltanto oggi; ma un altro deve essere a Madras in mattinata (e ci sarà infatti alle dieci e trenta locali al comando del capitano Sturner) mentre un terzo è previsto per domattina. I cronisti indiami che mi subissano di telefonate non riescono a raccapezzarsi, specie quando sentono che altri due aerei della Transltalia sono uno già arrivato ieri uno in arrivo domani per Bombay: la notizia ci viene data dal presidente della Transitalia, senatore Magliano, che, partendo alle sei da Bombay e ripartendo da Madras alle quindici, è voluto venire anche qui a portare un saluto di Torino a queste autorità indiane, ad assistere alle distribuzioni sempre in corso, a rendersi conto della situazione di una città dove non passa giorno senza che qualcuno muoia di fame. Non ho potuto accompagnarlo perché dovevo cominciare a stendere queste note: ma eccolo qui di ritorno, commosso, accasciato, travolto da quanto ha visto. Né fra noi né per nessuna persona ragionevole al mondo c'è bisogno di molte parole per concordare sul giudizio: il problema della miseria in questo immenso paese non è di oggi, ma di oggi, in seguito allo scarso raccolto (e le cifre sono quelle fornitemi dalla più competente e responsabile autorità, il ministro dell'Alimentazione ed Agricoltura dell'intera India, signor Subramaniam), il problema della fame per intere masse mentre si profila per il domani, se l'andamento stagionale dovesse rivelarsi ancora negativo, lo spettro dì una carestia sema precedenti. In questo quadro, chi come i lettori de «La Stampa» ha dato può solo rallegrarsi del suo gesto di solidarietà umana, accettare di cuore il vanakkana, il grazie che da tanti adorni ci sentiamo ripetere do tante decine di migliaia di affamati. Giovanni Giovanninì ■ Trivandrunrx 1CEYLON:

Luoghi citati: Barolo, Biella, India, Ivrea, Torino, Treviso