Il «partito» dei filosoli vinse con l'Enciclopedia

Il «partito» dei filosoli vinse con l'Enciclopedia Imposero all'Europa la civiltà modèrna Il «partito» dei filosoli vinse con l'Enciclopedia L'Enciclopedia, capolavoro dell' illuminismo, è da una ventina d'anni al centro di un rinnovato interesse storiografico: e basterà citare la recente, aggiornatissima riedizione, ad opera di Einaudi, dell'ormai classico libro di Franco Venturi su Le origini dell'Enciclopedia. Non è senza significato che,, su un piano seriamente divulgativo, oggi Feltrinelli pubblichi, nella « Universale economica », un'antologia della Enciclopedia a cura di Alain Pons, e Laterza, nella sua « Universale^, una raccolta di pagine di d'Alembert e Diderot, a cura di Paolo Casini. Fu, com'è noto, il genio organizzativo di Diderot a dare, verso la metà del Settecento, un valore ideale radicalmente nuovo a quella che fu, prima di tutto, una mirabile impresa commerciale, e a trasformarla in una grande avventura politica. La storia di que sta battaglia memoranda, di questa tensione di pensiero che diventa forza operante, di questo rapporto fra lumi e la vita politica, so ciale, economica del secolo, ci è stata narrata con dovizia di particolari, alcuni anni fa, da Furio Diaz, nel suo bel libro Filosofia e po litica nel Settecento francese (ed. Einaudi). Nacque allora, con l'En ciclopedia, il « partito » dei filosofi, degli « empi » scrii tori contro ciu gesuiti e giansenisti, pur divisi co m'erano fra loro da annose controversie, fecero fronte comune. E fu, per l'appunto uno scontrò frontale, un urto di ideologie e di siste mi contrapposti. Il partito clericale non tardò a denun ciare il pericolo per « la religione e ì buoni costumi », e dunque per lo Stato, ìnsito nelle voci della grande Enciclopedia. La grande impresa ebbe cosi le sue gravissime crisi (una pri ma nel 1752, un'altra nel 1759) ; e se riuscì, non ostante tutto, a salvarsi, fu anche perché potè contare, nei momenti più difficili, sull'atteggiamento tollerante e illuminato di una parte della stessa classe diri gente. Malesherbes è l'esempio più illustre di queste segre te compiacenze; ma non si possono trascurare altre occulte simpatie e solidarietà nel seno stesso dell'antico regime ormai avviato a una fatale disgregazione. Gli illuministi seppero incunear si nelle prime crepe del crollante edificio, infondere un'energia nuova nella vec chia Europa. Per questo Tocqueville disse, a ragione, che gli scrittori « a un certo momento si trovarono al posto che di solito, nei pae si liberi, occupano i capipartito ». Grande fu lo stupore del i miniesdtplvndvszdePRfsddnaeald«didazdsnlstnpubblico, all'apparire dei I primi due volumi dell'Enei clopedia. Ci si aspettava un dizionario che si limitasse a elencare le conoscenze in ogni ramo dello scibile. Ed ecco, invece, sotto dissimulate apparenze, un appello all'opinione, una vera e propria « macchina di guerra », un risoluto tentativo di inserire nuove idee nella realtà del mondo. Allo stupore seguì ben presto il furore. Si imprecò alla « lingua da briganti » dei subdoli novatori, al loro spirito sovversivo di « cosmopoliti » e di « filoprussiani » durante la guerra dei Sette anni, ai loro «paradossi» e «sofismi»; li si bollò come « cattivi cittadini » (e un ispettore di polizia definiva Diderot «uomo molto pericoloso»), come perfidi esseri che tenevano nascosto sotto la lingua un veleno terribile. Diderot, impavido ed entusiasta, in uno dei momenti più critici confidava a Voltaire: «Alibandonare l'opera, significa voltare le spalle sulla breccia e fare ciò che desiderano i mascalzoni da cui siamo per seguitati... Cosa fare, dun que? Quello che si convie ne a uomini coraggiosi: disprezzare i nostri nemici, e profittare, come abbiamo fatto dell'imbecillità dei nostri censori ». Più tardi, nel ripensare con un certo orgo glio fiUc molte battaglie so stonile pe;1ì dirà: « Noi ab biamo avuto per nemici di chiarati la corte, i grandi, i l i militari, i preti, la polizia, i magistrati, i letterati che non cooperavano alla nostra impresa, la gente per bene, e tutti quei cittadini che si erano lasciati trascinare dalla moltitudine ». D'Alembert, più prudente e riflessivo, a un certo punto aveva abbandonato l'impresa. A lungo egli aveva sperato nei « grandi », e nell'assolutismo illuminato di un monarca disposto a valersi dell'opera dei philosophes. Ma questa cooperazione, o simbiosi, che pur doveva prodursi altrove — e si pensi a Federico il di Prussia, o a Caterina II di Russia —, in Francia non fu possibile. E, forse fu questa la principale ragione dello sfiduciato distacco di d'Alembert. IT più energico Diderot ne trasse invece l'incentivo a sviluppare il movimento enciclopedista come forza autonoma e dirompente. Se la monarchia non assecondava l'impulso novatore e « vitalistico » di Diderot e degli altri, bisognava avere il coraggio di far da soli, di spingere la rivolta fino alle sue ultime conseguenze. L'idea del giovane Diderot, che meglio sarebbe stato tacere, piuttosto che non poter parlare della religione e del governo, era stata fatta propria da tutto un gruppo di intellettuali. Questa fu la forza autonoma ed eversiva dell'Enciclopedia, la sua missione storica. Un'altra sua essenziale caratteristica (e ben lo rivelano le due antologie) fu la grande importanza da essa data all'economia, alle « arti pratiche » o industrie, alla tecnica, al lavoro umano in genere. Di qui la sua modernità il suo interesse per noi. Come ha detto bene il Diaz, la sua lezione « è sentita oggi... come mo dello di concretezza... nello sforzo di unire la ragione all'esperienza, al fine di far servire ogni campo del sapere al pratico progresso degli uomini ». Non ci sentiamo invece di aderire all'opinione di colo ro che troppo schematica mente affermano che Tuo mo dell'Enciclopedia è il « borghese », e che essa ha rivelato lo spirito, gli inte ressi, le rivendicazioni di una classe in ascesa. Certamente, in essa si riflettono interessi e ideali della classe che sarebbe uscita vittoriosa dalla grande rivoluzione; ma essa non fu il programma di una classe: seppe invece assumere un tono universalmente umano. Come del resto un grande storico, Georges Lefebvre disse della francese Dichiarazione dei diritti del 1789, che può ben conside rarsi il compimento dell'Enciclopedia, la sua ideale rivincita. Questo essa fu, sopra tut- fi I to : un complesso di idee ge e n d o , nerali, che fermentarono, e incisero sulla realtà; una philosophie pratique, come gli illuministi pretendevano. E in ciò risiede il suo perenne insegnamento. Lo ha detto Paolo Alatri, in testa al suo libro Voltaire, Diderot e il « partito filoso- fico» (ediz. D'Anna), che chiaramente riassume i te mi appena toccati da questa nostra rassegna: « Non sen za ragione, in un mondo ancora sconvolto da rinnovate barbarie reazionarie o con formiste, nazionalistiche o razzistiche, si è prospettata l'esigenza di un neo-illuminismo, di un nuovo appello alla ragione; e di fatto tale appello è venuto, non senza effetti per le sorti dell'urna nità, da parte degli spiriti più lucidi ,e più responsabili del nostro tempo ». A. Galante Garrone Enciclopedia, a cura di Alain Pons, Feltrinelli, pag. 607, lire 1400. - D'ALEMBERT - DIDEROT: La filosofia dell'Enciclopédie, Laterza, pag. 281, lire 900. - P. ALATRI: Voltaire, Diderot e il « partito filosofico ». Ed D'Anna, pag. 490. Uro 3000.

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