«Croce ci ha spiegato perché amiamo la libertà»

«Croce ci ha spiegato perché amiamo la libertà» Il maestro di vita commemorato da Saragat «Croce ci ha spiegato perché amiamo la libertà» Il Presidente della Repubblica nella sua ispirata allocuzione ha illustrato nei molteplici aspetti la figura di «questo grande italiano, che contribuì più di ogni altro a risvegliare la coscienza della nazione agli ideali che presiedono la vita degli individui e dei popoli» - L'oratore ha ricordato con commozione un incontro personale con il filosofo negli anni cupi dell'oppressione fascista - «Nessuno più di lui ha lottato con maggiore consapevolezza contro la dittatura per la rinascita dell'Italia» Nostro servizio particolare Napoli, lunedi mattina. 11 presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, ha rievocato ieri, al teatro « San Carlo » nel centenario della nascita e nel quattordicesimo anniversario della morte, la figura di Benedetto Croce per onorare in lui, nella sua qualità di rappresentante del Popolo italiano, l'interprete più autorevole della nostra tradizione culturale, il coraggioso assertore della religione della libertà, il maestro di democrazia e di umanismo. Della sua grande lezione di vita morale, di onestà intellettuale e di meravigliosa operosità il capo dello Stato ha evocato gli aspetti fondamentali insieme con i principi di un'opera che è altissimo e valido strumento di educazione civile. « La commemorazione di questo grande italiano che contribuì più d'ogni altro a risvegliare la coscienza della nazione ai grandi ideali che presiedono alla vita degli individui e dei popoli, non-poneva aver-luogo— ha esordito'Saragat — se non a Napoli, che fu la città dove compose la monumentale opera sua e che egli amò di un amore profondo. Ma è l'Italia tutta, senza distinzione di parte politica o di scuola o di indirizzo di pensiero, che onora oggi la memoria di Benedetto Croce >. <II debito di gratitudine degli uomini del nostro tempo verso Croce è immenso, per ciò che egli ha rappresentato, per il bene che ci ha fatto, per l'esempio che ci ha dato, per lo stile di vita che ci ha suggerito. Croce non ci ha insegnato ad amare la libertà — la libertà si ama o si odia indipendentemente da ogni dottrina — ma ci ha spiegato perché la armano. La sua è una lezione di vita morale, di onestà intellettuale, di stupenda operosità >. < La glande prosa crociana— ha detto Saragat — è passata come un soffio di aria pura nell'atmosfera greve di un'Italia che, dopo l'altezza morale del Risorgimento e le delusioni succedute alla compiuta unità, si lasciava ingannare prima dalla fastosa opulenza d'una letteratura decadente, per finire poi avvolta nelle spire della bolsa retorica della dittatura. La grande prosa crociana ci ha portato un'altissima -parola di. libertà, di nobiltà intellettuale e morale, di umanità, ricollegandosi, rinnovandola, alla grande tradizione italiana, europea e classica >. Il Capo dello Stato è poi passato a parlare dell'attività politica di Croce. « Alle prime manifestazioni della dittatura, egli che viveva in una città in cui tutto si umanizza, oppose la speranza che il fenomeno fosse più blando di quale poi si dimostrò. Ma fu un'incertezza di breve durata. Il giudizio di Antonio Gramsci mostra, subito dopo, Benedetto Croce come punto di riferimento per coloro che resistono e che attingono forza interiore dalla sua certezza che " il male metafisicamente non può prevalere e che la storia è razionalità". « Quando, nel 1938, leggevamo la «Storia come pensiero e come azione » — ha detto il presidente della Repubblica — in cui hanno particolare rilievo le considerazioni di Croce sull'attività morale come potenza armonizzatrice delle altre potenze del fare umano, avevamo dinanzi agli occhi la prova terrificante di quella verità. Le forze del male che prendevano possesso dell'Europa traevano la loro forza dalla rottura del patto umano che porta con sé la corruzione di ogni ideale, anche del più sacro. La meditazione delle opere di Croce ci consenti di salvare, nella lotta, proprio quei valori di umanità che avrebbero permesso di ricostruire il mondo dopo tante rovine. « Da allora, — ha sottolineato Saragat — cresce il furore della dittatura verso Croce e, insieme, grandeggia l'esempio d'intransigenza che egli dà. Era un maestro e una guida e diventò anche un simbolo. Di Croce, su invito di Giovanni Amendola, è la risposta degli intellettuali antifascisti al manifesto fascista. Così egli fu per tutti gli antifascisti, esuli, carcerati o confinati; fu per tutti, e specialmente per i giovani, una bandiera. « Fu la coscienza dell'Italia, ufficio che ben si addice ad un filosofo e a un uomo di vera e immensa cultura. Fu la voce, il sentimento e il tormento di questa coscienza; la pietra di paragone sulla quale potè saggiarsi e misurarsi ciò che era con ciò che doveva essere, l'irrazionalità con la ragione, il delirio con la saggezza, la tristizia dei fatti e degli uomini con la più nobile e irriducibile rivendicazione dell'istanza morale ». «E* un punto questo — ha detto Saragat — che deve essere particolarmente sottolineato per il significato di antitesi che la figura e l'opera di Croce ebbero rispetto al fascismo, al fascismo imperante. La sua presenza fu una specie di contestazione permanente della realtà della dittatura in tutti i suoi aspetti, e la contestazione nasceva da quella che egli stesso chiamò la religione della libertà». Il Presidente ha aggiunto che proprio per questo si riunirono intorno a lui uomini, soprattutto giovani, di diversa provenienza; per questo si può dire che « nessuno più di lui, nel ventennio che va dal 1925 al 1945, ha lottato con maggiore consapevolezza nel campo della cultura contro la dittatura, contro una guerra funesta e per la rinascita dell'Italia nella libertà ». « E' in questo ventennio che appaiono le grandi opere storiche: "La storia dell'Europa nel secolo XIX", la "Storia d'Italia dal 1871 al 1915", la " Storia come pensiero e come azione ". Ogni libro è una vittoriosa battaglia per la libertà. La cultura per merito di Croce prese contatto vivo con la realtà storica del moménto, suggerendo quell'unione di spiriti che sotto la guida di Croce si stabilì tra lavoratori, politici ed intellettuali per salvare prima e ricostruire poi l'Italia ». Il Presidente Ita quindi messo in rilievo che dopo il crollo del fascismo, Croce non ricusò i doveri contratti verso la nazioyie spaventosamente provata; fu ministro, consultore nazionale, costituente; ma se accettò i doveri, non accettò gli speciali onori che gli vennero offerti. E ciò offre, di lui, un tratto caratteristico. « L'etica crociana, affermando che la morale è al centro della storia, affratella tutti gli uomini di buona volontà sensibili ai valori della cultura. E' nella affermazione di questo principio fondamentale che uomini di diverse tendenze filosofiche, di fedi diverse, di principii politici diversi, sono oggi riuniti per onorare Benedetto Croce. Nel suo saggio « Perché non possiamo non dirci cristiani », egli scrisse: « Il Cristianesimo è stata la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai compiu ta... la ragione di ciò è che la rivoluzione cristiana opera nel centro dell'anima, nella coscienza morale ». « E' lo stesso sentimento della comunione degli uomini di buona volontà — ha osservato ancora il Presidente della Repubblica — che conduce Croce a pensare possibile e fecondo l'incontro tra coloro che militano in partiti politaci diversi e la comune difesa della libertà politica e delle istituzioni che la garantisco no. Il riferimento gli era of ferto, allora, dalla storia dell'Inghilterra; la conferma gli viene oggi dalla storia dell'Italia in questo ultimo ventennio e ne sarà ancor più i prova la storia a venire se I resteremo fedeli all'insegnaI mento di Benedetto Croce. «Ma accanto all'opera del | filosofo ci è cara la figura ì dell'uomo, quale ci avvenne di coglierla, allorché ci fu da 'to di avvicinarlo: la sua se¬ renità, la sua umanità. Anche per questo si è potuto parlare di Croce non come di uno scomparso, bensì di un vivente, ricordando la sua opera immortale ». Concludendo il suo discorso, il Presidente della Repubblica ha ricordato le personeche coltivano il ricordo di Croce e ne tramandano l'eredità spirituale: le figlie di lui. Elena, Alda, Lidia e Silvia; i discepoli; le istituzioni legate al suo nome: l'i Istituto di studi storici » diretto da Raffaele Mattioli e la «Fondazione biblioteca Benedetto Croce »,-diretta da Alda Croce. Ad essi è legato il prò grammo di fare sempre più vastamente e profondamente, conoscere l'opera del filosofo r. s. Il Presidente della Repubblica pronuncia il discorso celebrativo di Croce. Presso Saragat, le più alte cariche dello Stato (Telefoto)