Viaggio in un mondo di dolore dove non c'è più posto per la speranza di Francesco Rosso

Viaggio in un mondo di dolore dove non c'è più posto per la speranza Viaggio in un mondo di dolore dove non c'è più posto per la speranza (Dal nostro inviato speciale) Bombay, 23 febbraio. Questo viaggio attraverso la pietà non avrà più fine. Ho la sensazione di scendere in una voragine senza fondo. Poiché crede che la vista di bambini derelitti consunti deformi possa avermi già troppo sconvolto, padre Maschio prende un'altra via ma ancor più orrenda, la via della lebbra. Se a furia di vedere casi pietosi la mia sensibilità alla sofferenza si fosse attutita, questa è una bella sferzata perché di tutti i mali la lebbra è il più repugnante. Ma padre Maschio vuole darmi anche questa prova, devo vedere come distribuisce il latte inviato dai lettori de « La Stampa » : non sono qui per questo? Così andiamo al lebbrosario dove oltre cinquecento sciagurati attendono la fine dopo aver perduto a pezzo a pezzo il corpo corroso. I soliti uomini scaricano le scatole di latte condensato dal camioncino e le ammucchiano in un cortile. Uno degli assistenti chiama gruppi di malati, i meno mutilati, e li dispone intorno ai pacchi che recano la scritta: « I lettori de " La Stampa " per l'India ». Questi uomini non sanno che cosa sia l'Italia, dove sia Torino, « La Stampa » : gli importa soltanto la razione di latte che domani mattina riceveranno più abbondante. Non direi che i loro volti esprimano gratitudine o qualche sentimento. Sono maschere immobili, talvolta corrose dal male, in cui non è possibile leggere nulla, nemmeno la speranza. Andando per gli orfanotrofi e gli istituti di pietà per l'infanzia abbandonata, avevo la certezza che il dono inviato dai lettori de « La Stampa » sarebbe servito a ridare vigore ad esistenze ancora recuperabili. Qui, tutte le speranze sono spente in questo immenso cimitero di morti anzitempo. Tuttavia non si può rimanere insensibili alla sofferenza di questi tronconi umani che resistono con furore agli attacchi del male e si direbbero posseduti da una rabbiosa voglia di vivere e bisogna aiutarli. Basterebbe la piccola cerimonia della consegna del latte che padre Maschio distribuisce a nome dei lettori de « La Stampa » e andarcene; ma egli insiste, mi conduce a vedere tutto, anche l'orrendo: dai padiglioni dove si sono ricostituiti nuclei famigliari dove il male si propaga di padre in figlio per contagio, ai dormitori femminili, a quelli maschili dove gli ammalati incurabili stesi su brande addossate l'una all'altra sembrano uscire da una stampa goyesca degli orrori: membra corrose, mani senza dita, volti devastati da piaghe repugnanti si agitano come in un verminaio. Sentendo l'estraneo avvicinarsi, quei corpi deturpati si agitano, cercano una posizione di decenza, accostano mani, mulilate a bocche senza labbra nel gesto gentile del ringraziamento indiano. L'assistente che ci accompagna dice che quelli ormai non danno più fastidio, sono gli altri, i ma¬ lati meno gravi a dare le maggiori preoccupazioni perché di notte fuggono dal lebbrosario nonostante la vigilanza e tornano in città a chiedere l'elemosina o a trovare i parenti. Oggi, ve ne sono 510; domani potrebbero esservene di meno o di più, a seconda di quanti ne fuggiranno o ne riprenderà la polizia. Sono particolari agghiaccianti, come tutto il mondo che mi sta attorno; persino le donne, che pur nascondendosi sotto il povero sari con un ultimo tentativo di civetteria rivelano in tutto il corpo l'orrenda devastazione provocata dal male, hanno aspetto disumano. Padre Maschio è disposto alfine ad uscire dal lebbrosario. Ora andiamo nuovamente in un istituto per bambini abbandonati, un istituto statale alla periferia di Bombay. Oltre seicento bambini dai sei anni in su trovano assistenza, ospitalità e nutrimento. Se fossimo venuti qui prima che al lebbrosario, forse avrei dimenticato questa visita. Invece, dinanzi all'estrema povertà di questi bambini, alle necessità per la loro esistenza, il ricordo di. quegli altri ammalati immersi in un abisso di orrore si attenua. La golosità con cui mangiano la cioccolata, la tenerezza con cui palpano le scatole di latte ridonano speranza. Certo quanto i lettori de « La Stampa » gli mandano non risolverà i loro problemi, questo latte è meno di una goccia nel mare di fame che dilaga sull'India, ma è un segno, un simbolo della solidarietà fra tutti gli uomini, non importa a quale razza o religione appartengano. Domani sera arriverà l'altro aereo speciale de « La Stampa ». Andremo nuovamente tutti ad attenderlo all' aeroporto e sarà ancora una festa, lunga o breve non importa, per migliaia di bambini ed anche per migliaia di ammalati che attraverso la ciotola di latte offerta dai nostri lettori sentiranno di non essere soli in questa loro bellissima e sfortunata patria flagellata dalla carestia. Francesco Rosso

Luoghi citati: Bombay, India, Italia, Torino