Come le ragazze diventano celebri

Come le ragazze diventano celebri 13ixk$ melanconiche storie Come le ragazze diventano celebri La signorina Vittoria Sala ha ricevuto, in questi giorni, sessanta proposte di matrimonio. Un plebiscito. Niente da dire: piace. Le scrivono anche dalla Germania, dalla Francia, dalla Svizzera e dall'America. Gode, insomma, di una reputazione internazionale. Da New York un ammiratore le esprime il suo apprezzamento con cartoline che riproducono la statua della Libertà. Si tratta di un idealista. Da Lorrack (Repubblica federale tedesca), un certo Rocco Marchese accompagna l'offerta con qualche referenza : « Ho vent'anni e una 1100 ». Si tratta di un pratico. Vittoria Sala non ha vinto concorsi di bellezza, non è miliardaria, non canta, è sconosciuta a Montecarlo e a Cortina. Non è amica di Karìm, non si è fidanzata con Ugo Tognazzi. Sedicenne, graziosa, ha sconvolto la fantasia di un perito industriale. I giornali la chiamano «la Lolita di Sesto San Giovanni ». Poco romantico. Il suo Humbert Humbert, Antonio Rinaldi, è un commerciante di quarantanni, padre di cinque figli, e alla ricerca dell'amore è scappato, con la tenera ninfetta, non attraverso gli « States », come le tormentate creature di Nabokov, ma a Napoli. A Venezia faceva troppo freddo. Itinerari provinciali. Alla piccina, dunque, pochi sogni, e niente pop-corn, icecream, niente motels: pizze e mozzarelle, e qualche economica pensione Eden. Bene : la nostra Vittoria è diventata celebre. Intrattiene i giornalisti, si fa fotografare, felice, mentre sfoglia la copiosa corrispondenza. Dell'antico spasimante, appena uno sgradevole ricordo : «Non lo amavo, ma ho dovuto seguirlo». Non conosco il perito industriale Rinaldi, e non so se è un Romeo; certo, la signorina Sala non è Giulietta. La fanciulla veronese palpitò, a quattordici anni, per fornire un pretesto alle parole di William Sha kespeare; Vittoria Sala è fuggita, a sedici, per dare qualche spunto ai reporters della cronaca nera. Una evasione senza dramma, senza poesia. Nel viaggio non ha smarrito l'innocenza; forse ha perduto il pudore. Non siamo dei calvinisti; si capisce: non bisogna infierire con la ragazzina, che ha mostrato più gambe che testa; ma ciò che colpisce, in queste vicende, è l'indifferenza. Vittoria Sala sta vivendo la sua grande giornata. Humbert Humbert è in prigione a Poggioreale, lei dilaga sui rotocalchi. Le arrivano, addirittura, sentite testimonianze di solidarietà. Da Udine, un innamorato-lampo la rassicura: «Fidati di me, che non sono un terrone come quello là». Con i nordici, dunque, si può andare tranquilli. Molte coetanee la invidiano: perché è diventata qualcuno. Anziane signore manifestano un irrefrenabile sdegno per il bruto che ha sporcato tanto candore: la Vittorina, dice, ha fatto viaggio per salvare la famiglia minacciata dal violento signor Rinaldi, coniugato con prole, sì, ma pure italico maschio, tentato dal « demone meridiano ». A quarant'anni, anche l'insospettabile professor Unrath del romanzo di Heinrich Mann, concupito dalla voce e dalle giarrettiere della sciantosa Loia-Loia, diventa matto e lancia, quasi un avvertimento, un lugubre « chicchiricchì ». Quarantenni, attenzione: il pollaio è in agguato. Così, per gli imprevedi bili impulsi di una certa volubile opinione pubblica, la giovinetta di Sesto diventa una specie di piccola e glo riosa vedetta lombarda, che dall'alto della raggiunta fa ma getta l'allarme per la subdola avanzata dei maturi meridionali. Lui, il perito, è uno sparviero; lei, l'impiegata, una colomba che, senza colpa, ha conosciuto le malizie della vita, e che ora è costretta ad accettare i fastidi della notorietà. E' una specie di Gigliola Cinquetti (quale profetico e liliale nome) delle dattilografe, la personalizzazione di quel gentile motivo che dice : « Non ho l'età per amarti ». La fuga a Napoli va considerata, tutt'al più, una gita di istruzione. Adesso, nella vicenda, che non ra il tono ridanciano e la crudeltà della beffa, ma solo la tristezza del mediocre intrigo, si inseriscono questi sessanta promessi sposi, che dimenticano il passato e puntano tutto sull'avvenire. Dice uno: « Sono disposto a intraprendere una relazione con te ». Filantropo. Scrive un altro: « Mandami una foto. Se mi dici di sì, entro cinque mesi è fatta ». Sbrigativo. Non parlano, con l'adolescente offesa dal peccato, un linguaggio riparatore, che la aiuti a. ritrovare il clima della purezza; c'è, in questo epistolario, la morbosità del piccante. Viene in mente la smania che travolge i grafomani che scarabocchiano, uno dietro l'altro, la loro firma sui monumenti. Questi corrisponden¬ ti vorrebbero essere, penso, tutti seguaci del bistrattato Antonio Rinaldi. Napoli chiama. La bella « rapita » di Sesto San Giovanni, fra una intervista e un verbale, è diventata un personaggio. Dal ristretto mondo dei metallurgici a quello delle pinup. Non si ribellò all'ardente « Totò », non si ribella ai flashes, e sembra che, adesso, accetti anche i consigli della madre, e che ad un eventuale buon partito preferisca un sicuro buon impiego. Va a scuola serale. Vuol aiutare i genitori. Da Vladimir Nabokov a Edmondo De Amicis. Sembra strano, ma è un passo avanti. Il gran seduttore intanto medita in carcere. Come per Casanova, come per Don Giovanni, la decadenza si accompagna alla malinconia. « Niente — è stato scritto — è più triste della morte di un amore ». Specialmente, credo, quando il funerale si svolge a cura dei carabinieri. Enzo Biagi Vittoria Sala, la sedicenne di Sesto San Giovanni