Tutto il governo, tranne De Gaulle era al corrente dell'affare Ben Barka di Sandro Volta

Tutto il governo, tranne De Gaulle era al corrente dell'affare Ben Barka Rivelazioni a Parigi sai retroscena dello scandalo Tutto il governo, tranne De Gaulle era al corrente dell'affare Ben Barka Il Generale fu informato da Michel Debré - Venne così a sapere che polizia e controspionaggio erano coinvolti nel rapimento e che il ministro dell'Interno Frey non collaborava con la giustizia - Si adirò moltissimo e decise di andare a fondo - Fu convinto a rinviare lo scandalo perché era in corso la campagna elettorale (Dal nostro corrispondente) Parigi, 24 gennaio. Il giudice Zollinger che istruisce l'affare Ben Barka, ha passato l'intera giornata interrogando l'avvocato Pierre Lemarchand, deputato del partito gollista (Unione per la nuova repubblica), diventato ormai, insieme al commissario di polizia Jean Calile, uno dei due personaggi chiave dello scandalo, che sta assumendo di giorno in giorno proporzioni sempre più clamorose. La loro chiamata in causa è la conseguenza delle dichiarazioni che J. J. Servan - Schreiber e Jacques De Rogy, rispettivamente direttore e capo dei servizi informativi del settimanale L'Express, fecero venerdì sera al giudice istruttore. Nel numero uscito oggi de L'Express, diciotto pagine sono dedicate all'inchiesta che il settimanale ha compiuto sull'affare, inchiesta che ha impedito alla polizia e a certi organi governativi di soffocarlo, e offre ora alla magistratura tutti gli elementi per fare piena luce sui fatti. Prima di riassu merne le parti essenziali, pre sentiamo rapidamente i due nuovi protagonisti, Lemarchand e Caille dei quali era stato parlato sinora soltanto di sfuggita. Pierre Lemarchand ha 40 anni ed era ancora studente di legge quando, subito dopo la guerra, si iscrisse alle organizzazioni golliste. Laureato dopo aver preso parte alla guerra di Algeria, diventò ca po di una di quelle polizie parallele che la gente chiama « Barbouzes », svolgendo un'azione illegale estremamente sanguinosa contro i terroristi dell'Oas. Un po' in questa veste e un po' come avvocato era in relazione con elementi della malavita: in quanto a Georges Figon, lo conosceva non soltanto per averlo difeso in Corte d'Assise, ma anche perché, da ragazzo, era stato suo compagno di scuola. Jean Caille ha 47 anni ed è uno dei funzionari più importanti della prefettura di polizia. Diresse le operazioni speciali contro l'Oas al tempo depli avvenimenti di Algeria, ed è uomo di fiducia di Roger Frey, in seno alla pubblica sicurezza: il ministro dell'Interno, infatti, lo riceve spesso a quattr'occhi. Oggi, avrebbe dovuto essere interrogato anche lui dal giudice istruttore, ma essendo finito molto tardi stasera l'interrogatorio di Lemarchand, il suo è stato rinviato a domattina. Uno dei documenti pubblicati dall'Express è la testimonianza di Jean Marvier, l'uomo che raccolse col magnetofono la confessione di Georges Figon, di cui abbiamo già pubblicata la parte essenziale, e che ebbe sette incontri con il gangster intellettuale durante la sua latitanza, dopo l'assassinio di Ben Barka, l'ultimo dei quali tre ore e quindici minuti prima che Figon fosse trovato morto in circostanze sospette. Jean Marvier è un giornalista, che collabora a numerose pubblicazioni, ed era stato redattore capo di un mensile di cui Figon era uno dei collaboratori. « Come posso credere che Figon si sia ucciso davanti a poliziotti in uniformet », scrive Marvier, che mette in evidenza come l'ipotesi del sui cidio contrasti con tutto ciò che Figon gli aveva detto; af ferma infatti che il latitante era terrorizzato non a causa della polizia, ma perché l'avvocato Lemarchand ed altri personaggi implicati nello scandalo gli avevano promesso mezzo milione di franchi un passaporto falso per farlo andar via senza fare rivelazioni, ed egli temeva che fosse un tranello e che volessero farlo assassinare La lunga documentazione dell'Express conferma che il ministro degli Esteri ma rocchino, generale Mohamed Oufkir, tramite il capo dei suo servizi segreti, Larbi Chtouki aveva incaricato fin dalla pri mavera scorsa agenti del ser vizio di controspionaggio fran cese, comandato dal generale Jacquier, e agenti delle polizie parallele (1 «Barbouzes») cui esponente in seno al gol lismo è il deputato Lemar chand, di rapire il capo del l'opposizione al suo governo Ben Barka, e. magari, di sop primerlo. All'operazione vennero po associati anche due agenti del la prefettura di polizia, Louis Souchon e Roger Voitot, questa partecipazione al delitto di tre diversi servizi po lizieschi, antagonisti e ostili fra di loro, è in parte all'ori gine del groviglio di contrad dizioni che ha paralizzato così a lungo l'inchiesta. Si arrivò comunque al rapimento di Ben Barka, eseguito a mezzogiorno e mezzo di venerdì 29 ottobre davanti alla brasserie Lipp a St-Germaindes-Prés. Il capo dell'opposizione marocchina fu rinchiuso in una villa della periferia parigina e pugnalato il giorno dopo personalmente dal generale Oufkir, che i sicari avevano cRgmctdfscEeraclsslgmpfstlftlimcfnoqndlcv e a o o e e chiamato telefonicamente da Rabat. Tutto questo, però, è già noto. Che cosa avvenne poi? Domenica mattina, l'agente del controspionaggio francese Antoine Lopez, che era stato uno degli esecutori materiali del fatto, informò dell'accaduto il suo superiore, maggiore Marcel Leroy, detto « Finville ». Era il giorno di Ognissanti, e Finville aspettò martedì per renderne conto ai suoi capi. Quello stesso giorno, però, anche il commissario Caille, capo deila seconda sezione alla prefettura di polizia, era stato messo al corrente dai suoi informatori, e aveva voluto avere un incontro con Figon, tramite l'avvocato Lemarchand, che li riunì nella propria abitazione. Figon gli fece allora la prima confessione. In ogni modo, quel martedì sera, 2 novembre, tutte le autorità francesi, civili e militari, seppero come si era svolto il rapimento. «II ministro dell'Interno Roger Frey — scrive l'Express — era il meglio informato di tutti. Lo era per due vie diverse: il prefetto di polizia gli aveva fatto un rapporto sulla base delle informazioni trasmesse dal commissario Caille. D'altra parte, il suo amico, il deputato Lemarchand, era andato a portargli il racconto completo di Georges Figon ». In seguito alla denuncia presentata dal fratello di Ben Barka, l'istruttoria giudiziaria venne affidata al giudice Louis Zollinger ma non furono comunicate né al ministero della Giustizia né al giudice istruttore nessuna delle informazioni in possesso del ministro dell'Interno, cosicché l'istruttoria rimase paralizzata e passò più di una settimana prima che il giudice potesse procedere contro i due poliziotti, Souchon e Voitot Per più di due mesi, d'altronde, il giudice Zollinger è stato tenuto all'oscuro di tutto. Figon era ricercato dalla polizia, su richiesta del giudice istruttore, ma potè avere nu merosi incontri col deputato Lemarchand, concedere inter viste ai giornalisti, frequentare i locai: pubblici di cui era cliente abituale senza che nessuno l'arrestasse II compenso che il generale Oufkir aveva promesso ai sicari era di circa cento milioni di lire, ma, a cose fatte. ;a promessa fu mantenuta soltanto in parte, e, in ogni caso, Figon non ebbe quanto gli spettava; di qui gli nacque quella volontà di vendetta che lo portò a fare rivelazioni a diversi giornali, riaccendendo lo scandalo che stava per essere soffocato. Da principio, il generale De Gaulle non era al corrente di nulla, e fu perciò in perfetta buona fede che, il 4 novembre scrisse alla madre di Ben Barka promettendole « il più grande vigore e ta più grande diligenza » nel proseguimento delle indagini e nella punizione dei responsabili. Però, quando il giudice istruttore chiese di interrogare il ministro degli Interni, il Consiglio dei ministri rifiutò l'autorizzazione. Finalmente, l'ex primo ministro Michel Debré, non ancora ritornato a far parte del governo, dopo avere compiuto personalmente una indagine sommaria, chiese di, essere ricevuto all'Eliseo e informò il presidente della Repubblica di quanto era accaduto. Fu allora che De Gaulle disse una frase d'argot, che è diffìcile tradurre esattamente, ma che, press'a poco, vuol dire: «C'è Qualcuno che crede di farmi fesso ». Si era però in piena campagna elettorale, e tanto Georges Pompidou quanto il segretario generale dell'Eliseo Jacques Foccard, lo convinsero che non era il momento di provocare uno scandalo. Tutto fu tenuto ancora a tacere: sol tanto con gli elementi forniti dalla confessione di Figon, pubblicata dall'Express il 10 ita gennaio, il giudice istruttore venne a conoscenza di fatti che erano risaputi da tutti, ma dei quali la polizia lo aveva tenuto fino a quel momento all'oscuro. Dette allora l'ordine che Georges Figon fosse arrestato ad ogni costo, e, questa volta, la polizia non ebbe difficoltà a trovarlo: ma lo trovarono morto e dissero che si era sui- Sandro Volta

Luoghi citati: Algeria, Parigi, Rabat