Nessuno è scampato tra i 118 a bordo dell'aereo indiano caduto sul Monte Bianco di Carlo Cavicchioli

Nessuno è scampato tra i 118 a bordo dell'aereo indiano caduto sul Monte Bianco La sciagura ieri mattina alle 8 sul versante francese Nessuno è scampato tra i 118 a bordo dell'aereo indiano caduto sul Monte Bianco L'apparecchio (un quadrireattore «Boeing 707») era partito da Bombay ed aveva fatto scalo a Nuova Delhi e Beirut - Doveva scendere a Ginevra - Tra le vittime lo scienziato atomico indiano Bhaba, l'italiano Gianni Bertoli (direttore per l'Europa della compagnia «Air India»), parecchi bambini - Morto il comandante D'Souza, secondo pilota dell'aereo che portò Paolo VI in India - Una «hostess» si è sacrificata sostituendo a Nuova Delhi una collega indisposta - L'apparecchio avrebbe urtato contro il fianco della montagna avvolta dalla nebbia - Pochi attimi prima il pilota aveva chiesto di scendere per prepararsi all'atterraggio (Dal nostro inviato speciale) Chamonix, 24 gennaio. Poco dopo le 8 di stamane parecchie persone uscite per tempo nelle strade di Chamonix hanno udito verso la vetta del Monte Bianco un rombo cupo, come di tuono. Ma sul massiccio è caduta in questi giorni molta neve e da ieri, rasserenatosi il cielo, soffia un vento impetuoso e quasi caldo che stacca dalle pareti innumerevoli valanghe. La gente non si è stupita del lontano boato e ha pensato che fosse l'eco di un'altra valanga rotolata a vallo. « Io, non so perché — ci dice il signor Arpaia, un italiano che è qui per lavoro —: ho guardato istintiva mente l'orologio. Erano le 8,02. Il rimbombo, echeggiando da un vallone all'altro, è durato qualche secondo ». Alla stessa ora, a ottanta chilometri da Chamonix, nella torre di controllo dell'aeroporto di Ginevra, i tecnici avevano perso il contatto con il « Boeing » della Air India, che avrebbe dovuto atterrare di lì a qualche minuto. Nell'ufficio radar c'era l'assistent airport manager della compagnia orientale, dottor Gosjon, che osservava allibito gli schermi indicatori. A bordo dell' apparecchio volavano il massimo scienziato atomico di Nuova Delhi, prof. Homi J. Bhaba, e il direttore della compagnia aerea per l'Europa, l'italiano Giovanni Bertoli. « E' stata data al pilota l'autorizzazione ad abbassarsi dalla quota di 9000 metri a 5700 -"ha raccontato questa sera il dott. Gosjon, che fa parte della commissione d'inchiesta inviata a Chamonix — e il pilota ha risposto "O. K". Erano le 8. Da quel momento l'aereo ha taciuto ». A Chamonix l'allarme è giunto un'ora e mezzo dopo. Il prefetto dell'Alta Savoia, Bernard Patou, ha ricevuto una comunicazione del Centro di soccorso aereo di Aixen-Provence. Il « Boeing » con centodiciotto persone a bordo era dato come disperso, e si aveva ragione di supporre che fosse precipitato sul versante sud-ovest del Monte Bianco, cioè sul versante italiano. Scattavano i dispositivi di emergenza consueti in queste circostanze. A Chamonix, sulla pista di pattinaggio si posavano tre elicotteri Alouette della Protection Civile e tre elicotteri Éikorski, più grandi, dell'esercito. Nello stesso tempo alcuni aerei francesi, italiani e svizzeri sorvolavano la catena a bassa quota. I resti dell'apparecchio sono stati localizzati quasi contemporaneamente dal pilota di un velivolo svizzero e da ano dei guardiani della funivia Entrèves-Chamonix. L'aereo aveva individuato sulla cresta del Bianco, a circa duecento metri dalla sommità, presso la capanna Vallot, una macchia grigia sulla neve. H custode della funivia, puntando il binocolo da una finestra della stazione dell'Aiguille du Midi, aveva scorto nello stesso punto degli oggetti scuri sparsi per un largo tratto, più di un chilemetro. Erano le 11 passate. Il custode, che era al corrente della scomparsa dell'aereo telefonava a Chamonix la sua scoperta. « Ma nulla si muove sulla neve — precisava — e non devono esserci superstiti ». Le sue parole, purtroppo erano confermate di lì a pòco dai sei elicotteri che si libravano sulla zona rotean do a bassa quota. « E' Vaereo senza dubbio » — co municavano —, ma non ci sono più che briciole disseminate fin sul ghiacciaio del Grand Plateau, che è a circa un chilometro e mezzo più in basso ». Sul versante italiano veniva dato ordine alle pattuglie dei carabinieri e della Guardia di Fi nanza di rientrare. I resti dell'apparecchio erano inte ramente in territorio francese. Soffiava sulla vetta un vento impetuoso — valutato dagli elicotteri a 90 chilometri l'ora —r. che sollevava alte nubi di tormenta. I Sikorski e gli Alouette non potevano posarsi. Solo nel pomeriggio è stato possibile effettuare la pericolosissima manovra. Gli Alouette hanno portato a quota 4500, oltre la capanna Vallot, sette uomini della gendarmeria e due guide di Chamonix: Georges Payot e Gerard Devouassoux. Guidava i soccorritori Payot, che è considerato l'alpinista migliore della zona. Suo padre, René, diresse per molti anni il Soccorso Alpino di Chamonix, e morì tragicamente il 3 novembre 1950 proprio nel luogo dove oggi è avvenuta la catastrofe. Anche quel giorno sul Bianco era caduto senza superstiti un aereo, un Constellation, e anche questo era della- Air India. René Payot, che era in testa alla pattuglia dei soccorritori, cadde in un crepaccio presso il Rocher de la Tournette, e si uccise. « Oggi sono partito con qualche brivido di paura — ha raccontato questa sera il figlio Georges — perché pensavo a mio padre. Siamo, scesi daU'elipQttero a quota 4500, poi abbiamo proseguito a piedi camminando, proprio sulla cresta, dal Rocher de la Tournette alla cima, dove il vento\ aveva spazzato la neve. Non c'era traccia di vita. « Si vedevano pezzi sparsi dappertutto sul terreno, come se l'apparecchio si fosse disintegrato. Per un istante abbiamo creduto al miracolo. Qualcosa si muo¬ veva ai piedi d'un seracco Ci siamo precipitati da quella parte, ma era un pezzo di lamiera piantato al suolo e scosso dal vento. A fianco della cresta, a centotrenta metri dalla sommità, abbiamo scoperto il punto d'urto, dove la carlinga doveva aver picchiato. Nella neve e sul terreno c'era un solco circolare largo forse dieci metri, profondo e netto, e lungo una cinquantina. L'aereo deve aver sfiorato il crinale con la. parte inferiore della fusoliera. Sarebbe bastata una quota di pochi metri più elevata perché si salvasse. Verso Chamonix infatti il versante scende a picco. Ma non ce l'ha fatta. Forse una coltre di tormenta ha ostacolato la visibilità al pilota ». Dopo io schianto l'aereo è verosimilmente esploso. Ci sono le macchie del combustibile dei serbatoi, il cherosene, che anneriscono la neve per un raggio di oltre un chilometro e mezzo. Le lamiere e i corpi sono come disintegrati. ± soccorritori hanno potuto far ben poco. Due sole salme, una incompleta e l'altra assolutamente irriconoscibile, sono state portate finora, chiuse in sacchi di tela, a Chamonix. «Dalla neve — dice Devouassoux — emergeva, elevata come in un estremo gesto di supplica, una mano di donna. Aveva l'anello nuziale al dito. Credevamo che sotto, nella neve, fosse sepolto il corpo, ma non c'era». Le ricerche sono state sospese alle 17,30. Nessuno ha potuto fermarsi sul luogo della tragedia, battuto dalla tormenta che va ora ricoprendo ogni cosa. Il vento continua a soffia re in direzione sud-est, portando verso Entrèves è Courmayeur indumenti lacerati, giornali e posta sfuggiti dall'aereo. Le guardie di finanza italiane hanno trovato al Col Chécrouit |uno scialle indiano, un pac¬ co di lettere, quotidiani di Bombay e un oggetto che potrebbe essere molto prezioso per l'inchiesta. E' il nastro magnetico d'un registratore: gli aerei di linea hanno nella cabina di pilotaggio un impianto di registrazione che incide incessantemente tutte le fasi critiche del volo. Si ha ragione di credere che la sottile striscia aggrovigliata raccolta allo Chécrouit, lunga tre o quattro metri, si sia staccata dalla cabina del Boeing e racchiuda la spiegazione del mistero. H prefetto della HauteSavoie, rar. Patou, che dirige le operazioni, ha tenuto questa sera una conferenza stampa nel municipio di Chamonix. Ha riassunto brevemente le vicende della giornata elogiando l'opera delle guide e dei gendarmi, e ha annunciato che le ricerche saranno riprese domattina all'alba. « E' una tragica coincidenza, ha sottolineato, che proprio nello stesso luogo, sedici anni fa, sia precipitato un altro quadrimotore della medesima compagnia. Neppure allora ci furono superstiti ». Nel tardo pomeriggio è arrivata in paese, affranta, la figlia del dott. Bertoli, il direttore per l'Europa dell'Air India, perito nella catastrofe. Ha sostato a lungo ai bordi della pista dove atterravano gli elicotteri, nella vana attesa che riportassero a valle la salma del padre. Poi ha udito le frasi degli uomini che tornavano dalla vetta del Bianco («Non ci sono che frammenti, nonsi potrà forse identificare neppure una delle vittime » j e si è allontanata singhiozzando. Carlo Cavicchioli r o e l o i Un elicottero scende a Chamonix dopo aver sorvolato la zona del disastro. Trasporta le salme recuperate dalle squadre di soccorso. Sullo sfondo il versante francese del Monte Bianco (Telefoto Moisio)