A Milano di arrivavano interi treni carichi di burro di contrabbando

A Milano di arrivavano interi treni carichi di burro di contrabbando // colossale traffico scoperto dalia Finanza A Milano di arrivavano interi treni carichi di burro di contrabbando Acquistato negli Stati Uniti a 375 lire al chilo, veniva fatto entrare nei Paesi del Mec senza pagare dogana In Italia (dove costa 1000-1200 lire al chilo) ne sono giunti 47 vagoni ferroviari per 700 tonnellate Il prodotto è stato sequestrato: se i trafficanti fossero riusciti a venderlo avrebbero guadagnato 350 milioni - Un belga e un italiano implicati nella vicenda: da quanto tempo durava l'illecito commercio? (Nostro servizio particolare) Milano, 17 gennaio. L'affare del « treno di burro», scoperto sabato scorso a Milano dal nucleo tributario della Guardia di Finanza, presenta molti aspetti insoliti che hanno destato l'allarmata curiosità dell'opinione pubblica. Prima di tutto le dimensioni dell'episodio: in fatto di contrabbando siamo abituati a sentir parlare di. automobili, camioncini, in qualche caso perfino di autocarri carichi di materiale clandestino; questa volta siamo di fronte addirittura a una serie di convogli ferroviari: per l'esattezza quarantasette vagoni che, divisi in non si sa quanti treni, erano stati smistati ai depositi di Milano, di Verona, di Trezzano, di Tavazzano. In totale 698 tonnellate di burro. Il secondo aspetto è la semplicità del fatto che ha per protagonisti Marian Ro gowski, un apolide di origine tedesca residente a Bruxelles dove è titolare della società commerciale « Friedeberg » e il suo commissionario italiano Ottone De Filippi, abitante a Mila no e titolare della ditta « Butyra ». Il Rogowski importava dagli Stati Uniti, da Min neapolis (Minnesota), colos sali quantitativi di burro che arrivavano regolarmen te al porto di Anversa. Al momento della consegna li pagava (trasporto compre so) 375 lire al chilo. Una inezia come ben sanno le no stre massaie che il burro, anche nei supermarket più economici, lo pagano senv pre più di mille lire al chilo Ma ad Anversa comincia vano le difficoltà. Tutti sei Paesi del Mec — e fra questi Belgio ed Italia — per proteggersi dalla con correnza straniera hanno deciso di far fronte comune: abolite o quasi le barriere doganali esistenti fra di loro, hanno per contro innalzato vere e proprie muraglie contro i Paesi terzi. Sul burro proveniente dall'America, ad esempio, grava un'imposta di quasi cinquecento lire al chilo che d'un balzo porta il prezzo del burro americano a 875 lire al chilo, cioè a un livello analogo a quello dei Paesi del Mercato Comune. Bene: il Rogowski, grazie alla disattenzione o alla complicità dei funzionari belgi, riusciva a cambiare la nazionalità del suo burro senza pagare un franco. Da « butter made in Usa » egli lo trasformava in «beurre fabriqué en Belgique», burro del Mec su cui non gravava ombra di tassa. A questo punto il gioco era fatto, non restava che rivendere le colossali partite in uno dei sei Paesi del Mec dove il prezzo all'ingrosso si aggira sulle 900 lire al chilo. Bisognava soltanto accelerare i tempi, bruciare le tappe per evitare ripensamenti ed Indagini. Dei sei paesi comunitari quello più adatto ad un rapido smercio era senza dubbio l'Italia il cui fabbisogno di burro è nettamente superiore alla produzione perché noi italiani usiamo gran parte del nostro latte per la confezione di formaggi. Il burro « con passaporto falso » prese dunque la strada del Sud. Carte e bollette erano in regola e in un primo tempo nessuno se ne accorse. Ma dopo qualche settimana (i primi arrivi pare risalgano a tre mesi fa) i commercianti più sensibili drizzarono le orecchie: l'offerta di burro, sul mercato, era superiore al solito. Qualcuno subodorò l'inghippo, all'Intendenza di Finanza arrivò qualche lettera anonima. Tuttavia sarebbe stato molto difficile scoprire la vicenda se il Rogowski e i suoi soci, a un certo momento, non avessero commesso un errore. Forse impauriti dalle voci che circolavano, per sbarazzarsi al più presto della merce, decisero di abbassarne il preezo a ottocento lire al chilo. Fu la loro rovina. Com'era possibile che qualcuno vendesse il burro a ottocento lire al chilo se il prezzo corrente in tutto il Mec era di 900910 lire al chilo? Certo ci doveva essere qualcosa sotto. E l'operazione scattò. In questa storia il particolare che ha maggiormente colpito massaie e madri di famiglia è la differenza di prezzo esistente fra il burro americano e il burro italiano. Come è possibile — si chiedono — che negli Stati Uniti il burro costi 375 lire al chilo (anzi molto meno giacché nelle 375 lire era compreso anche il prezzo del trasporto da Minneapolis ad Anversa attraverso tutto l'Atlantico), mentre il nostro burro costa circa 900 lire all'ingrosso e molto più di mille lire (con punte fino a 1500) al dettaglio? Molte avranno pensato ancora una volta alle mille piaghe di questo nostro paese: metodi arcaici, stalle preistoriche, distribuzione spezzettata in mille passag gi, tutti scanditi da un ro sario di mance, percentuali e « corvées ». Per contro la efficientissima macchina americana, con le sue mandrie sterminate, le sue stalle specchianti, la sua perfetta ossessionante meccanizzazione. Il fatto è che il governo di Washington, per incoraggiare l'agricoltura americana, ha deciso di attribuire grossi premi di esportazione a coloro che vendono all'estero i prodotti agricoli. Ed è proprio grazie a questi premi che gli esportatori americani, quando vendono il burro all'estero, possono abbassare i prezzi ad un livello molto inferiore a quello del loro mercato interno. Contemporaneamente il nostro governo, per incoraggiare la nostra agricoltura e tenere i contadini legati alla terra (la tendenza a fuggire verso la città si accentua sempre più), ha stabilito un prezzo politico dei latte notevolmente più alto di quello che sarebbe determinato dalle libere contrattazioni di mercato. Di conseguenza il prezzo del nostro burro aumenta automaticamente. Le nostre massàie, dunque, si rassicurino, gli Stati Uniti (è vero) sono molto più efficienti e attrezzati di noi, ma almeno per ora non sono ancora arrivati a far pagare il burro 375 lire al chilo. Costa salato anche là. Gaetano Tumiati

Persone citate: De Filippi, Gaetano Tumiati, Marian Ro, Rogowski