Due bresciani rievocano la notte in cui Leibbrand ordinò il massacro di Tito Sansa

Due bresciani rievocano la notte in cui Leibbrand ordinò il massacro Il processo di Stoccarda contro l'ex nazista Due bresciani rievocano la notte in cui Leibbrand ordinò il massacro Gli italiani furono svegliati d'improvviso e portati in un bosco: qui furono falciati dalle mitragliatrici - Ventidue morirono -1 due testimoni si salvarono gettandosi a terra • Smentito l'imputato : le vittime non si erano ribellate ai soldati tedeschi; erano troppo provate dalle sofferenze per farlo - L'eccidio non ebbe nessuna giustificazione (Dal nostro corrispondente) Bonn, 11 gennaio. / primi due testimoni italiani — l'oste Apostolo Alberti e il fattorino di banca Pietro Cornelli, entrambi di Brescia — chiamati a deporre dinanzi alla Corte d'Assise di Stoccarda nel processo contro il professore universitario Kurt Leibbrand, accusato di aver fatto fucilare ad Avignone 22 (o 26, secondo altre fonti) lavoratori ausiliari italiani aggregati ad un reparto tedesco, hanno oggi smentito nettamente le affermazioni fatte ieri dall'imputato. I due, che scamparono alla strage ordinata da Leibbrand, hanno detto ai giudici (per il tramite di un interprete) di non ricordare tutti i particolari di quella tragica notte; ma su quel poco che sono riusciti a scovare nella memoria a oltre 21 anni di distanza, non hanno avuto incertezze né dubbi. Non. è vero — lianno detto, rispondendo alle domande precise del presidente — che i lavoratori italiani aggregati al reparto del genio ferrovieri al comando del tenente Leibbrand si fossero ribellati o che avessero contatti con il « Maquis » francese. « Come potevamo? — ha domandato il Cornelli con tono semplice e sincero —. Eravamo disarmati, muniti solo di badili, sorvegliati anche durante il sonno dai tedeschi armati di mitra ». Tanto lui come l'Alberti hanno negato che gli italiani si fossero rifiutati di lavorare o che qualcuno fosse fuggito dal reparto. « Eravamo stanchi, sfiniti Lavoravamo tutta la notte, nove, dieci ore di seguito — ha detto il Cornelli — a riparare le line ferroviarie e i ponti danneggiati dai bombardamen ti e dai mitragliamenti alleati Si andava a dormire all'alba. Ma chi riusciva a dormire? Gli attacchi dei cacciabombardieri iiiiiiniiiiH erano continui, si era sempre n fuga. Non ne potevamo più, pensavamo solo a tornare a casa. Certo, se ci fosse riuscio di fuggire, io avremmo fato. Ma come si poteva, con tutte quelle guardie armate?» Il Cornelli ha pure negato che gli ausiliari italiani fossero stati parificati ai soldati tedeschi e che avessero prestato giuramento di fedeltà a Hitler, come ieri ha sostenuto Leibbrand. «Eravamo operai, in tuta, costretti al lavoro forzato, in sottordine». Per quel che riguarda la tragica notte del 22 agosto 1944, i racconti di Cornelli e di Alberti coincidono nelle grandi linee. Gli italiani furono svegliati d'improvviso nelle camerate. Alberti dice che gli fu dato l'ordine di uscire per scaricare una decina di autocarri. Cornelli precisa « Ci svegliarono a colpi di manganello e ci cacciarono fuori insonnoliti ». / tedeschi, al comando di un sottotenente (si chiamava Kimmich, e aveva 21 anno, non si sa che fine abbia fatto) portarono gli italiani in un bosco, gli ordinarono di mettersi in fila per tre e di marciare così attraverso una radura. Il sottotenente che li te- « liladsmotictugcvIampcnsacmnstsrmneva sotto la mira della sua llllllll Illlllllllllllllllll niMIIIMIIMIIIlnill " Maschinenpistole". ordinò l'alt e poi il "fronte sinistr". Era buio, ci si vedeva quasi nulla. In quél momento cominciarono a crepitare le mitragliatrici nel bosco. Alberti e Cornelli, che erano uno nella seconda e l'altro nella prima fila, si buttarono a terra in un fossatello, strisciarono dietro un cespuglio insieme con altri cinque o sei, fuggirono mentre le mitragliatrici continuavano a sparare, si nascosero in cascinali di francesi. Durante queste due prime giornate del processo contro Leibbrand, la memoria umana ha un ruolo importante. I testi a carico, uomini ohe per miracolo sono in vita e per i quali la notte del 22 agosto 1944 dovrebbe essere marcata indelebilmente nella memoria hanno dei fatti una chiara visione generale, ma quando si tratta di particolari sono incerti e non azzardano affermazioni categoriche. D'uomo che ordinò di massacrarli 6 siede calmo nell'aula di Stoccarda e che tre anni fa, durante il primo processo (nel quale fu as salto per insufficienza di prò ve) non ricordava nulla, ora ha invece ritrovato la me moria. Tre anni fa Leibbrand disse che l'ordine di fucilazione gli era stato dato dal comandante del reggimento. Dernesch, attualmente colonnello dell'e sercito austriaco. E questi lo smentì. Ora Leibbrand ha cambiato tattica e parla di un « documento segreto » del co mando della 19' armata (del quale non vi è traccia negli archivi) il quale ordinava di « fucilare sul posto » gli ausi liari che si fossero rifiutati di lavorare. Tre anni fa Leibbrand disse di avere semplicemente trasmesso un ordine superiore ora racconta con cento particolari di avere avuto una crisi di coscienza. « Ho riflettuto per tre giorni — ha detto poi ho messo in guardia gli italiani, dicendo loro che chi si sarebbe rifiutato di lavorare sarebbe stato fucilato. Il 21 agosto si ammutinarono apertamente. Ricordo perfettamente: li minacciai con una pistola e li feci rinchiudere in caserma come prigionieri. Ma non servì. Una ventina di essi si ribellò di nuovo e fuggì, gli altri furono trattenuti con i calci dei fucili ». I due testimoni italiani, invece, non sanno nulla di tutto ciò. Sanno solo che durante la ritirata dei tedeschi furono svegliati di soprassalto, portati nella radura e presi sotto il fuoco delle mitragliatrici in agguato. Tito Sansa o i o II bresciano Pietro Cornelli ha deposto ieri a Stoccarda nel processo contro il nazista Kurt Leibbrand

Persone citate: Apostolo Alberti, Cornelli, Durante, Hitler, Pietro Cornelli

Luoghi citati: Avignone, Bonn, Brescia, Stoccarda