È opportuno riformare la Corte di Cassazione? di A. Galante Garrone

È opportuno riformare la Corte di Cassazione? «Come è e come dovrebbe essere» È opportuno riformare la Corte di Cassazione? Con focosa baldanza, si propongono mutamenti radicali e dannosi - La Corte Suprema deve restare unica e non essere toccata nei suoi grandi compiti: controllo di legittimità, dare unità al diritto - Si possono auspicare, invece, un collegamento tra la Cassazione ed il potere legislativo; la riduzione dei ricorsi; un minor peso della Corte nell'ordinamento della magistratura « La Corte di Cassazione : come è e dovrebbe essere » : con questo stesso titolo Ludovico Mortara pubblicava sulla Rivista d'Italia, nel 1904, un articolo rimasto famoso. Era uno scritto vivacemente polemico (secondo lo stile di quel grande giurista), ma gravemente pensoso dei mali radicati da decenni, soprattutto per la sopravvivenza delle Corti regionali, anacronistico residuo dell'antico frazionamento della penisola. La ponderatezza di Mortara era ben diversa dalla focosa baldanza con cui oggi si propugnano da varie parti radicali riforme della Corte di Cassazione. E' di ieri l'iniziativa di alcuni deputati della maggioranza per una revisione della Costituzione nel senso di consentire il ricorso, per violazione o falsa applicazione di norme costituzionali, contro le sentenze delle supreme magistrature ordinarie e amministrative. All'origine di questa singolare proposta di legge è lo scalpore suscitato da una recentissima (e certamente, a nostro avviso, criticabilissima) sentenza della Cassazione, che ha negato l'efficacia retroattiva dell'ultima decisione della Corte Costituzionale in tema di diritti della difesa nell'istruttoria sommaria. Giuseppe Maranini ha già rilevato l'assurdità d'una simile iniziativa parlamentare che, per porre argine a mali e pericoli innegabili, approderebbe a una sconvolgente confusione dei poteri dello Stato, e all' inutile mortificazione non solo del massimo organo, ma della stessa funzione giurisdizionale. Ben altrimenti seria e meditata ci è parsa, sulle riforme della Cassazione, la relazione presentata dal prof. Barile e dal presidente Bianchi d'Espinosa al recente congresso di Gardone dell'Associazione nazionale Magistrati. E ci è piaciuto, in essa, l'ammonimento iniziale: prima di modificare la Costituzione, di buttare all'aria norme che non hanno ancora vent'anni di vita (e si sa quanto sia lento e travagliato sempre il consolidamento di una carta fondamentale, nella vita di uno Stato), preoccupiamoci di attuarne tutti i principi, di realizzare tutti gli istituti in essa previsti. Contro le recenti proposte di ristabilimento delle Corti regionali, la relazione Barile-Bianchi d'Espinosa e la mozione finale del congresso prendono netta posizione a favore della Cassazione unica. Non possiamo che consentire. E ci piace qui ricordare le fermissime pagine di un grande libro di Calamandrei, La Cassazione civile (1920), e l'elevato dibattito svoltosi alla Costituente il 27 novembre 1947, fra lo stesso Calamandrei, appassionato difensore dell'unicità, («o la Cassazione è unica, ed allora serve a qualche cosa, o non lo è, ed allora non serve più a niente ») e Vittorio Emanuele Orlando, che, rifacendosi addirittura a un suo lontano discorso del 1889, e ricordando le gloriose tradizioni delle antiche Corti regionali, «grandi scuole di diritto », ne auspicava il ripristino. (Il brillante e commosso intervento di V. E. Orlando può leggersi nella recentissima e assai bella raccolta dei Discorsi parlamentari, a cura della Camera dei deputati). Non staremo qui a illustrare l'insostituibile funzione dell'unica Corte di Cassazione, istituzionalmente destinata a mantenere l'unità del diritto attraverso l'interpretazione giurisprudenziale e a regolare le competenze tra i giudici. Ma vogliamo confutare due argomenti ancora oggi ricorrenti. Si dice — e lo diceva Orlando alla Costituente — che la Cassazione unica è un'istituzione fascista, perché fu attuata nel 1924, per una precisa ragione politica, e fascista, di accentramento autoritario. Potremmo rispondere che la unificazione della Cassazione penale risale addirittura al 1888 e all'iniziativa di Zanardelli, e quella della Cassazione civile, nel 1924, all'insegnamento e all'opera di quello schietto antifascista che fu Mortara. Ma soprattutto, se vogliamo rifarci al passato, non possiamo neppur dimenticare che il primo Tribunal de Cassation fu una creazione della Rivoluzione francese, e che alla sua origine concorsero, insieme con alcuni precedenti tratti dall'ancien regime, le teorie, care a Montesquieu e a Rousseau, della divisione dei poteri e della eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Non appiccichiamo dunque alla nostra Cassazione unica un'etichetta che storicamente non le si addice. Si sostiene inoltre che l'istituzione di Corti regionali sarebbe in armonia con l'ordinamento regionale voluto dalla nostra Costituzione. Ma, come acutamente obiettava Calamandrei alla Costituente, l'esistenza delle regioni e dello Stato regionale è una ragione di più per mantenere e rafforzare la Cassazione unica; e ne sono conferma gli Stati federali — come la Svizzera e gli Stati Uniti — nei quali c'è, al vertice, un organo giurisdizionale centrale unico, posto come moderatore delle forze centrifughe. Con questo, non intendiamo affatto dire che la Cassazione, così com'è oggi, come pensa e decide e si atteggia, riscuota sempre il nostro plauso. Vorremmo, anzi, che fosse diversa. Ma confidiamo nel tempo, nella maturazione delle nuove idee, nell'afflusso delle nuove leve. Abbiamo più volte assistito, in questi anni, ad alcuni provvidi ripensamenti. Non disperiamo che ciò possa ancora, e presto, accadere, anche se certe decisioni — come quella che ha provocato l'iniziativa parlamentare di cui dicevamo — lasciano, più che perplessi, sgomenti. Siamo convinti che il salutare fermento critico che agita da anni molte magistrature di merito non potrà non riflettersi, alla lunga, in seno alla Cassazione. Dobbiamo anche pensare — senza rimettere tutto all'azione chiarificatrice del tempo — ad alcuni correttivi sostanziali, secondo le indicazioni offerteci dalla relazione Barile - Bianchi d'Espinosa : obbligatorietà di un collegamento tra Cassazione e potere legislativo, attribuendo al presidente della Cassazione il compito di riferire periodicamente, o annualmente, sulle questioni di particolare importanza in cui la giurisprudenza della Cassazione sia in contrasto con la prevalente giurisprudenza dei giudici di merito, per dare modo al potere legislativo di intervenire modificando la legge o emanando norme interpretative (ma vorrà poi il Parlamento far tesoro di queste segnalazioni, e provvedere di conseguenza? Il suo atteggiamento piuttosto inerte e distratto, di fronte alla Corte dei Conti, induce a qualche fondato dubbio) ; riduzione del numero dei consiglieri e dei ricorsi, mediante la depenalizzazione di moltissime contravvenzioni e l'abolizione del ricorso per vizi logici della motivazione ; sot¬ trazione alla Cassazione del governo dell'ordine giudiziario, che oggi essa praticamente detiene soprattutto attraverso la prevalenza nel Consiglio superiore dela Magistratura. Per dirla in breve, vorremmo vedere la Cassazione restituita alla purezza della sua sola e grande funzione istituzionale, che è il controllo di legittimità. E se vogliamo personificare in un nome tutto quello che a Corte di Cassazione dovrebbe essere nell'ora presente, ci vien fatto di pensare a un altissimo magistrato scomparso in questi giorni, Andrea Torrente : altissimo non solo per grado (era da diversi anni, giovane ancora, presidente di sezione della Corte di Cassazione), ma per sapere, limpidezza d'ingegno, umanità e apertura verso tutti i problemi del nostro tempo. Le più radicali riforme dell'ordinamento giudiziario, oggi sul tappeto, dovrebbero sempre proporsi come fine ultimo l'emergere di uomini come Andrea Torrente. A. Galante Garrone iiiiiiiiiiiiiillliliilliiiiiiiiiiiiiiliiiiiiiliiiiiniiiiui

Luoghi citati: Italia, Montesquieu, Mortara, Stati Uniti, Svizzera