Il «Premio Biella» per l'incisione assegnato ad un artista austriaco di Marziano Bernardi

Il «Premio Biella» per l'incisione assegnato ad un artista austriaco UN PANORAMA INTERNAZIONALE DELLA GRAFICA Il «Premio Biella» per l'incisione assegnato ad un artista austriaco (Dal nostro inviato speciale) Biella, 14 dicembre. Come era nei voti dei promotori ed organizzatori del «Premio Biella» per l'incisione, nato nel '63 e ripetuto l'an no scorso, vittoriosi nelle due prime edizioni Giacomo Sof-flantino e Giuseppe Guerreschi,l'invito alla gara, ch'ebbe su-bito larga risonanza e autorità, è stato esteso con la mostra che s'inaugura domani nellesale del « Circolo degli artisti » di Biella ai grafici stranieri. Invitati 35 italiani, 5 belgi, 31 inglesi, 6 olandesi, 26 tedeschi, 6 austriaci, 20 francesi, 10 spagnuoli, 15 jugoslavi, 11 svizzeri, 11 polacchi (complessivamente 176), le presenze nell'esposizione sono 106. Una soddisfacente percentuale che conferma l'interesse suscitato in Europa da questo premio, ed insieme il prestigio che assume anche nel campo artistico la capitale laniera italiana. Non è, s'intende, l'unica mostra internazionale dell'incisione che si tenga in Italia. Ma questo concorso s'è riservato un particolare segno di signorilità che coincide con un alto contributo alla cultura. Infatti l'opera premiata da una giuria internazionale, stampata in soli 35 esemplari di cui 5 riservati al comitato promotore (a tiratura eseguita la matrice viene, secondo le più nobili regole dell'incisione, biffata), è offerta in dono a trenta dei maggiori musei d'arte del mondo. Il nome di Biella corre cosi per i continenti, e intanto s'accresce la conoscenza della grafica contemporanea. La quale, come si vede in questa rassegna, è nella sua specifica strumentalità espressiva nient'altro che lo specchio dei fermenti, delle inquietudini, delle indecisioni, delle ricerche, che agitano oggidì le sue due maggiori sorelle nella sfera della visualltà artistica, pittura, a scultura, di cui — oel on rammenta Luigi Carluccio nell'introduzione al catalogo — sempre più difficile si fa quella netta distinzione di tecnica e di concepimento poetico, onde — aggiungiamo noi — era¬ ue no Possibili le opposte teorizf-1211210111 d'un Leonardo e d'un i,|Michelangelo: sempre più tenu-!dendo Pittura e scultura a dià, venlre semplicemente un « oga SeUo », Ano al limite della e\Pop-art, dell'arte cinetica, dei- » i. 1 i, aealdnn d uo ooa o oo ti a ora e e è ei el e o a n a scele le a a, — l'arte programmata e di grup po. Di conseguenza ci si -può domandare se sia ancora da accettare come incisione il prodotto esposto dall'italiano Bompadre (che pure entrò nella « rosa » della giuria per il premio) o dall'inglese Bernard Cohen o dall'austriaco Frohner o dal jugoslavo Pogacnik, prodotto che, al pari di molte altre opere della mostra, più che testimoniare una originale esigenza di nuovo linguaggio adatto a nuova espressione d'un inedito mondo lirico interiore, sembra piuttosto indicare una capricciosa irrequietezza, una velleità di rimettere in discussione tutt'intero il problema della comunicatività poetica, senza che ciò risponda a una verace necessità spirituale. A questi sforzi soltanto (ripetiamo) velleitari risponde dei resto, con esatta eco, il giudizio d'una corrente critica. E' significativo che nella predetta « rosa » siano stati inclusi proprio gli artisti che, a parer nostro, per la loro programmatica antinguratività, meno rispondono all'imperativo, oggi assai sentito dopo il fallimento dell'Informale, di una aperta comunicazione linguistica: per esempio: gli inglesi Hayter ed Evans, l'olandese Heyboer, i tedeschi Schumacher e Bendixen, l'italiano Volpini, aggiungendovi il pop Eugenio Carmi; escludendone invece — forse soltanto perché apertamente o velatamen¬ te « figurativi » — autori di fogli ammirevoli come Avati, il francese di cui parlammo l'altro giorno per la sua magnifica mostra alla « Galleria del Centro » di Torino, Calandri, Vespignani, Saroni, il jugoslavo Makuc, Carletti, Attardi, Barbisan, Coutaud, Brigitte Coudrain. Altrettanto significativo che per il premio siano stati a lungo in ballottaggio l'Hayter e l'austriaco Alfred Hrdlicka, strappando poi quest'ultimo la vittoria non con l'unanimità dei consensi ma a maggioranza di voti: vittoria che è una fortuna, in quanto salva il « Premio Biella » da una troppo scoperta tendenziosità critica, tipo Biennale di Venezia, probabilmente inducendo per le future edizioni artisti valentissimi ad accettare un confronto che il prevalere dell'immagine astrattistica dell'inglese, squisito esempio dl ricerca c di nuove aree tecniche », ma documento ineccepibile di pura c decorazione », avrebbe reso problematico. Invece l'acquaforte dell'austriaco potrà forse in qualche brano apparire il lavoro di un artista che di preferenza si esprime con la scultura, come dimostrò con 22 marmi nella Biennale veneziana dell'anno scorso; ma nell'insieme la sua fedeltà ad un « racconto » poetico che vagamente può far pensare a quelli famosi del nostro Bartolinì persino per certi particolari di sapido umorismo, offre la possibilità di un discorso « figurato » che non si arresta alla sazievole proposta unicamente formale predominante in questa mo atra; e benché insìsta troppo sul frammento, la sua pagina resta aperta, per l'osservatore ad un fantasticare che lo riconduce a realtà note e razionalmente controllabili. Ad ogni modo questa mostra che ha per limiti estremi U naturalismo di un Pippo Pozzi, di un Cantatore, di un Suberlak (polacco), di uno Zamorano Molina (spagnuolo), e l'annullamento dell'immagine naturale di un Virduzzo, di un Sedgley e di un Vaux (inglesi) ha il grande merito di inserirsi autorevolmente in un gusto che felicemente va diffondendosi in Italia: quello per il bianco e nero, fino a ieri ne gletto, e particolarmente per l'incisione. Un gusto che procede parallelamente al buon impiego di denaro. Perché ciò che va accumulandosi nelle cartelle dei collezionisti è un capitale sicuro, che dormendo tranquillo cresce ogni giorno di valore. Marziano Bernardi