Per le pensioni di guerra 260 mila ricorsi in sospeso

Per le pensioni di guerra 260 mila ricorsi in sospeso Occorrono 13 anni per esaminarli futti Per le pensioni di guerra 260 mila ricorsi in sospeso Annualmente la Corte dei Conti ne può prendere in esame 20 mila, ma ne riceve altrettanti - Per modificare l'assurda situazione è necessaria una radicale riforma: la procedura in vigore risale al 1865 Una lettrice di Cuneo — ialla quale era stata respin-lta la domanda per la river-1 sibilità della pensione di guerra — ci scrive di averKsaputo che il ricorso da lei successivamente inoltrato non potrà essere preso in esame nel prossimo futuro, perché quelli presentati prima del suo sono tanti che ci vorranno degli anni per poterli definire. L'interessata, attualmente ricoverata in ospedale, è demoralizzata, perché la pensione richiesta (dopo la morte della mamma che la manteneva) costituirebbe la sua unica fonte di reddito. Purtroppo, è solo una delle tante lettere che invalidi di guerra e familiari dei Caduti ci mandano tutti i giorni per deplorare uno stato di fatto che li esaspera. Come è noto, le domande per le pensioni di guerra devono essere inoltrate all'omonima Direzione Generale a Roma, dove però la maggior parte di esse vengono respinte. Naturalmente, gli interessati possono ricorrere alla Corte dei Conti: la legge gliene dà diritto e molti lo fanno anche sapendo che gli sarà difficile spuntarla. In altre parole, ben pochi che si vedono respingere la domanda si rassegnano alle decisioni della Direzione Generale delle pensioni di guerra: ricorrono quasi tutti al giudizio della Corte dei Conti, ed è soprattutto per questo che i ricorsi si accumulano. Hanno raggiunto il numero di 700.000, di cui circa 260.000 ancora da definire. La Corte smaltisce 20.000 ricorsi all'anno ed a questo ritmo ci vorrebbero 13 anni per definirli tutti. Ma è una previsione ottimistica, perché ormai che per la presentazione di queste domande non ci sono più termini di decadenza, le richieste di pensionamento per morte o invalidità causate dalla guerra continuano; i dinieghi pure e quindi anche i successivi ricorsi alla Corte dei Conti. Gliene pervengono circa 20.000 all'anno: tanti da neutralizzare il numero di quelli che essa può attualmente definire nello stesso periodo di tempo. Ma quand'anche l'afflusso delle domande di pensione dovesse diminuire rapidamente fino a cessare del tutto, ci saranno sempre quelle inoltrate per l'aggravamento dell'invalidità precedentemente accertata e, nei casi di diniego, altrettanti ricorsi, sicché il numero di questi ultimi risulterà sempre troppo elevato per lasciar intravedere una prossima normalizzazione di questo delicato settore pensionistico. Una prospettiva inaccettabile, specialmente da chi è già avanti con gli anni e sa che, di questo passo, il decreto di pensionamento rischia di aver il senso di un epitaffio. E tutto perché alla più spedita definizione dei ricorsi è di grave ostacolo una procedura stabilita cent'anni fa quando le guerre che hanno poi enormemente dilatato il numero di queste pensioni e di coloro che aspirano ad averle non erano neppure nella mente degli indovini. Non è questa la sede per elencare i motivi che rendono superata la procedura vigente e, del resto, per dimostrarlo basta l'enorme arretrato dei ricorsi: una situazione deplorevole su cyi — da tempo e da ogni parte — si richiama l'attenzione dei pubblici poteri ai quali spetta di predisporre ed attuare gli opportuni rimedi. Due o tre anni fa si era parlato di un decentramento, e cioè di estendere ad appositi uffici da istituire presso le Delegazioni regionali della Corte dei Conti la facoltà di decidere sui ricorsi relativi alle pensioni di guerra; facoltà che attualmente è invece riservata al centro. Ma si è rilevato che l'apprestamento di locali adatti; lo spostamento alla periferia del personale qualificato; la ' ispedizione e il giro degli latti avrebbero finito per co1 stituire — oltre che una spesa ingente — un'ulteK'°.re remor,a alla sollecita 'definizione di questi ricorsi. Tuttavia, qualcosa bisognerà pur fare: ne convengono gli stessi magistrati della Corte dei Conti i quali sanno che dietro al ricorso c'è quasi sempre un'ansia di trepida attesa e di bisogno scoperto, che li mettono a disagio anche se è la procedura che li obbliga ad una serie di adempimenti che, proprio per l'eccessivo rispetto deila forma, rallenta la speditezza dei giudizi. Lo prova il fatto che una Commissione composta di magistrati della Corte dei Conti — e quindi altamente qualificata sotto tutti gli aspetti — ha fatto delle concrete proposte che, nel pieno rispetto delle garanzie giurisdizionali, potrebbero accelerare notevolmente la definizione dei ricorsi. Tocca ora ai ministeri competenti di esaminare quelle proposte e sottoporle all'approvazione del legislatore per fornire gli strumenti atti alla liquidazione di quello che lo stesso Presidente della Corte dei Conti ha definito « doloroso ed immane retaggio di recenti e antichi conflitti ». Osvaldo Paita

Persone citate: Osvaldo Paita

Luoghi citati: Cuneo, Roma