Altri due detenuti dovevuno fuggire con i tre evasi dai carcere o Milano

Altri due detenuti dovevuno fuggire con i tre evasi dai carcere o Milano Altri due detenuti dovevuno fuggire con i tre evasi dai carcere o Milano All'ultimo momento vennero respinti - La rivelazione durante l'interrogatorio del Magagniti - I fuggiaschi negano la rapina alla banca di Varese e il tentativo di furto d'un motoscafo sul Lago Maggiore (Dal nostro corrispondente) Milano, 9 novembre. Bruno Magagnin, Andrea Baairicò e Ignazio Gambino — i tre evasi di Milano — stanno meditando, in tre celle separate al pianterreno del primo raggio del carcere di S. Vittore, sulle nuove imputazioni che gli sono state contestate dopo un lungo interrogatorio, in Questura, e durato quasi tutta la notte, non appena arrivati in treno da Roma. I tre dovranno rispondere di evasione aggravata (comprensiva della violenza all'agente di custodia Antonio Salanitri), di rapina dilla «850» del capomastro Michele Cartago, e di furto continuato aggravato della «1100» sottratta a Rho, della targa portata via a Parma e della <Giulia» rubata a Viterbo. A queste imputazioni si aggiungono i reati di danneggia¬ mento (la fabbricazione della scala rudimentale usata nella fuga), di possesso di arnesi atti allo scasso, di porto abusivo di coltello (per il solo Basiricò), di guida senza patente (per Magagnin e il Gambino). Il processo per direttissima nei loro confronti potrebbe essere celebrato anche in settimana. Si è appreso che oltre alla «1100» rubata a Rho e alla «Giulia» sottratta a Viterbo i tre evasi si erano impadroniti di una «1500» nei pressi di Livorno per trascorrervi la notte sdraiati sui sedili. Dato che questa vettura aveva pochissima benzina, venne abbandonata a Viterbo: parte del viaggio, dunque, gli evasi lo fecero su due auto, una pilotata dal Magagnin e l'altra guidata da Gambino. Proprio per questo nei confronti dei due è stata elevata denuncia di guida senza patente. Nel corso degli interrogatori Bruno Magagnin ha ammesso che altri due detenuti dovevano fuggire con loro, ma all'ultimo momento erano stati scartati perché «non erano all'altezza della situazione». Temendo poi che questi due esclusi potessero mandare all'aria tutto facendo la spia, Bruno Magagnin aveva anticipato il giorno della fuga. « In un primo tempo — ha raccontato — era stato stabi lito di fuggire di sabato. Decidemmo invece di anticipare l'inizio dell'operazione a mer coledl mattina. Di notte non era possibile perché lungo il cortile c'erano i coni, e noi saremmo stati scoperti dalla luce dei fari. Di mattina invece c'era l'occasione del laboratorio e poi speravo che vi fosse nebbia », « Usciti da San Vittore — ha ripreso Bruno Magagnin — noi avremmo dovuto separarci Ma Basiricò e Gambino mi hanno implorato con le lacrime agli occhi: "Non lasciarci non abbandonarci". Li ho accontentati ed è stata la mia rovina ». Magagnin ha ammesso di essere stato l'unico ideatore della fuga e non ha coinvolto altre persone: <Sono andato a trovare i miei amici di una volta — ha continuato — a Milano e Voghera ma non ho trovato aiuto. Mi hanno voltato le spalle. Ho dovuto rassegnarmi a seguire i consigli di Basiricò e Gambino che volevano andare nel Sud e che continuavano a ripetermi che là sfrebbe Tto facile "asT" dersi e trovare complicità». Durante l'interrogatorio Ma- gagnin ha smentito che la letItera anonima giunta alla si |Snora Jolanda Cremaschi, di Voghera, sta stata spedita da lui o dagli altri evasi. «Se la lettera è scritta a macchina — ha detto — è chiaro che non è opera nostra: se è scritta a mano la perizia dovrebbe chiarire ogni dubbio e scagionarci ». Bruno Magagnin ha negato anche la rapina alla filiale della «Banca Popolare» a Gerenzano avvenuta giovedì mattina e il tentato furto del motoscafo, a Solcio di Lesa, nel pomeriggio dello stesso giorno. Domani il dott. Mauro Gresti, incaricato dell'inchiesta sull'evasione, interrogherà in carcere i tre detenuti. g. m