Gli studenti dimenticati nella riforma universitaria

Gli studenti dimenticati nella riforma universitaria PER UNA VERA DEMOCRAZIA «MEGLI ATENEI Gli studenti dimenticati nella riforma universitaria Ci sono giovani che non frequentano ì corsi per impossibilità; ed altri, ancor più numerosi, che trovano difficoltà ad inserirsi negli studi - Spesso provengono da famiglie lontanissime dalla cultura: entrano per primi in un mondo tutto nuovo - Si dovrebbero fornire ad entrambi i gruppi dei consulenti, in grado di assisterli e aiutarli a risolvere i loro problemi Credo che quasi tutte le facoltà dedichino in questo periodo le loro prime adunanze ad esami e voti sul progetto ministeriale di riforma universitaria; molto se ne parla in giornali di categoria o dedicati ai problemi della scuola, e, secondo il costume del tempo, ponendo l'accento sulla democraticità o no di certi mutamenti. Ma mi sembra sia generale la dimenticanza di un dato: quello che una gran parte, quasi certamente la maggior parte, degli iscritti alle università non frequentano. Sicché quando si parla di numero di professori e di assistenti, per avere tutti i termini del problema, occorre anche ricordare eie ci saranno nell'anno mille esami da dare, ma alle lezioni i presenti non saranno mai più di .cento ed alle esercitazioni più di settanta. E come si può impostare un problema di rappresentanza degli studenti senza ricordare questo dato? Ho sempre pensato che darei larga partecipazione al governo della università agli studenti con la media del 27, ma non vedo perché dovrebbero parteciparvi quelli che solo nei giorni degli esami ne varcano la soglia, e meno che mai quelli che da molti anni sono fuori corso. La frequenza credo sia assoluta nei politecnici e scuole d'ingegneria, cominci ad essere meno intensa nelle facoltà di scienze, declini ancor più in medicina e lettere; mentre quelli che non frequentano costituiscono la decisa maggioranza nelle facoltà di magistero, di scienze economiche, di giurisprudenza, di scienze politiche. La massa di coloro che non frequentano non è omogenea. . Sì può distinguere una aristocrazia; non frequenta") lo studente che si è orientato nel primo o nei due primi anni, si è reso conto di quelli che sono i corsi in cui la lezione del profes sore può ben essere sostituita da uno o più testi, ed at tende a completare la pròpria formazione nelle discipline che Io interessano con molte letture in biblioteca. Sarà uno dei più brillanti laureandi e non di rado si avvierà alla carriera scientifica. All'estremo opposto quel tipo di studente che appare un sopravvissuto (peggiorato) di altre epoche, con il culto delle imprese goliardiche; non entra nel recinto universitario che per la caccia alle matricole, per feste, o per turbolenze nelle elezioni delle rappresentanze universitarie. Forse non si laureerà mai, o lo farà stentatamente dopo i trent'anni. Tra questi due estremi molti che non hanno alcun interesse reale per le materie che debbono apprendere e vogliono solo il titolo dottorale, per questioni di rango, o per le porte che apre; ed altri, che hanno già una professione od un impiego, talora sono padri di famiglia: di questi un certo numero di veramente buoni, che applicano le nozioni teoriche alla pratica quotidiana. C'è ogni anno nelle facoltà di giurisprudenza e di economia un certo numero di ottime dissertazioni stese da impiegati statali o di enti pubblici o di società, che mostrano una felice commistione di teoria e di elementi che vengono dalla vita quotidiana: casi, problemi prospettatisi, che lo stesso professore ignorava. Solo per il minor numero degli studenti che non frequentano credo si possa parlare d'impossibilità economica, suscettibile di essere vinta con il presalario, o di causa della mancata frequenza consistente nella lacuna di adeguate attrezzature universitarie ( ciò che vale solo per le facoltà scientifiche; e non vedo perché non si ricorra ai primariati ospedalieri, nei grandi ospedali retti sempre da liberi docenti, per un'adeguata formazione degli studenti di medicina là dove le cliniche sono insufficienti). Molti degli studenti che non frequentano ritengono inutile la frequenza in relazione al tipo di attività che si propongono, preferiscono altro tipo di preparazione, o crearsi un'adeguata pratica impiegatizia. In parte, ma solo in parte, la non frequenza è connessa al nostro 'tipo d'insegnamento, volto assai più a formare lo studioso che non il professionista. Mi sembrerebbe ingiusto considerare gli studenti che non frequentano come la scoria ; non si dovrebbe nemmeno dimenticarne l'esistenza. Vorrei che in ogni facoltà ci fosse una specie di consultorio, aperto la sera, per gli studenti che non frequentano, dove potessero avere consiglio, la spiegazione di un testo che loro rimane oscuro. Si può aprire la porta della università al giovane studioso che non abbia mezzi con borse di studio, con il presalario. Ma c'è una diversità intorno a cui è inutile chiudere gli occhi: quella tra il giovane che segue la professione del padre o che comunque ha già rice vuto in famiglia una forma zione culturale che gli ha permesso non solo di assimilare meglio, ma di inte grare quella della scuola secondaria, ed il giovane che è il primo della sua famiglia ad entrare nel recinto della cultura non dementale. L'ordinamento attuale non tiene conto di questa diver sita non eliminabile. L'assi stentato, dove funziona, aiu ta a raffinare la propria cultura in un dato ramo, a por tare avanti la dissertazione di laurea, non a compiere i primi passi. L'assistente è un giovane che aspira alla carriera universitaria, quasi sempre entusiasta della teo.ria; meno atto per lo più che non sia il docente a rendersi conto delle difficoltà che incontra chi entra in un ambiente culturale per lui nuovo, rispetto a cui gli mancano le nozioni elementari. Talora le difficoltà del giovane sono di ordine pratico; conoscere l'esistenza di certe raccolte, di certi repertori, apprendere cosa significhino certe formule, certe citazioni, sapere dove si possano cercare dati libri. Mi sono sempre chiesto se al suo ingresso alla Università il giovane non dovrebbe trovare qualcosa come il tutor di certe università anglosassoni, od il censore di certi collegi, ossia chi, non particolarmente dotto in un dato ramo, ma sufficientemente esperto di studi economici, o letterari, o giuridici, potesse presiedere a gruppi di venticinque novellini, ed aiutarli nelle prime difficoltà. Mentre nel discutere dei problemi universitari si parla tanto, a proposito e meno a proposito, di democrazia, mi sembrerebbe il caso di pensare a questi gruppi di dimenticati, intorno a cui invece si tace. A. C. Jemolo

Persone citate: A. C. Jemolo