Rinasce il nazionalismo di Vittorio Gorresio

Rinasce il nazionalismo Rinasce il nazionalismo Nella conferenza che inizia domani a Bruxelles, la sedia della Francia resterà vuota. L'astensione era prevista, ma le espressioni rudi usate da Couve de Murville, per confermarla nel suo discorso di mercoledì, la fanno apparire anche più grave : « Temiamo che voi siate su una strada che ci riporta ai peggiori momenti della nostra storia»; lo ha ammonito Maurice Faure, a nome del « Rassemblement démocratique » dell'Assemblea nazionale. Bettencourt, repubblicano indipendente, ha detto di essere allarmato da una politica che « può richiamare in vita i vecchi nazionalismi: per la Germania, specialmente, l'unità europea è un ideale indispensabile ».1 Sono gli stessi tedeschi che esortano la Francia a non dar loro un cattivo esempio. A Bonn, due giorni fa, il presidente Luebke ha inaugurato una campagna contro la «resurrezione dei nazionalismi », e il ministro della cultura del Land Renania-Westfalia, prof. Mikat, ha detto fra gli applausi : «Il "Frankreich ttber Alles " può essere contagioso e diffondere germi pericolosissimi nel nostro paese ». Lo stesso giorno, un socialista olandese, Kapteyn, al Parlamento europeo di Strasburgo, diffidava De Gaulle dall'ostinarsi «a considerare la Germania, nel settore della difesa, come una potenza di second'ordine ». L'organo ufficiale della democrazia cristiana tedesca, Jeutsches Monatsblatt, ha del resto avvertito di recente che la rinuncia della Germania federale a costruire armi atomiche, secondo gli accordi di Parigi del 1954, si deve intendere condizionata dalla formula « rebus sic stantibus », e che pertanto sarà valida fin quando non cambieranno le circostanze. Venendo a mancare una politica di integrazione europea a collaborazione atlantica, ad esempio, potrebbe venire configurato un caso di cambiamento, e tutti sanno che i tedeschi senza eccessiva difficoltà sarebbero in grado di provvedersi di' un arsenale nucleare. De Gaulle non sembra tener conto del pericolo. Ha osservato beffardo, tempo fa, che i tedeschi comunque mancherebbero dello spazio territoriale necessario ad eseguire gli esperimenti, ma non è questa una garanzia sufficiente a eliminare tutto il rischio: in un modo o in un altro i tedeschi potrebbero un giorno riuscire ad imporre la loro presenza, in una gara che si aprisse verso gli armamenti atomici nazionali. Sono precisamente queste le preoccupazioni che hanno ispirato il primo progetto americano di una forza multilaterale, il piano inglese per una forza nucleare atlantica, e l'ultimo suggerimento di McNamara per un ristretto comitato nucleare nell'ambito della Nato. Ancora ieri, l'ambasciatore americano a Bonn, in' un discorso pronunciato a Francoforte, si è adoperato a dissuadere i tedeschi da iniziative nazionali in questo campo, dando formale assicurazione che gli Stati Uniti « si rendono conto che bisogna trovare una strada per dare ai Paesi non nucleari della Nato una partecipazione nella difesa nucleare» E' l'atteggiamento realistico di tutti coloro che tengono conto degli umori ma soprattutto delle possibilità tedesche. Deluso dalla politi ca degli occidentali, lo stes so Adenauer ha usato una espressione che a dire poco è minacciosa, durante la campagna elettorale in Ger- mania : « Se avessimo le mani libere... ». Il significato sospensivo è chiaro, né meno chiaro è il fatto che in un'Europa a cinque, così ridotta dall'estraniarsi della Francia dai consigli comunitari, il peso della Germania diventerebbe determinante sulla volontà degli altri associati. E' veramente per l'attuale re di Prussia che lavora De Gaulle, persistendo nella sua politica della sedia vuota. « Anche se fosse tutto esatto quello che sostiene De Gaulle — ha detto a Strasburgo il presidente della Commissione economica europea, il tedesco Hallstein —, non ne deriverebbe la necessità di lasciare una sedia vuota ». Uno dei nostri rappresentanti, l'onorevole Sabatini, parlando a nome dei democristiani europei, ha aggiunto : « Non è normale praticare una politica della sedia vuota ». « E' nazionalismo — ha precisato un francese, il socialista Vals —, è il vecchio sogno dell'Europa delle patrie, lar111111111r 1111 li 111111111111111111i 111111 ■ 111 r1■1 e r 11 i 111111 gamente superato dalle aspirazioni dei popoli del continente ». Esso potrebbe tuttavia rivelarsi in Germania duro a morire. Si sa quanta fatica abbia dovuto sostenere Erhard, ricomponendo il suo governo, per conservare al posto di ministro degli Esteri Schroeder, europeista, filo-americano, occidentale, democràtico, contro una coalizione di avversari che ha le sue basi nel suo stesso partito (edu) e che reclama per la Germania una politica estera e militare « più dinamica », diretta a profittare della crisi dell'Europa. Sono avversari che sarebbe errato, ritenere, come De Gaulle si .illude, fautori del ritorno alla speciale alleanza del patto franco-tedesco, ma che piuttosto intendono emulare la Francia nella pretesa ad una politica di indipendenza, cioè nazionalistica. Nazionalismo per nazionalismo, quello tedesco ha in genere battuto quello francese. Vittorio Gorresio