Bebawi: «Sono innocente fu Claire ad uccidere Farouk»

Bebawi: «Sono innocente fu Claire ad uccidere Farouk» Bebawi: «Sono innocente fu Claire ad uccidere Farouk» Il commerciante egiziano ha ripetuto ai giudici la sua «verità » attribuendo alla moglie la responsabilità del delitto - La donna ha seguito la deposizione senza interesse come se ascoltasse un vecchio disco (Nostro servizio particolare) Roma, 14 ottobre. < Sono innocente. Non uccisi Farouk, non partecipai al suo ssassinio, né misi mai piede nell'ufficio in cui fu trovato morto ». Con queste parole, parlando sommessamente in inglese, Youssef Yacoub Bebawi, di trentanove anni, commerciante n cotone, ha cominciato a raccontare per la seconda volta Ila Corte d'Assise la propria verità» sul delitto di via Veneto. La moglie dell'imputato, Claire Ghobrial, accusata anch'ella di concorso in omicidio doppiamente aggravato per vere abbattuto a colpi di pistola e sfregiato col vetriolo Il'industriale Farouk Mohamed Chourba^i, ventottenne, ha se uito il racconto del marito ! isenza reazioni, quasi con disinteresse, come se udisse un ecchio disco. Bebawi, Claire e i tre fit;li nati dalla loro unione vivevano Losanna, dove l'egiziano ave a un ufficio per il commercio del cotone. Erano gente aparentemente tranquilla, nonostante il naufragio del loro matrimonio e la relazione che per tre anni la donna ebbe con Chourbagi. La mattina del 18 gennaio 1964 i Bebawi presero il treno per Ginevra, alle tredici salirono sull'aereo per Roma. Youssef sostiene che doveva recarsi ad Atene, men- ccgltre la moglie si sarebbe fer-; dmata qui. gGiunti nella capitale, presero alloggio all'albergo La Resi- j Adenza, poco lontano da via I lVeneto, dove Farouk Chour-iMbagi aveva il suo ufficio iti a a a o a a o < Mentre prendevamo il tè nel salone dell'albergo — ha detto — lei si allontanò per telefonare. Uscimmo insieme. Ci separammo all'angolo fra :io Emilia e via Lazio. Lei mi disse che andava da FarouU per fargli sapere che non intendeva più vederlo. Tornai in albergo. Dopo un quarto d'ora uscii di nuovo e mi misi a passeggiare lungo il marciapiede. Lei mi raggiunse. Aveva piccole macchie sulla fronte e sulla guancia destra. Mi gridò subito eccitata: " Gli ho sparato! Gli ho sparato! Gli ho sparato! " ». Bebawi ha ripetuto puntualmente la versione data nel processo numero uno, addossando alla moglie, che ha sempre evitato di chiamare per nome, ogni responsabilità del delitto. I due decisero di prendere il afolatrsVtifofocnì bsnbmdmnstrtdnvccapcdvcbpvdvprimo treno per Napoli, quello idelle 19,20. Durante il viaggio Claire spiegò al marito che le macchie al viso erano dovute ad una pallottola che gli era esplosa in faccia. A Napoli i Bebawi scesero ; all'albergo Royal. Claire telefonò a sua madre e alla sorella del marito Soraya, che si trovavano a Ginevra; non disse di essere passata per Roma. Vuotò nel lavandino una bottiglietta contenente acido solforico; era un recipiente di forma esagonale, verde, opaco, con il tappo bianco di plastica. Dopo aver trascorso la notte nella stessa stanza, la mattina ì Bebawi noleggiarono una barca per dieci mila lire; si spinsero al largo di Mergellina; gettarono in mare una borsa di nylon in cui avevano messo una sciarpa macchiata dall'acido, le chiavi dell'auto mobile di Farouk che la donna aveva avuto da lui, la pistola, altri oggetti compromettenti. Tornarono in albergo; alle diciannove presero il treno per Brindisi; ottennero i visti sul passaporti per l'ingresso in Grecia; presero l'aereo per Atene, « Nel pomeriggio successivo — ha raccontato Bebawi — arrivò la polizia; mi chiesero se avessi armi; consegnai una pistola calibro trentotto che portavo sempre con me in una borsa di cuoio. Lei mi chiese in arabo se doveva confessare. Voltai la testa dall'altra parte e non risposi, perché non volevo assumermi responsabilità. Io fui trattenuto per via della pistola che portavo senza il permesso delle autorità greche. Lei fu rilasciata, ma il giorno dopo l'arrestarono ». Arnaldo Geraldini