Non aveva colpe ma si è ucciso sconvolto per I'ingiusto sospetto di Carlo Cavicchioli

Non aveva colpe ma si è ucciso sconvolto per I'ingiusto sospetto La tragedia dell'Industriale farmaceutieo Non aveva colpe ma si è uccisosconvolto per I'ingiusto sospetto II dott. Roberto Dazzini difendeva appassionatamente la "Cardiobaina", il farmaco prodotto dalla sua ditta di Casteggio - Diceva: "Non può aver provocato la morte delle otto donne del manicomio di Bergamo. Se le iniezioni fossero state tossiche sarebbero decedute anche le altre sette" - Tutti lo avevano rassicurato, anche gli stessi ispettori del ministero della Sanità - Ma non sapeva darsi pace: "Sono ormai squalificato; un lavoro onesto di decenni è stato distrutto" - All'improvviso la decisione: s'è tolta la vita con una fucilata al ventre (Dal nostro inviato speciale) Voghera, 14 ottobre. Domani pomeriggio si svolgeranno a Voghera i funerali. del dott. Roberto Dazzini, il chimico di quarantun anni che si è ucciso con un colpo di fucile al ventre perché riteneva che la piccola ditta di cui era titolare, produttrice fino al 1956 della « Cardiobaina », fosse ingiustamente sospettata di aver causato la tragedia di Bergamo dove otto donne ricoverate nel manicomio provinciale sono morte dopo un'iniezione di questo medicinale. La salma del dott. Dazzini è stata portata oggi dall'ospedale di Voghera alla casa della madre, un edificio rustico fra i vigneti, in cima al poggio di San Bovo. Qui l'industriale aveva trascorso la giovinezza e si era preparato agli esami di laurea andando ogni giorno in bicicletta, i libri legati al manubrio, attraverso i colli e i campi, fino a Pavia ove frequentava l'Università. La vecchia madre, Miriam Testanera, ha voluto riaverlo per un poco nella dimora di un tempo, nella stanza che divideva con il fratello Giorgio, ora avvocato a S. Margherita Ligure. La povera donna è sconvolta dalla pena. Lei sola, nei giorni scorsi, quando era scoppiato lo scandalo, aveva avuto un presentimento doloroso del dramma imminente e aveva telefonato all'altro suo figlio in Liguria perché accorresse. « Lascia subito ogni cosa — gli aveva detto — e vieni immediatamente qui. Roberto è sconvolto dalle voci che corrono sulla "Cardiobaina". Non dorme più ed ho tanta paura che commetta qualche sproposito ». Giorgio Dazzini è venuto, è stato accanto al fratello ora per ora, ma non ha potuto impedire che avvenisse, fulmineo, l'irreparabile. Lunedì, nella fabbrica dove lavorano oltre al Dazzini due impiegati e una vecchia segretaria — Giuseppina Ponti — c'era stato il sopralluogo della commissione inviata dal ministero della Sanità. Si sa ora che nella ditta non era stato riscontrato nulla d'irregolare. I macchinari erano un poco antiquati, ma tenuti scrupolosamente. Le provette erano in ordine, non si poteva muovere nessun appunto, neppure all'osservanza delle norme igieniche. Prima di andarsene, l'ispettore medico che aveva interrogato il Dazzini gli ha sottoposto il verbale dei colloqui perché lo firmasse. « Stia tranquillo — sembra abbia detto all'industriale — lei non ha alcuna responsabilità, né civile né penale, nella dolorosa vicenda di Bergamo ». Ma il chimico, tranquillo non lo era affatto. Aveva visto citato nelle inchieste il nome della sua ditta, con l'implicito sospetto che essa fosse all'origine del dramma. Era titolare del laboratorio dal 1957, e prima di lui c'era suo padre. In qualsiasi tempo fossero state prodotte le fiale di Bergamo, erano pur sempre i Dazzini che venivano chiamati in causa. Orbene, egli era convinto che in nessun caso, anche vecchio di oltre dieci anni (il manicomio aveva comperato la partita nel 1954), la « Cardiobaina » poteva essere di per sé pericolosa. Degli otto decessi dell'ospedale psichiatrico il dott. Dazzini dava una sua spiegazione che non è senza fondamento. « Le ricoverate — diceva — sono state sottoposte prima a una cura diversa, che potrebbe avere fortemente indebolito la loro resistenza cardiaca. In queste condizioni la " Cardiobaina ", che è uno stimolante delle contrazioni ventricolari, era controindicata e ha provocato loro uno choc mortale. Se l'iniezione fosse stata tossica sarebbero morte tutte e quindici quelle che l'avevano subita, e non otto soltanto, lo sono convinto di questo, ma temo che non potrò mai dimostrarlo ». Abbiamo sottoposto oggi il quesito a un cardiologo ed egli ha risposto che l'ipotesi clinica del dott. Dazzini non è per nulla inverosi¬ mile. Può darsi che giunga a questa conclusione anche il perito prof. Fornari dell'Università di Pavia, il quale sta ultimando gli esami istologici su parti prelevate alle vittime. « Però, qualunque sia il risultato dell'inchiesta, il nostro nome è ormai diffamato e squalificato — si lamentava il chimico con il fratello. — Capisci? Offesa la memoria di nostro padre e distrutto un lavoro onesto di decenni. E' questo che non posso sopportare! ». Dopo che aveva firmato il verbale, i presenti vedendolo così tormentato gli hanno rivolto ancora qualche parola rassicurante. « Vedrai che ti renderanno giustizia — ha mormorato Giorgio Dazzini — tutto sarà messo in chiaro e ci dimenticheremo di questi giorni orribili ». Ma proprio in quel momento, dalla soglia dove stava il gruppo, l'industriale è tornato indietro, come per prendere una pratica che avesse dimenticato. Roberto Dazzini ha preso da un armadio la sua dop¬ pietta (gliel'aveva regalata la moglie pochi mesi addietro perché il suo unico hobby era la caccia), ha messo in canna una sola cartuccia, si è appoggiata al ven tre la bocca del fucile e ha schiacciato il grilletto. Si è udita, di fuori, un'eco smor zata. Poi lo sventurato è riapparso sulla soglia del l'ufficio con le mani insanguinate congiunte e premute sul ventre. « Mi sono sparato... Ecco... E' finita». E' morto un'ora dopo all'ospedale di Voghera. Carlo Cavicchioli | L'industriale dott. Roberto Dazzini con la moglie il giorno delle nozze (Telef.) aiiiiiiiiiiimiiii.iiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiNNiiiniiNiiiimimiiimn^

Persone citate: Fornari, Giorgio Dazzini, Giuseppina Ponti, Roberto Dazzini, Testanera

Luoghi citati: Bergamo, Casteggio, Liguria, Pavia, Voghera