La Chiesa e il mondo di Luigi Salvatorelli

La Chiesa e il mondo La Chiesa e il mondo Durante la seconda metà del pontificato di Pio XI si avvertì nella letteratura etico-sociale cattolica la presenza dominante del tema della personalità umana. Di fronte ai totalitarismi partitici e statali, la dignità e l'autonomia della coscienza e della persona individua vennero innalzate a criterio supremo della dottrina sociale e dell'attività cattolica nel mondo. La prima impostazione ed elaborazione di tale indirizzo si ebbe nella coltura cattolica francese; dalla Francia codesto neoumanesimo cristiano si propagò a tutto il mondo cattolico, e ricevette le più alte sanzioni ufficiali. Le replicate manifestazioni di Pio XII rispetto al corso di avvenimenti sboccati nella seconda guerra mondiale fecero proprio quell'indirizzo, mantenendolo tuttavia sopra un piano prevalentemente difensivo della pace e dell'ordine internazionale, della libertà e sicurezza della Chiesa, con una circospetta genericità di linguaggio rispetto ai governi giudicata più tardi da una gran parte dell'opinione pubblica, non credente e credente, inadeguata alla gravità dei fatti e all'altissima missione pontificale. Ci .fu in Italia, all'inizio del secondo dopoguerra, chi espresse l'auspicio di una convergenza tra umanesimo laico e umanesimo ecclesiastico. Ambedue le parti — fu detto — avrebbero dovuto prendere coscienza del nesso collegante i due umanesimi. La civiltà cristiana aveva ereditato largamente dalla classica, elevandone lo spirito; il mondo moderno aveva ripreso gli ideali del l'umanesimo antico, purifì cati dal cristianesimo e svi luppati secondo le nuove realtà sociali; e adesso le Chiese cristiane, sotto le dure esperienze nel mondo dello due guerre, risalendo al Vangelo per rigenerare la società contemporanea, si sarebbero incontrate con l'umanesimo laico, « naturalmente cristiano». Nel corso del secondo dopoguerra, durante la più lunga parte del pontificato di Pio XII, la convergenza auspicata ebbe più insuccessi che realizzazioni. In Oriente — nel mondo comunista — ci fu urto aperto fra le due società, o meglio, respingimento e accantonamento (.poliziescamente sorvegliato) della società religiosa da parte di quella politica. In Occidente, sotto l'impressione del fenomeno comunistico e della sua minacciosa espansione, la società cattolica, per impulso diretto della suprema gerarchia, si rivolse (soprattutto in Italia) ad approfittare nella più larga misura possibile delle libertà democratiche per la propria difesa ed espansione. Sorse nel mondo laico il timore che si arrivasse allo stabilimento di una nuova teocrazia, ben più effettiva di quella medievale. Questa condizione di cose suscitò movimenti in senso contrario: e ne risultò compromessa la pacifica « coesistenza », e tanto più la collaborazione, fra le due società a tutto vantaggio di correnti estreme vecchie e nuove. Il pensiero animatore del pontificato giovanneo fu quello di un rinnovamento intimo nel rapporto fra la Chiesa e il mondo. Papa Giovanni riconobbe — con pienezza di comprensione, e adesione ili spirito, forse senza precedenti nella' storia del pontificato romano — che la società civile possiede nei principi della morale e del diritto naturale e nella voce della coscienza individua una base, una guida sua, autonoma e integrale. La Chiesa — nell'esercizio non di un'alta sovranità, ma del suo ministero pastorale — può e deve richiamare a quei principi, rafforzandoli ed elevandoli alla luce della fede e nel calore della carità. Nella Pacem in terris Papa Giovanni affermò che la maggior parte degli insegnamenti contenuti nell'enciclica appartenevano al diritto naturale, alla morale umana. Da questa intima, fattiva persuasione Papa Giovanni ricavò l'insistenza, il calore, l'audacia con cui non si stancò di invocare e praticare la collaborazione tra credenti e non credenti, tra cattolici e acattolici, aiuta to in ciò da un sereno realismo che gli faceva vedere e proclamare quanta real tà e virtualità di bene ci fosse nel mondo attuale. In questo spirito egli bandì il suo programma di ordinamento mondiale pacifico e giusto; e, convocato il Concilio, dette ad esso il mandato di formulare in nuovi termini, adatti alla comprensione di tutti, i fonda menti religiosi della civiltà umana, i rapporti concreti di oggi fra la Chiesa e il mondo. * * Di fronte all'ottimismo giovanneo è stato rilevato da tempo più di un accento pessimistico nelle allocuzioni paoline. Anche in quella inaugurante la quarta e ultima sessione del Concilio si parla de « l'eterna vicenda di Babilonia, tragicamente documentata all'età nostra ». Ma in questa stessa allocuzione Paolo VI, quasi adoperando una nuova «lancia di Achille », porge il rimedio in un più fervente proposito di portare l'insegnamento e l'opera della Chiesa in aiuto al mondo sconvolto. Con questo, non siamo ancora nel ripristino di quella fiducia giovannea nella moralità umana, nella coscienza individua « naturaliter Christiana ». Solo la preoccupazione angosciosa per la pace internazionale ha potuto indurre il Pontefice all'appello senza precedenti rivolto a una istituzione puramente umana, e ricca di tutti i difetti e contrasti del mondo odierno, perché ponga fine ai conflitti in corso, ne eviti di nuovi, e realizzi in sé l'organizzazione internazionale integrale assicurante la pace, il diritto, l'avvenire dell'umanità, nel benessere e nella dignità di tutti e di ciascuno. L'appello di Paolo VI è giunto non solo a riconoscere l'utilità e la necessità delle Nazioni Unite, ma anche a proclamarle unica via di salvezza per la convivenza umana su questa terra. Tutta la trama del discorso è contesta di argomenti attinti alla moralità urna na, all' esperienza storica (quest'ultima espressione si trova letteralmente- nel' discorso) e, possiamo dire, al semplice buon senso: «Si vous voulez ótre frères, laissez tomber les armes». Si può avere la sensazione che il Pontefice abbia sottovalutato le difficoltà dell'impresa, anche quando invita le Nazioni Unite a ricuperare i soci perduti e a far entrare quelli assenti : e, più in generale, che egli abbia dato minor rilievo al tema della giustizia in favore di quello della" pace. Falsificherebbe tuttavia la lettera e 10 spirito dell' allocuzione Paolina chi volesse trovarci la proposta di un'entrata immediata p incondizionata della Cina all'Onu: egli ha pur parlato di « onore e lealtà ». Diciamo, piuttosto, che a questo punto egli ha compreso appieno che non si può chiedere all' umanità nulla di grande senza avere fiducia in lei. Fiducia nell'umanità: ecco quello che mi sembra sia al fondo del famoso « schema 13 », su « la Chiesa e 11 mondo d'oggi », di cui è terminata, se non erro, la discussione generale al Concilio. Veramente, lo schema rappresenta nell'insieme quanto di meglio si sia concepito fino ad oggi da parte ecclesiastica per quell'incontro fra umanesimo ecclesiastico e umanesimo laico da cui ha avuto inizio il nostro discorso. Il commento migliore allo schema, e il miglior contributo per la sua redazione finale, si avrebbe mettendo insieme una serie di affermazioni fatte dai Padri favorevoli, in massima, al medesimo (e magari disposti ad andare più avanti ). Impossibile, per noi, tentare qui una simile enumerazione, anche ridotta ai minimi termini. Facciamo almeno una citazione, di un vescovo jugoslavo : « Occorre avere una teologia rinnovata dello Spirito Santo, presente contemporaneamente nel mondo e nella Chiesa ». E intoniamo: «Veni, Creator Spiritus ». Luigi Salvatorelli

Persone citate: Paolo Vi, Papa Giovanni, Pio Xi, Pio Xii

Luoghi citati: Babilonia, Cina, Francia, Italia