L'SS Peiper, lo sterminatore di Boves deportò i 200 ebrei rifugiati a Cuneo di Giorgio Martinat

L'SS Peiper, lo sterminatore di Boves deportò i 200 ebrei rifugiati a Cuneo La contenenza slampa dell'avvocato Kempner L'SS Peiper, lo sterminatore di Boves deportò i 200 ebrei rifugiati a Cuneo Si tratta degli israeliti che, fuggiti dalla Francia, s'erano nascosti a Borgo S. Dalmazzo - Le SS li arrestarono portandoli ad Auschwitz: nessuno si salvò - Il legale antinazista (che cura la causa in Germania) dice: "A Stoccarda l'istruttoria è iniziata con l'interrogatorio di due ufficiali nazisti" - Ma aggiunge: "Per ottenere la condanna di Peiper bisogna che la magistratura lo riconosca colpevole di assassinio aggravato: qualsiasi altro reato di guerra è già caduto in prescrizione" (■Dal nostro inviato speciale) Cuneo, 5 ottobre. It procedimento penale contro Joachim Peiper per la strage di Boves e per la deportazione dei 200 profughi ebrei di Borgo S. Dalmazzo si è aperto. La magistratura di Stoccarda ha iniziato un'istruttoria preliminare e interrogato l'ex maggiore delle SS. « E' un passo — ha dichiarato oggi l'aw. Robert Kempner, che rappresenta il "Comitato per l'affare Peiper" di Cuneo — la cui importanza non è ancora molto chiara, ma che dal punto di vista tecnico e giuridico equivale alla contestazione di un'accusa ». Ma — ha aggiunto subito dopo — il processo si presenta lungo e difficile: <E' già quasi un miracolo e si deve all'eccellente documentazione raccolta dall'avv. Dalmazzo e dagli altri membri del Comitato se si è giunti a questo punto, molto più avanti di altri procedimenti analoghi». Bisogna dimostrare che Joachim Peiper è colpevole di « Mord > (cioè: assassinio aggravato), il più pesante dei delitti previsti dal codice tedesco. Qualunque altro reato, di un gradino appena al di sotto, è già caduto in prescrizione. E, a quanto pare, ben pochi sono i magistrati tedeschi disposti a riconoscere nei crimini di guerra le due aggravanti che configurano il «Mord»: la premeditazione e gli abbietti motivi personali, Robert Kempner non ha nascosto anche altre difficoltà: «Peiper è un uomo molto energico, dotato di autorevolezza, si presenta bene. Ciò rende le cose ancora più difficili». Ieri aveva detto : « Io mi occupo solo di grandi assassini, i piccoli non mi interessano ». E sembra che la figura di Joachim Peiper non sia di secondo piano, come era apparsa fino ad ora. Era già stato condannato, si è detto, per aver partecipato alla fucilazione di un gruppo di prigionieri americani. Una corte marziale alleata lo ave va condannato a morte: era entrato nel novero delle < giubbe rosse », di coloro che attendono l'esecuzione. Ma poi aveva chiesto la grazia e la condanna era stata commutata in otto anni di reclusione. « Allora — dice l'aw. Kempner — Joachim Peiper era sembrato una comparsa, o poco più. Non ci si era occupati molto di lui. Ma più tardi è divenuto chiaro che è stato un personaggio importante. Se le SS erano V "élite" del nazismo, Peiper apparteneva alla "élite" delle SS: alla ristretta cerchia di coloro che erano molto vicini al generale Karl Wolff. braccio destro di Him mler. A costoro venivano affidati incarichi particolarmente difficili. Per questo venne inviato a Boves, come "speda lista" ». La fredda e determinata ferocia con cui la strage venne consumata conferma che si trattava di uno « specialista » Chi l'ha compiuta non è un piccolo assassino: lo testimoniano le 56 vite stroncate, di uomini, donne, bambini, sa cerdoti. C'è una nota di fred do disprezzo nella voce di Robert Kempner, che ama defi nirsi < l'uomo che ha interro gato alti gerarchi nazisti più di ogni altro al mondo », quan do dice: « Nessuno di costoro si è mai assunto apertamente la minima responsabilità. Ci sarebbe almeno una certa cupa grandezza nel male, se que sti assassini venissero a dirci. " Soìw accadute cose tremen de: eccomi, sono stato io"» Ma non uno di questi macellai in divisa ha avuto il coraggio di farlo. Nemmeno Joachim Peiper. < Bovesf — aveva detto un anno fa, quando la prima de nuncia contro di lui era stata inoltrata. — Noìi ricordo. So no stato in molti luoghi, come posso ricordarli tutti ? ». Ora pare abbia la scelta fra tre linee dì difesa. Primo: trincerarsi dietro l'ordine ricevuto <Sono un soldato, dovevo obbedire agli ordini superiori », Dice l'aw. Kempner: «Se questa sarà la sua giustifica zione, l'espressione " ordini su periori" verrà sottolineata e fatta valere opportunamente. La conosciamo bene: in noVe casi su dieci, questi uomini tentano di nascondersi dietro l'uniforme che indossavano ». Secondo: lo «specialista» Peiper quel giorno a Boves non c'era. «Non sappiamo se sosterrà questo — dice l'aw. Kempner —, ma allora le testimonianze raccolte saranno preziose. Nessuna " SS ", fino ad ora, è mai stata presente agli eccidi. Non ce n'erano nemmeno a Varsavia. Sarebbe utile, in questi casi, il libro dove i reparti annotavano quotidianamente le azioni compiute. Ma sono stati quasi tutti distrutti ». Infine, Peiper potrebbe difendersi sostenendo che si trattava di un'azione di guerra: ■* E allora chiederemo fino a che punto si può as sassinare in una guerra as¬ sassina? E stabiliremo che il massacro di Boves non ha nulla che fare con la guerra». Con Peiper, la magistratura di Stoccarda ha convocato altri due ufficiali che erano alle sue dipendenze. Ma l'avvocato Kempner ritiene opportuno, per ora, non farne i nomi. « Non siamo del tutto sicuri aggiunge l'aw. Dalmazzo — che si trovassero anche loro a Boves ». Sono stati interrogati anche sulla deportazione dei 200 ebrei che fuggiti dalla Francia si erano sistemati a Borgo S. Dalmazzo e morirono ad Auschwitz: <E' un altro capitolo difficile per l'accusa — afferma l'avvocato — perché potremo provare che Peiper e i suoi uomini li hanno solo rastrellati e concentrati. Bisognerà dimostrare che questo concentramento è stato il principio della fine ». Il processo contro Joachim Peiper presenta, dice l'avvocato, due aspetti che merita sottolineare. Pino ad ora si era parlato, nelle aule di giustizia tedesche, dello sterminio di ebrei, zingari, prigionieri di guerra, specialmente russi e polacchi. Per la prima volta ci si occupa dell'assassinio di due preti cattolici: il parroco di Boves, don Giuseppe Bernardi, fucilato nel cortile di una casa in fiamme e il vice curato don Mario Ghibaudo, falciato da una raffica di mitragliatrice mentre trascinava una donna invalida lontano dal luogo dell'eccidio. «Eppure — afferma Robert Kempner — sono circa quattromila i sacerdoti cattolici assassinati dai nazisti. Ma solo per quelli italiani esiste una lista abbastanza completa, raccolta dall'Azione Cattolica. Per gli altri, bisogna rivolgersi a ciascuna diocesi: è una documentazione ardua, che mia moglie Benedicta sta completando ». Questo processo, inoltre, è il secondo in Germania che riguardi vittime italiane: il primo è quello contro l'ing. Leib- brandt, che fece trucidare un gruppo di lavoratori «perché non ci si poteva più fidare di loro ». Non è ancora concluso e si celebra anch'esso davanti al tribunale di Stoccarda. « Sono venuto a Cuneo e a Boves — conclude l'avvocato — per raccogliere il maggior numero possibile di procure delle vedove, dei figli, dei genitori dei trucidati. Intendiamo costituirci parte civile. In Germania, la parte civile è definita "l'amico del pubblico ministero" e gode nel corso del processo di particolari diritti: avanzare richieste, appellarsi contro determinate decisioni, esaminare direttamente i documenti, chiedere l'arresto degli imputati. Ho già raccolto una decina di queste procure, mi fermerò una settimana per raccoglierne ancora ». Sarà un altro processo davanti a un'aula deserta, tra l'indifferenza o, peggio, l'ostilità dell'opinione pubblica? «No — afferma l'aw. Kemp-ner — non posso dire che l'o- pinione pubblica sia ostile,Naturalmente, esistono cìrcolifascisti che sostengono che no» l'assassino, ma Vessassi- ?t<zio è colpevole. Sono obi- tuato a queste cose, fin dal1930, quando chiesi l'inorimi-nazione di Hitler per sper-giuro e per alto tradimento,e venni sospeso dal mio ufficioe arrestato dalla Gestapo ». Le spese del processo sa-ranno sostenute dall'ammini-strazione provinciale di Cuneo, con il concorso delle città martiri della Resistenza: Cuneo, Boves, Alba, Mondovì, Priora, Clavesana. « Ne ho riunito i sindaci — ha detto il presidente dott. Falco — c/ie si sono detti lieti di contribuire. Noi consideriamo il caso dì Boves come un simbolo, perseguendo gli autori della strage sentiamo di riaffermare i valori della libertà e della Resistenza ». Giorgio Martinat