La vita straordinaria di Robert de Montesquieu di Sandro Volta

La vita straordinaria di Robert de Montesquieu Regnò sulla Parigi della «Belle Epoque» La vita straordinaria di Robert de Montesquieu Gabriele d'Annunzio dovette a Robert de Montesquieu l'immenso successo, die d'altronde non ebbe nessun seguito, della prima rappresentazione del Martirio di San Sebastiano, che andò in scena a Parigi nel 1911, e il poeta se ne rese conto poco tempo dopo quando avendo abbandonato l'amico e rinunziato perciò alla sua collaborazione, subì il fiasco della Pisa/iella. Ma per // martirio l'impegno di Montesquiou era stato decisivo: per arricchire il suo linguaggio immaginifico, aveva raccolto termini arcaici e ne aveva poi eliminato gli italianismi, gli aveva procurato l'interpretazione di Ida Rubinstein, la scenografia di Bakst e il commento musicale di Debussy. Aveva, insomma, riunito intorno a quell'opera decadente e difficilmente accettabile dal pubblico tutti gli elementi per farne uno spettacolo d'una magnificenza eccezionale e, soprattutto, era riuscito a mobilitare il « Tout-Paris » per assicurarne il trionfo. Chi era, dunque, Robert de Montesquiou? La trentina di volumi di poesie e di critiche artistiche e letterarie che ha lasciato non servono a farcelo conoscere: di tutte le sue poesie, neppure un verso si è salvato dalla dimenticanza, mentre le critiche riguardano artisti e scrittori caduti ormai nel medesimo oblio, da Francois Coppée, Al bert Samain, Paul Bourget, a Sargent, Klimt, Whistlcr, senza che l'autore mostri di avere nep pure sospettato l'esistenza degli impressionisti, di Cczannc, di tutti quegli autentici valori che illustrano oggi la sua epoca. Eppure, negli anni a cavallo dei due secoli, Robert de Montesquiou fu l'arbitro della Parigi intellettuale e mondana, fu il divulgatore dello stile floreale, il personaggio più rappresentativo della « belle epoque ». Svanita la risonanza della sua effimera fama letteraria, rimane ora l'interesse per l'eccezionale figura e per l'avventura straordinaria della sua vita. Philippe Jullian la rievoca in un volume di 400 pagine: « Robert de Montesquiou: un prince 1900 », edito nei giorni scorsi dalla Librairie Académiquc Perrin. Questo discendente di Cyrano de Bcrgerac nacque a Parigi il 7 marzo 1855 in una famiglia che, attraverso i duchi d'Aquitania, risaliva ai Merovingi. Aveva antenati marescialli, membri dell'Académié, ministri, c suo nonno, Grande di Spagna e aiutante di campo di Napoleone, per giustificare di essere entrato al servizio dell'Impero, diceva: « Che volete, per noi anche i Capetì sono degli usurpatori». Ruben rimase orfano di madre quando era ancora fanciullo c il padre che si interessava soltanto di donne c di cavalli, quando parlava dei tìgli, diceva: « Questi stranieri che introduciamo così imprudentemente nella nostra esistenza ». Pertanto il giovane conte, in balìa di se stesso, passò gran parte dell'infanzia con le sorelle presso Pau, nella gentìlhommière che aveva dato il nome a D'Artagnan, una antichissima costruzione quasi rustica, con le mura ricoperte di blasoni. Però la famiglia si spostava di continuo nei castelli che la parentela possedeva in ogni parte di Francia e non mancava di passare almeno un mese ogni anno a Baden-Badcn, ospite del cugino, il principe de Chimay, la cui casa era frequentata da altezze reali. Nella magnificenza di quella vita si formò il gusto del futuro esteta: un gusto raffinatissimo, educato dalla squisitezza delle aiuole fiorite, dei vecchi avori, delle coppe d'argento cesellato, delle sete preziose, delle conversazioni con le duchesse amiche di famiglia. Venne però i; momento di ritornare a Parigi e di pensare agli studi e. dopo due anni tutt'altro che brillanti al Liceo Bonaparte, Robert venne messo a pensione in un .collegio di Gesuiti. Robert aveva la fantasia piena dei personaggi di Balzac quando rientrò in famiglia. Ri prese le abitudini mondane in mezzo alle duchesse del nobile faubourg, delle quali era diven tato l'idolo. Si manifestarono tuttavia in quel periodo le sue tendenze particolari: il giovane, infatti, rifiutava di imparare a ballare perche diceva che la sola idea di stringere fra le braccia una damigella accaldata gli dava la nausea. Con un padre per il quale non esistevano che le donne e i cavalli, si capisce che non po¬ tesse esserci accordo. D'altra parte, dopo Scdan, c'era stata una nuova restaurazione e un conte De Montesquiou, imparentato con tanti ministri e senatori, avrebbe potuto fare una splendida carriera nella politica, nella diplomazia, nella letteratura ufficiale; ma a dispetto del padre, Robert non aveva di queste ambizioni: per lui il problema era soltanto quello di vincere la noia e cercava di risolverlo nel culto di una bellezza svincolata da ogni convenzione. Decise dunque di andare a vivere da solo e, per crearsi una cornice confacentc ai suoi gusti, arredò le soffitte del palazzo paterno. Nelle fotografie ingiallite che si conservano ancora, si ha l'impressione di un caotico bric-à-brac, di un affastellamento di mobili e suppellettili, di tendaggi e di tappeti; si ha l'impressione d'un insieme che toglie il respiro, repellente e ridicolo. Eppure fu quello il primo arredamento d'un gusto che ha dominato l'Europa per un'intera generazione, fino alla prima guerra mondiale, e che sta perfino ritornando oggi di moda. Nelle soffocanti stanze ammobiliate allora da Robert de Montesquiou all'ultimo piano d'un palazzo del fattbourg Saint-Gcrmain, nacque infatti la voga del Modem style. Poi, il conte si stabilì in altre dimore, più lussuose, ma tutte ispirate al medesimo stile: ai margini del Bois de Boulognc, a Versailles, ovunque un'antica villa circondata da un parco poteva prestarsi alle sue stravaganti magnificenze. Sontuosi ri cevimcnti vi si svolgevano: caduto il Secondo Impero, il gratin delle duchesse aveva dovuto ce dcre il monopolio della mondanità e Robert de .Montesquiou vi aveva sostituito il «ToutParis », che doveva poi diventare la café-society. Egli era diventato infatti il modello dell'alta società parigina. 11 suo temperamento freddo unito all'impegno della perfezione, aveva fatto di lui uno dei rarissimi dandics che ha avuto 1 Francia. In lui c'era inoltre l'ali rcola della poesia, che gli altri non avevano. Nei saloni de faubourg Saint-Gcrmain avev: conosciuto alcuni poeti, da .Mallarmé a Villiers de l'Islc-Adam. Molti erano ili origine plebea e li lusingava l'amicizia con quel giovane aristocratico; le sue poesie venivano prese in considerazione, magari ammirate. Anche qualche pittore già celebre era entrato nel giro, fra cui Boldini, che gli aveva fatto uno dei suoi ritratti più famosi. A quell'epoca, nel maggio 1884. Jorìs-Karl Huysmans aveva pubblicato A rebours, l'opera con la quale si era staccato clamorosamente dalla generazione degli scrittori naturalisti che, nella sua ansiosa ricerca della modernità, non poteva più sopportare. Immenso fu il successo del romanzo e non meno grande lo scandalo che suscitò: dello scandalo fece le spese Montesquiou, che Huysmans, identificando la modernità con una perversità alla Edmond de Goncourt, aveva preso a protagonista nel personaggio del conte Des Esscintes, misogino ed csteta come lui. Montesquiou aveva allora 27 anni; l'unica avventura galante che gli si conosceva era stata con Sarah Bernhard!, una avventura fugace, dopo la quale, secondo quanto diceva lui stesso, ritornando a casa aveva vomitato di disgusto. Lo scandalo di A rebours non scalfì tuttavia il suo prestigio mondano, ma contribuì anzi ad accrescerlo e a consolidarlo. In un altro personaggio letterario fu più tardi ritratto Robert de Montesquiou: il barone Charlus, protagonista di A la recherche du temps perdu. Marcel Proust era entrato giovanissimo nella corte del conte, attratto dal suo splendore mondano; Montesquiou lo considerava un giovanotto di belle speranze e si divertiva a raccontargli i pettegolezzi d'un mondo, di cui quello avrebbe voluto far parte. Lo aveva anche presentato alla cugina, la contessa de Greffulhc, che lo aveva introdotto in società: tutta l'opera di Proust è, comunque, il risultato delle conversazioni con Montesquiou, ma non si può dire che il grande scrittore gliene fosse grato: « Da principio — scrisse poi a un ami co — non sapevo se Monte squioti sapesse di essere ridicolo ». Proust si allontano da lui do- po Ù successo; e, uno per uno, anchc tutti gli altri. Il mondo inconsistente che lo aveva sostenuto scomparve con la prima guerra mondiale: l'automobile e il telefono avevano accelerato il ritmo della vita, il cubismo aveva eliminato i simboli dalla pittura e il jazz non si prestava alla danza dei sette veli, il cinematografo aveva soppiantato il teatro di Rostand. « Un'impressione singolare, ancor più che penosa — scrisse nelle memorie — consiste nell'accorgersi ad un tratto che la propria vita è finita. Si è là, più o meno fisicamente malconci oppure ancora resistenti, con le proprie facoltà ancora all'apparenza intatte, via inadatte al gusto dei giorno ». Per sottrarsi alla solitudine e alla fatale dimenticanza, Robert de Montesquiou si trasferì nel novembre 19:1 a Mentone, dove morì tre settimane dopo per una crisi di uricemia. Sandro Volta