Un «atto di contrizione» della Chiesa che è spiaciuto ai cardinali conservatori di Vittorio Gorresio

Un «atto di contrizione» della Chiesa che è spiaciuto ai cardinali conservatori DAI TEMPI DI PIETRO ALL'EPOCA MODERNA, UN LUNGO CAMMINO Un «atto di contrizione» della Chiesa che è spiaciuto ai cardinali conservatori Per volontà di Paolo VI la nuova sessione del Concilio è stata aperta da una «processione espiatoria» - L'arcivescovo di Palermo, Ruffini (che con Ottaviani rappresenta la corrente di destra) ha avuto parole dure - «Si presenta agli uomini una Chiesa che chiede perdono delle sue colpe. Si dimentica invece che cosa il mondo deve alla Chiesa » - In realtà i Padri riuniti in questi giorni in Vaticano danno prova della perenne vitalità e giovinezza del Cattolicesimo - Molte tendenze, a volte contrastanti, ma sempre armonizzate per conseguire il bene comune Roma, settembre. Questa Quarta Sessione del Concilio è stata inaugurata, come qualcuno ricorderà, con una processione di penitenza che si è svolta dalla chiesa di Santa Croce in Atrio Sessoriano alla basilica di San Giovanni. Per poco meno di un chilometro, il Papa ha camminato recando un Crocifisso e lo seguivano millecinquecento Padri conciliari cantando il Misererò. « Miserere nostri, Domine»: il Papa e i Padri chiedevano perdono a Dio delle colpe della Chiesa cattolica nei secoli, colpe di intolleranza, colpe di scarsa carità per il prossimo, colpe di poca fede nell'Onnipotente. Solo dieci anni fa, prima dei tempi di Giouanm vale a dire, simile rito espiatorio sarebbe stato affatto inconcepibile, ed è apparso anche oggi, a. molti, fuor di luogo. Il cardinale Ernesto Ruffini, arcivescovo di Palermo, ho. preso la parola pochi giorni dopo, in San Pietro, per deplorare il nuovo, inammissibile atteggiamento della Chiesa. Colto lo spunto da una discussione sul cosiddetto schema XIII, riguardante i rapporti della Chiesa con il mondo, si è lamentato dell'andazzo corrente che quasi tenderebbe ad ignorare «la enorme massa di peccati, la corruzione dei costumi e tutti i mali abominevoli propri al mondo moderno » per fare invece un atto di contrizione per i presunti piccoli peccati della Chiesa: «Si indulge troppo a presentare agli uomini una Chiesa in ginocchio che chiede perdono per le sue colpe. Questo significa voler dimenticare che cosa il mondo, la cultura, la civiltà, debbono invece alla Chiesa ». Della processione espiatoria voluta dal Papa e dello schema XIII in discussione al Concilio, il Cardinale di Palermo faceva tutto un fascio, senza dar grazia a Paolo VI né agli autori e fautori del testo dottrinario: «Mi dispiace moltissimo», concluse. Anche all'arcivescovo di Diamanthia in Brasile, monsignor Gerard De Proenca Sigaud, dispiacciono i pentimenti della Chiesa. Egli è del resto d'opinione che di uno schema XIII che definisca i termini del rapporto con il mondo moderno non c'è affatto bisogno: «Abbiamo già uno schema di questo genere nei venti volumi che raccolgono i discorsi di Pio XII, e che contengono quindi una dottrina profonda, semplice, completa, esauriente di tutti i problemi. E' un'enciclopedia di cui basta fare un buon sommario, e avremo quello che ci serve. Al bando la fenomenologia, in guardia contro i rischi cui ci espone Teilhard de Chardin, e ricordiamoci che anche nella torre di Babele si pretendeva di ricostruire a nuovo il mondo ». Il vescovo brasiliano che paragona il Concilio ecumenico Vaticano II alla Torre di Babele è in qualche modo il coordinatore dell'opposizione conservatrice contro la maggioranza progressista dei Padri. E' infatti il segretario generale del cosiddetto « Coetus internationalis patrum », che è una specie di corrente minoritaria organizzata, come ne esistono anche nei partiti politici, e a propria volta tiene come segretario particolare un laico, Henrique Barbosa Chaves, che nella vita civile è direttore di un'associazione di Rio de Janeiro che si intitola « per la difesa della tradizione, della famiglia e della proprietàr. Indubbia, dunque, la posizione ideologica del vescovo e del suo segretario, tanto sul piano religioso quanto su quello profano: ed è una posizione che in Concilio sembra non riesca ad affermarsi, tanto vivacemente è contrastata dalla stragrande maggioranza dei Padri. Uscito di prigione recentemente, il cardinale Josef Beran arcivescovo di Praga, uomo die fece l'esperienza delle carceri naziste prima di entrare in quelle comuniste, ha esordito in Concilio con un atto di contrizione di sovrumana nobiltà cristianissima: «Possiamo dire che in Boemia oggi la Chiesa espia violazioni al principio della libertà religiosa come furono la condanna a morte di Giovanni Huss nel XV secolo e le forzate conversioni al cattolicesimo nel XVIII. Sia l'attuale esperienza, sia la sto- ji mondo, non da noi ria, esigono quindi che il Concilio proclami la libertà religiosa senza riserve, in uno spirito di penitenza per le colpe passate. Solo così sarà possibile intervenire a favore dei fratelli perseguitati della Chiesa del silenzio». Un altro cardinale d'oltrecortina, Franjo Seper, successore nell'archidiocesi di Zagabria di quello Stepinac che fu processato e condannato da Tito, ha accusato i cristiani di essere la causa essi stessi, dell'ateismo moderno: « Troppi di noi si sono opposti al progresso del mondo, mentre è volere esplicito di Dio che ci sia più giustizia su questa terra. Troppi di noi sono fautori dell'ordine passato ». Un polacco, monsignor Boleslaw Kominek, arcivescovo di Wroclaw, si è lamentato che 10 schema XIII risenta troppo delle concezioni correnti nella parte di mondo ordinata secondo i metodi del capitalismo, e sorprendentemente perfino uno spagnolo, l'arcivescovo di Madrid, monsignor Casimiro Mordilo Gonzalez, gli ha dato ragione. Il teologo domenicano francese padre Marie Dominique Chenu, ne ha tratto alcune conseguenze logiche nel corso di una conferenza stampa tenuta al centro di documentazione olandese: « Anche i valori profani sono pietre di paragone: la socializzazione, per esempio, fornisce risorse impreviste per la messa in opera dell'amore fraterno ». In tema di socializzazione, anzi di socialismo, ha fatto un lungo discorso Sua Beatitudine Maximos IV Seigh, patriarca di Antiochia e tutto l'Oriente. Alessandria e Gerusalemme e cardinale della Santa Chiesa. Uomo di tanti titoli, non ha paura delle parole che liberamente usa nel loro esatto significato: « L'enorme peccato del mondo è lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo ». Dato che 11 Papa ha recato in processione la Croce, ricordiamo che oggi « più di tutti portano la Croce le masse proletarie che cercano di uscire dalla povertà mediante l'associazione e la socializzazione ». E' certamente deprecabile che si atteggino ad atee, ma noi dobbiamo ricordare che « molti atei hanno fatto propri alcuni valori cristiani, e piuttosto che nemici della Chiesa sono uomini disgustati dalla mediocrità dei cristiani, scandalizzati dai ricchi che si dicono cristiani ». A questo punto Maximos IV ha citato la parabola evangelica di Lazzaro e di Epulone ed ha esortato i Padri, fra gli applausi che riempivano l'aula conciliare: « Mostriamo loro che il vero socialismo è il cristianesimo interamente vissuto nella giusta distribuzione dei beni e nella uguaglianza fondamentale di tutti, e soprattutto teniamo a mente che non è condannando il marxismo che salveremo il cristianesimo ». Secondo il vescovo di Monaco, monsignor Jean Rupp, la Chiesa sbaglia ritenendo che il mondo sia ancora fermo all'età del capitalismo liberale: < Roba dell'altro secolo, — ha detto con disprezzo — è un errore gravissimo perché i giovani hanno largamente superato una simile mentalità, e quindi noi rischiamo di farci dire che una volta di più la Chiesa è in ritardo di un'idea, di una riforma, di una rivoluzione ». Riprendendo questo discorso sui giovani lavoratori, il fondatore delle Joc (Jeunesses Ouvricres Catholiques) cardinale Giuseppe Cardijn di Malines, lo ha portato avanti con amore pastorale e, in pari tempo, con sereno buon senso: « Puntiamo sui giovani, che sono la metà dell'umanità. Da loro dipende La loro vita è diversissima da quella dei loro padri. Sono spesso lontani dalla famiglia, anche dalla patria, per lavoro. Bisogna convincerli che la Chiesa ha fiducia in loro. Invitiamoli virilmente, non paternamente, ad assumere le loro responsabilità. Rivolgiamoci al loro sentimento della libertà. Quanto ai paesi del Terzo Mondo, ammettiamo con loro che deve cessare lo scandalo che le sole nazioni ricche al mondo siano le nazioni cristiane ». Difficilmente si poteva dir meglio, nel quadro di un esame di coscienza (e in questo senso si può parlare di atti di contrizione della Chiesa in Concilio) ed anche di una presa di coscienza, secondo la corrente espressione marxista, delle reali condizioni del mondo contemporaneo. Questa è del resto la caratteristica essenziale della quarta sessione del Concilio, appena cominciata, ma già venuta a dar la prova del profondo tormento di ricerca che anima i Padri, e a questa stregua, d'altra parte, anche i contrasti vivacissimi che si trascinano di congregazione in congregazione senza che appaia la possibilità di trovare un linguaggio comune, sono nient'altro che la prova di un risoluto impegno, non già un motivo di futile scandalo per i molti filistei, Anticristiani senza coraggio. Vittorio Gorresio

Luoghi citati: Alessandria, Brasile, Gerusalemme, Madrid, Palermo, Praga, Roma, Wroclaw, Zagabria