Spara al rivale nel bar a Sanremo ma uccide un cliente seduto al tavolo

Spara al rivale nel bar a Sanremo ma uccide un cliente seduto al tavolo Un fatto di sangue nella "città vecchia 99 Spara al rivale nel bar a Sanremo ma uccide un cliente seduto al tavolo Arrestato dopo un lungo inseguimento - E' un immigrato di 33 anni - Prima di fuggire ha ferito a rivoltellate anche l'avversario - La vittima, di 36 anni, abitava a Ventimiglia (Dal nostro corrispondente) Sanremo, 25 settembre. Un immigrato entrato con la pistola in pugno, in una osteria della città vecchia di Sanremo, dopo aver intimato ad un uomo, seduto ad un tavolino con alcuni amici, di alzare le mani, ha esploso diversi colpi di rivoltella, ferendolo gravemente e uccidendo un avventore del tutto estraneo ai loro motivi di rivalità. Datosi immediatamente alla fuga, assieme al fratello con cui era entrato nel locale, è stato arrestato alcune ore dopo dalla polizia presso Capo Nero a bordo di un'auto. Del congiunto che sembra del tutto estraneo all'episodio, nessuna traccia. Erano le 18 di questo pomeriggio quando nell'* Osteria dei Ferri », in via Palma 18, un locale fumoso, dalle volte basse ancora in pietra grezza, entravano i fratelli Rocco e Carmelo Lipari, rispettivamente di 26 e 33 anni, nati ad Oppido Mamertino (Reggio Calabria) ma residenti l'uno a Ventimiglia e l'altro a Sanremo. Il più anziano dei due, Carmelo, teneva stretta in pugno una rivoltella a canna corta. Dopo aver minacciato con l'arma il trentunenne Francesco Carbone, da Sinopoli, abitante a Sanremo in via Monta, senza dargli tempo di alzare le mani, come gli era stato intimato, o di profferir parola, Carmelo Lipari cominciava a sparare. Sulla traiettoria dei proiettili si trovava, per sua malaugurata sorte, anche un innocente avventore, Rocco Papasergio, di 36 anni, abitante a Ventimiglia, che, allo stesso tavolo, era intento a sorseggiare una bibita. Mentre questi, mortalmente ferito, cadeva a terra rantolante, senza alcuna esitazione lo sparatore riprendeva la mira e faceva nuovamente fuoco in direzione del Carbone, che, raggiunto dai proiettili, scivolava ferito sull'impiantito con la faccia a terra. Il Lipari, non soddisfatto, inferiva su di lui, e, deciso a finirlo, lo colpiva alla schiena con altre due pallottole. Convinti di aver portato a termine il loro crimine, ì due fratelli fuggivano, favoriti anche dalla confusione che si era creata nel locale, ed imboccavano il vicolo Pescio, uno stretto « carrugio » che porta sulla piazza del Mercato, in pieno centro cittadino. Fatti pochi passi, però, si imbattevano in una giovane donna che, riconosciutili e collegando la loro presenza agli spari che aveva poco prima uditi, cercata, con grande sangue freddo, di fermare il più anziano. Quando però si accorgeva che Carmelo impugnava una pistola, non osava insistere a sbarrargli il passo. Le indicazioni della donna, date sollecitamente alla polizia, hanno permesso agli agenti di individuare immediatamente il colpevole del delittuo so episodio. Le indagini sono state subito avviate. Frattanto, dal luogo del de litto, alcuni volenterosi provvedevano a trasportare i diie feriti fino alla piazza del Mer cato. Di qui, su un'auto di pas saggio, venivano condotti al l'ospedale civile, ove purtroppo il Papasergio giungeva cadavere. Francesco Carbone, malgrado colpito da quattro pallottole, è ancora in vita, anche se le sue condizioni appaiono disperate. I medici dell'ospedale hanno deciso di rimandare l'intervento chirurgico in attesa che le cure migliorino le sue condizioni generali: egli è stato quindi sottoposto a ripetute trasfusioni di sangue. Gli inquirenti non sono ancora riusciti a chiarire i moventi della tragica sparatoria, anche se sono convinti che si tratti dì un «regolamento di conti ». Una traccia importante dovrebbe però essere costituita dalla presenza nelle tasche di Francesco Carbone di sei pallottole calibro 6,35, che starebbe a dimostrare che la vittima si riteneva in pericolo. Il Carbone, che in ospedale ha potuto pronunciare qualche parola, ha detto di non conoscere 1 suoi aggressori e di ignorare le causali del tentativo di sopprimerlo così freddamente. Posti di blocco venivano immediatamente predisposti dalla polizia nei punti strategici della via Aurelia. Verso le 22 una pattuglia di agenti di P. S. ha fermato a Capo Nero un'auto nera a bordo della quale, sul sedile posteriore, viaggiava Carmelo Lipari, che impugnava ancora la pistola con la quale aveva compiuto l'aggressione all'* Osteria dei Ferri ». Sui sedili anteriori erano due meridionali amici del Lipari. Nessuna traccia, invece del fratello Rocco. Carmelo Lipari, che non ha opposto alcuna resistenza alla forza pubblica è stato ac compagnato con i suoi amici in"' commissariato, 'durante l'interrogatorio, che. è tuttora in corso, ha ammesso di aver sparato al Papasergio ed al Carbone, cercando di scagionare in ogni modo il fratello. Interpellato sui motivi che l'avevano spinto a colpire i due uomini, si è limitato a dire che il Carbone era armato ed aveva temuto che facesse fuoco su di lui. La polizia ritiene invece che il fatto di sangue fra calabresi abbia avuto origine da antagonismo per la « supremazia » nell'ambiente della malavita, e. b. / protagonisti della sparatoria. Da sinistra: Rocco Papasergio, 36 anni, la vittima; Francesco Carbone, 31 anni, ferito; Carmelo Lipari, 33 anni, l'uccisore (Tel. Ansa)