È fuori pericolo il bambino avvelenato dal padre suicida

È fuori pericolo il bambino avvelenato dal padre suicida È fuori pericolo il bambino avvelenato dal padre suicida « Il babbo mi aiutava a fare i compiti, s'è interrotto per prepararmi la solita medicina; ho sentito un sapore amarissimo e ho vomitato » Marco Cena, il bimbo di 7 anni che il padre ha avvelenato prima di uccidersi, è fuori pericolo. E' stato trasferito dalla « camera di alta rianimazione » delle Molinette in una stanza appartata, la madre ha avuto, eccezionalmente, il permesso di rimanere al suo capezzale. Marco si è ripreso del tutto: è spigliato, allegro. Ha chiesto del padre,- gli è stato detto che anche lui si era sentito male e si trovava in un altro ospedale. E' stato anche interrogato, con discrezione: «Che cosa bai bevuto, prima di stare male?». Ha raccontato: « Prima di uscire, la mamma mi aveva dato un tè con il limone. Poi è tornato il babbo, mi stava aiutando a fare i compiti, quando mi ha detto che era l'ora di prendere la vitamina C ed è andato a prepararla. Era sempre lui che me la dava, da quando ho la bronchite. Alla prima sorsata, ho sentito un sapore amarissimo e ho vomitato ». E' stata, probabilmente, la sua salvezza: l'organismo ha reagito e ha espulso gran parte ilei veleno. Malgrado ciò, ò sta to ricoverato all'ospedale In fin di vita. Aveva un edema polmonare e 11 blocco renale, solo l'altra sera polmoni e reni hanno cominciato ad avviarsi verso lo normalità. Il padre, invece, deve aver bevuto tutto il veleno che si era preparato ed è morto nel giro di pochi minuti. Uno dei bicchieri, probabilmente quello di Marco, è stato ritrovato sul tavolo della cucina; un altro, spezzato, nell'acquaio. Ieri il dott. Tapperò ha eseguito l'autopsia del prof. Cena. Ma nemmeno cosi, per 11 momento, si è riusciti ad ldentificaro il veleno che ha usato. Lo si Baprà solo dopo gli esami tossicologici dei tessuti e dei residui di liquido trovati nel bicchiere. Dicono gli inquirenti: «Aveva la disponibilità di tutte le sostanze chimiche del laboratorio della scuola presso cui insegnava. Procurarsi un veleno non presentava, per lui, alcuna difficoltà ». L'unica domanda che fino ad ora non ha ottenuto una risposta esauriente è perché si sia ucciso. La autopsia non ha rilevato tracce della terribile malattia da cui si credeva affetto. « Naturalmento — dice il perito — il responso definitivo si avrà solo dopo gli esami istologici ». Perché, dunque, Giorgio Cena credeva di essere condannato? Oltre elio della malattia renale, soffriva di un altro doloroso disturbo, che gli provocava forti perdite di sangue. In pochi mesi era dimagrito di sette chili, nelle ultime settimane appariva cupo, scontroso. Probabilmente anche il suo sistema nervoso era minato dalle sofferenze e dai timori per l'avvenire. Gli stessi colleglli raccontano che avevano smesso di chiedergli come stava, perché rispondeva bruscamente: « Era diventato irascibile, si accendeva per un nonnulla » Più le sue condizioni si aggravavano, più sembrava crescere il suo affetto per il figlio Solo con lui era rimasto gentile, affettuoso. Se lo teneva vicino il più possibile, giungeva fino a risalire le scale per abbracciarlo ancora, prima di uscire E più volte era uscito In una frase che ora getta una luce dolorosa sul dramma che si è svolto: «I bimbi che rimangono orfani del padre mi fanno una pena immensa. Restano senza guida, è facile che finiscano male ». Da tempo, forse, meditava di togliersi la vita e di trascinare con sé nella morte il figlio che amava eopra ogni cosa.

Persone citate: Giorgio Cena, Marco Cena