A Ribera il sindaco vuol sostituire il preside dell'Istituto magistrale di Gigi Ghirotti

A Ribera il sindaco vuol sostituire il preside dell'Istituto magistrale Qualcosa sì muove dopo le pubblicazioni de «La Stampa» A Ribera il sindaco vuol sostituire il preside dell'Istituto magistrale In un esposto al provveditore di Agrigento lo accusa di irregolarità nell'assunzione del personale, di errori e di abusi nella direzione didattica - Si parla (e nessuno sinora smentisce) di diplomi ottenuti pagando 200 mila lire - Un professore avrebbe concesso le promozioni per 40-50 mila lire - In un paese vicino, a Burgio, il consiglio comunale chiede un'inchiesta sulla locale scuola media, perché vi arrivano troppi privatisti (Dal nostro inviato speciale) Ribera, 18 settembre. Era sembrato che, al grido di «Difendiamo l'istituto magistrale e l'onore della città di Ribera », i cittadini tutti sorgessero chiedendo la punizione del prof Reviglio. Invece le cose hanno mutato il loro corso in pochi giorni. Adesso è il sindaco di Ribera, prof. Tortorici, che domanda al provveditore agli studi, Alberto Meli, di sostituire il preside dell'istituto magistrale, prof. Ignazio Giudice, responsabile di abusi nell'assunzione del personale di segreteria, di reclutamenti abnormi tra i bidelli, di errori ed abusi nella direzione della scuola. Voci corrono per Ribera, che annunciano le dimissioni ,del prof. Giudice. Ma c'è di più. Anche da un paese vicino arriva la segnalazione d'un caso assai simile a quello di Ribera. Si tratta di Burgio, paese a pochi chilometri da Ribera. L'altro ieri, con una delibera della giunta comunale, è stata chiesta al provveditore un'indagine su certe stravaganze notate negli esami di licenza delle scuole medie di Burgio. Come mai, si domandano gli amministratori comunali, le nostre scuole medie vedono arrivare, al momento degli esami, candidati da tutta Italia, e non solo ragazzi di tredici o quattordici anni, ma giovinotti sui diciotto e vent'anni, uomini fatti sui trenta-trentacinque, signori sui quarant'anni, e tutto ciò in un paese, Burgio, che è difficile persino a rintracciare sulla carta geografica e dove è difficile arrivarci e più difficile ancora soggiornare, poiché mancano locande, alberghi e pensioni, per non dire dell'insufficiente attrezzatura scolastica'.' Il fatto è che in molte scuole della Sicilia, l'antico dilemma se sia meglio l'asino vivo o il dottore morto è stato superato. Non si tratta che di involtolare l'asino in un diploma. Una volta poi issato in cattedra, il gioco è fatto. «Se su cinquanta candidati a una determinata domanda cinquanta non rispondono, lei che fa ? », mi domanda un padre di famiglia riberese, Giuseppe Cardinale, un uomo massicio, voce possente, che se ne viene ogni mattina dal paese ad Agrigento per scortare la figliola, agli esami di riparazione. Il coro dei padri di famiglia segue costantemente le candidate; si sofferma per ore e ore davanti alla sede scolastica, aggancia professori, giornalisti, fotografi; con le dita della mano destra raccolte a forma di pera, i padri tengono interminabili conferenze stampa per dimostrare che « nulla vi fu, a Ribera, contro i professori ». «E dunque, lei, che farebbe? ». «Li boccerei tutti e cinquanta ». «E no, lei sbaglia, caro signore. Gli esami così non si fanno. Lo dice chiaro anche il ministero in numerore circolari. Gli esami debbono essere un colloquio, per accertare che il candidato sia maturo. Basta con il nozionismo! A che serve sapere quando nacque Napoleone o quando morì Leopardi? Concetti superati, caro signore...». A Ribera, il comitato di agitazione, sorto all'indomani dell'8 settembre (8 settembre 1965, giorni in cui « La Stampa » pubblicò le famose rivelazioni sugli strani esami di Ribera), si è messo, almeno per il momento, il cuore in pace. « Noi attendiamo tranquilli l'ora della verità », ci dicono i maggiorenti. Intanto, preparano il materiale della autodifesa: Concettuzza, Carmelina e Rosarietta hanno già fatto le loro dichiarazioni, e l'insegnante di religione anche lui: le riserve di ordine morale intorno ai modi di interrogazione usati dalla prima commis sione del « Francesco Crispi » nei confronti delle candidate saranno rese esplicite e documentate, ci dicono. Ma l'unanimità è spezzata. Il « Circolo Luigi Pirandello » è in piena crisi. Il suo presidente ha avuto una serie di febbrili colloqui con il presidente della San Vin¬ cenzo de' Paoli. « Bisogna che quel documento fotografico salti fuori», diceva il presidente. Obbiettava il secondo : « Per un senso di pietà umana, sarà meglio che quel documento scompaia. Il paparazzo che fece scattare il lampo da cui venne una così grande inchiesta è pentito sinceramente di quello che ha fatto. Eppoi, appartiene al mondo della scuola, lasciamolo in pace! ». Quanto agli universitari del « Circolo dei cappelli di paglia », essi sostengono che, per loro, la verità è già chiara e lampante. Questo non è un paese dove chi vuol vivere in pace, senza raccomandazioni, 10 possa fare, sicuro che non gli verrà fatto un torto. Incominciamo con la distribuzione dei turni: ottobre scorso, l'istituto magistrale decise di assegnare al turno del mattino gli allievi « raccomandati » ed al turno del pomeriggio gli altri. Ci fu una sollevazione, che ebbe echi anche nel Consiglio comunale. Conclusione: gli studenti che avevano domandato un criterio di maggiore giustizia nella ripartizione dei turni, vennero sospesi in massa da scuola per quindici giorni. Altro esempio, tanto per restare nell'ambito dell'istituto magistrale di Ribera. 11 prof. Pietro Greco, insegnante d'italiano e di storia, ottenne una cattedra triennale a Ribera. Però, nell'autunno scorso, in vista delle elezioni amministrative, ebbe l'idea di presentarsi candidato con la lista socialista. Il preside lo convocò d'urgenza: «Lei si è messo con un gruppo dì straccioni, lei si sta rovinando. Si ritiri, finché è in tempo». E alla moglie del Greco, professoressa anche lei : « Che cosa si è messa in testa suo marito? La avverto, quésta 'è un paese difficile... ». Conclusione i i coniugi Greco, alcuni mesi fa, chiesero il trasferimento a Canicatti, dopo essersi ripetutamente appellati alle autorità scolastiche, senza, per altro, averne molta soddisfazione. Quando, tre anni fa, l'istituto magistrale di Ribera fu statizzato, i maggiorenti gridarono vittoria. « Abbiamo finalmente strappato la scuola dalle mani della speculazione privata! », annunciò il prof. Nicosia in un pubblico comizio. Ma toste si capì quale piega avrebbe preso la scuola sotto la nuova gestione. In segreteria, da molti anni, c'era un applicato, il maestro Matteo Gatto. Venne posto in congedo e sostituito con il figlioccio del preside Franco Lala. Quando, per le proteste del Gatto, il Lala fu rimosso, al suo posto venne installato il cognato di un monsignore, Michelangelo Orsini. Anche il corpo dei bidelli fu selezionato in base a criteri assolutamente confidenziali. Nell'ottobre scorso un gior¬ nale che usciva a Ribera, Nuovi fatti, pubblicò una strana malignità: all'istituto magistrale, scrisse, si mercanteggiavano le promozioni sulla base di 200 mila lire. Doveva essere, certo, una calunnia. Però il direttore di Nuovi fatti aspettò invano la querela. Va detto tuttavia che in questa atmosfera di cose fatte in famiglia, nella gestione così caotica e abnorme della scuola, gli abusi erano tutt'altro che impossibili, é spesso le truffe si consuma-, vano all'insaputa degli stessi professori. Se ne racconta una, a Ribera, che ha l'aria di essere autentica. Un giovanotto fa presente ai genitori degli alunni che un tale professore vende le promozioni per quaranta o cinquanta¬ mila lire. Promozione garantita, si rimborsa la sómma in caso di bocciatura. Così avviene che, a scrutini ultimati, il tipo si tiene le lire incassate per le promozioni legittimamente date, e restituisce le somme avute dai padri dei bocciati. Il professore se ne va da Ribera con la nomea che potete immaginare, e il tipo in questione, frattanto, gira per la città con l'autovettura che si è comperata, « vendendo » le promozioni di chi aveva diritto di essere promosso. « Siete voi settentrionali, che non vedete altro che mafia! », brontolano i soci del « Circolo dei buoni amici ». E' vero : ci presentano pane bagnato e noi ci ostiniamo a pensare : «Ma questa è zuppa! ». Gigi Ghirotti