I colombi viaggiatori

I colombi viaggiatori Uno svago per raffinati, che richiede entusiasmo ed intuizione I colombi viaggiatori , Gli allevatori (« colombieri », si chiamano tra loro) sono parecchie migliaia - L'attività, regolata dal ministero della Difesa, impone una cura continua Ogni animale è selezionato, possiede il suo «pedigree» come un purosangue, viene allenato a voli sempre più lunghi -1 risultati sembrano incredibili: uccelli che viaggiano a 70-80 km all'ora e che ritornano alla base dopo traversate di 900 chilometri - Il campione torinese è un piccione che il proprietario ha chiamato Gordon Cooper, come l'astronauta - Lanciato da Barletta all'alba, sul tardo pomeriggio arrivava a Torino, al suo abbaino Alle due della domenica pomeriggio, in un centinaio di soffitte e di terrazze di Torino, un gruppo di signori .si mette di sentinella, lo sguardo verso la pianura, in attesa di qualcosa che deve arrivare da lontano. Sono i colombofili, superstiti e cavallereschi appassionati di uno dei più antichi sport della storia. Attendono il ritorno dei loro animali, lanciati la mattina da una remota località della penisola, e in volo da sei, sette, otto ore per ritrovare la casa. Anni di cure, di preparazione, spese, fatica, sono rivolti a quell'unico fine: la gioia di vedere riapparire, il proprio colombo. La colombicultura ha delle tradizioni gloriose, ed ha incontrato momenti di particolare fortuna, specie in occasione delle guerre. Tant'è vero che, in Italia, la sua attività è regolata dal ministero della Difesa. Oggi, in tempo di pace, è uno degli hobbies più appassionanti e disinteressati, oltre che educativi. Rappresenta un sano antidoto alla barbarie del tiro al piccione. I suoi seguaci, che si contano a centinaia di migliaia nei paesi del Nord, soprattutto Belgio e Olanda, sono più numerosi di quanto si pensi anche in Italia. I. colombofili, o «colombieri », come si chiamano fra loro, vengono da tutte le categorie sociali. Sono artigiani, operai, professionisti, commercianti, c'è anche qualche industriale. Ognuno di essi segue i propri animali quotidianamente, li cura come cavalli da corsa. Tutti 1 colombi viaggiatori esistenti in Italia non sono soltanto matricolati, con un anello di alluminio alla gamba rilasciar to dal genio civile, ma hanno un pedigree. Chi ce ne parla è il presidente della associazione provinciale torinese, Angelo Chiaudano, uno dei più anziani colombofili d'Italia, iscritto alla Federazione nazionale dal 1928, anno in cui è stata costituita. Proprietario di una officina meccanica, dedica tutte le ore libere all'abbaino di corso Belgio dove ha sistemato la sua colombaia razionale. Possiede ottanta esemplari, li conosce uno per uno, li chiama per nome: il conte, Gordon Cooper, Bobby Solo, la signora Miniver... Nelle gabbie disposte una sull'altra i colombi devono vivere in stretto regime di monogamia per fare razza. Durante 1 giorni che precedono la gara al colombo maschio è imposta anche la « vedovanza » : ritroverà la colomba, come premio, solo al ritorno dalla prova. Per ottenere i migliori risultati il colombofilo procede con una continua selezione, preferisce gettare via centinaia di uova piuttosto che stancare i tuoi « campioni » sottoponendoli alle fatiche dell'allevamento, e passa loro il cibo più scelto. Il miscuglio di granaglie, che rappresenta il nutrimento quotidiano dei volatili, comprende piselli secdhi, fave, veccia, dura, e costa cento lire il chilo. Se si pensa che ogni animale ne mangia 40 grammi il giorno, alla fine dell'anno è costato quasi 1500 lire di soli alimenti. Ma il vero segreto del colombofilo è nella capacità di far ritornare i suoi animali alla casa, al termine di un lungo viaggio.. Certi risultati, che sembrano miracolosi, non si ottengono per caso. Una rondine torna tutti gli anni a fare il nido nello stesso punto, dopo avere migrato in lontani continenti, in virtù del solo istinto. Un colombo ritrova la sua colombaia dopo un volo di mille chilometri solo se il suo padrone ha saputo abituarcelo, con un graduale addestramento : ed è in questo addestramento la vera funzione della colombicultura. Il colombofilo comincia la sua opera sui « novelli », di tre o quattro mesi. Li fa volare attorno alla casa, e ne controlla puntualmente il ritorno. Quando li ritiene abbastanza forti per un viaggio più lungo li carica in una cesta e li porta a dieci chilometri di distanza, lasciandoli liberi. Ripete la operazione due o tre volte la settimana, aggiungendo ogni volta dieci o quindici chilometri di percorso. La « gara » è una vera e propria competizione sportiva, con tutte le sue regole. Ci sono i cronometristi, la giuria, le rilevazioni delle medie orarie. E c'è, soprattutto, il tifo. Per il colombo¬ filo autentico, la domenica è una giornata di passione. Ogni sabato sera, nella stagione calda, partono da Porta Nuova, sui treni della linea adriatica, una cinquantina di ceste, con venti colombi l'una. Ogni animale porta alla zampa un anellino di gomma, dentro il quale è un numero di matricola segreto, assegnato dalla giuria. Il lancio avviene la mattina della domenica, da una località variante fra i 250 e i 900 chilometri di distanza: Reggio Emilia, Rimini, San Benedetto del Tronto, Pescara, San Severo, Barletta... L'ora del lancio, comunicata per telefono a To rino subito dopo che i vola tili sono partiti, viene diramata subito a tutti i parte cipanti alla gara, che fanno un rapido conto. Un buon colombo viaggia a una media fra i 70 e gli 80 sotto i 500 chilometri, sfiora i 60 per le distanze maggiori. Ma non sempre va in linea retta. Cerca di sfruttare le correnti d'aria, evita le montagne, segue il corso delle valli. Non si ferma mai, se non a bere, e vola fino a che non viene buio. Tre ore prima del previsto, tutti i colombofili sono . già nella piccionaia. Bisogna essere pronti a cogliere il corridore appena entra nella gabbia, staccargli l'anellino di gara e inserirlo in uno speciale apparecchio, sigillato, che registra l'ora dell'arrivo. L'attesa è lunga, ma il colombofilo non se ne accorge. L'apparire del suo primo animale, dietro i tetti delle case, o più lontano, fin dove si può spingere il suo sguardo, lo ripaga di tutte le ore che egli ha spebo Inutilmente lassù. Angelo Chiaudano ricorda, fra le più grandi emozioni della sua vita, quella di una domenica della scorsa estate, quando il suo Gordon Cooper ritornò in serata da Barletta, unico del proprio allevamento e uno dei due soli fra tutti quelli partiti dalle colombaie di Torino. La distanza ufficiale, in linea d'aria, era di 820 chilometri, ma il colombo ne aveva percorso probabilmente assai di più. Arrivò alle otto di sera, quando il cielo si era già fatto scuro, e il suo padrone, che era rimasto tutto il pomeriggio affacciato ad una finestra dell'abbaino, aveva già perso la speranza di veder tornare qualcuno dei suoi animali prima di notte. Insieme con lui ce n'era un altro, di una colombaia torinese a pochi chilometri di distanza. Ave va fatto tutto quel viaggio in tredici ore, ma non avrebbe finito la gara in giornata Seguì il campione vittorioso nel suo rifugio, per trovarvi asilo nelle ore notturne. Per compiere l'ultima frazione del viaggio avrebbe aspettato la prima luce dell'alba, il giorno dopo. Giorgio Calcagno Angelo Chiaudano, presidente dell'Associazione colombofilo torinese, in mezzo ai suoi « volatori scelti » (Moisio) Tu starai comodo, ma io sono stufa!

Persone citate: Angelo Chiaudano, Bobby Solo, Giorgio Calcagno Angelo, Gordon Cooper, Moisio