Il museo del Risorgimento a Novara ricorderà per sempre la strage di Cefalonia

Il museo del Risorgimento a Novara ricorderà per sempre la strage di Cefalonia Il museo del Risorgimento a Novara ricorderà per sempre la strage di Cefalonia E' stato inaugurato domenica dal ministro Andreotti - Sono tornati nella sua città i resti del generale Gherzi, trucidato dai nazisti con oltre quattrocento ufficiali e novemila fanti della Divisione «Acqui» CDat nostro inviato speciale) Novara, 13 settembre. In uno scenario di cipressi, di cannoni, di carri armati, di rocce del Carso e delle Dolomiti, di mitragliatrici, dì aeroplani, al museo del Risorgimento inaugurato ieri a Novara, il busto di bronzo del generale medaglia d'oro Luigi Gherzi guarda lontano. Sembra fissare i suoi fanti della divisione Acqui che con lui s'immolarono a Cefalonia per difendere il loro onore di soldati contro la rabbia tedesca. Oltre che nel già esistente busto bronzeo, Gherzi è nella sua Novara con i suoi resti raccolti a Cefalonia e racchiusi in una cassetta di legno inumata nel famedio novarese, al cimitero. «Un anno dopo la sua fucilazione — scrive il cappellano militare Luigi Ghilardini nel suo volume " I martiri di Cefalonia e di' Corfù " — all'atto dell'esumazione si trovò il suo cadavere intatto: era senza gambali, con un foro nella testa e un grumo di sangue e di terra al cuore». Dopo nove giorni d'una lotta epica, dal 13 al 22 settembre 1943, il generale Luigi Gherzi il 24 era stato fucilato a tradimento dai tedeschi inferociti dalla nostra resistenza alle loro intimazioni di resa. E quando le truppe italiane, eseguendo l'ordine del comando supremo, deposero le armi, venne l'eccidio da parte dei tedeschi. Nessun esercito al mondo si sarebbe comportato così con soldati che avevano cessato il combattimento e ceduto le armi. Alla proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre, il presidio italiano di Cefalonia — la divisione «Acqui», 11 mila soldati e 525 ufficiali al comando de) generale Antonio Gandhi — entrò in trattative con 1 tedeschi che avevano messo tre condizioni: andare con loro, andare contro dlloro, abbandonare le armi. Lecondizioni furono dichiarate inaccettabili, e il 13 settembre l'artiglieria della divisione aprì il fuoco. Seguirono giorni di terribili e disperati combatti¬menti, ai quali parteciparono . a n a a i i ò a o i . a e i e E o , i l o o — a o e o e tutte le nostre forze, violentemente bombardate e spezzonate dall'aviazione nemica. Interi reparti sì fecero annientare pur di non cedere le posizioni. Le nostre perdite in combattimento furono di 4750 soldati e 155 ufficiali. Il 21 giunse dal nostro comando supremo l'ordine di cessare il fuoco. La resa fu firmata il 22 alle sedici. La mattina del 24 furono fucilati 260 ufficiali superstiti. I soldati furono imbarcati per essere trasportati a Corfù, ma due navi finirono su un banco di mine e saltarono in aria. I tedeschi mitragliarono i naufraghi. Morirono cosi altri 3 mila uomini. Il totale delle nostre perdite fu di 9 mila soldati e 406 ufficiali. Tra gli ufficiali fucilati, il generale Gandhi, il generale Gherzi, l'intero stato maggiore. Il luogo del massacro fu poi chiamato Casa Rossa. A quattro per volta gli ufficiali venivano condotti dinanzi all'instancabile plotone d'esecuzione. La carneficina fu infine interrotta quando il cappellano militare don Romualdo Formato in un impeto di ribellione si scagliò contro il comandante del plotone chiedendo che un ultimo gruppo di una trentina di ufficiali fosse risparmiato. La richiesta fu impensabilmente accolta. Ma dopo l'eccidio ancora un atto inumano. Leggiamo nel dljcitato volume di don Ghilar-e'dini: «Da ultimo un tedescoe e rì di i¬ o (si avvicinava allora al cumu saliva su un muricciolo a secco, e percorrendolo da un capo all'altro, apriva il fuoco su chi dava ancora segni di vita. Quindi silenzio. Un interprete 10 dei cadaveri gridando forte: " Italiani, se qualcuno è ancora vivo venga fuori. Non ha più nulla da temere; è finita ". Quindici ombre, intrise di sangue, sangue delle proprie ferite misto a quello dei compagni morti, si alzavano lentamente liberandosi dal morti. Avevano creduto alla parola d'un tedesco: una raffica, accompagnata da una sghignazzata di scherno, li abbatteva». Sulla fine del generale Gherzi, prodigatosi alla testa dei suoi fanti, abbiamo la testimonianza di padre Formato, riportata da padre Ghilardini: «A Cocolata i tedeschi irrompevano nel Comando fanteria divisionale trucidando all'istante 11 colonnello Sebastiani che usciva dalla palazzina con le mani in alto. Catturati quindi 11 valoroso generale Gherzi e il tenente colonnello Darà, li conducevano a pochi passi di distanza in uno spiazzo dietro una casa di campagna. Il generale, intuito 11 proposito degli aguzzini, si volgeva di scatto, e scoprendosi con fulmineità ed energia il petto faceva in tempo a gridare "Viva l'Italia!" che una raffica lo abbatteva al suolo. Identica sorte toccava al tenente colonnello Darà». All'inaugurazione del museo, ordinato con appassionato amore dal senatore Aldo Ros sini, ieri il ministro della Di fesa on. Andreotti ha pronun ziato parole ammonitrici. Nel 1848, egli ha ricordato, la du- ra sconfitta che provocò l'abdi cazione di Carlo Alberto trova la sua origine Immediata anche nella discordia esistente tra 1 generali piemontesi. « Nel momento difficilissimo dell'ar¬ mistizio dell'8 settembre '43 — ha affermato il ministro — ancora una volta le discordanze di vertice e le inefficienze di governanti provocarono danni che si potevano evitare » E ha concluso con l'esaltazio ne del valore e del senso umano del nostro soldato. Giuseppe Faraci Il gen. Luigi E. Gherzi, decorato di medaglia d'oro

Luoghi citati: Acqui, Carso, Cefalonia, Corfù, Italia, Novara