Sembra che una grave crisi minacci l'economia sovietica

Sembra che una grave crisi minacci l'economia sovietica Secondo l'inchiesta di un'autorevole rivista americana Sembra che una grave crisi minacci l'economia sovietica L'agricoltura è il tallone d'Achille del regime: Mosca è costretta a importare 10 milioni di tonnellate di cereali, spendendo oro per almeno 300 miliardi di lire - La produzione industriale ristagna; nella Russia europea ci sono disoccupati, mentre la Siberia manca di manodopera - Disordine nei programmi economici - Contrasti fra gli "stalinisti", che invocano metodi autoritari, ed i "tecnocrati" (fra cui il primo ministro Kossighin), favorevoli alla liberalizzazione Una delle plii autorevoli riviste americane, la U. S. News and World Report, ha condotto un'ampia inchiesta, attraverso i suoi corrispondenti dalle due partì della c cordino » e interrogando numerosi esperti, sulle prospettive dell'economia sovietica. L'analisi delle condizioni presenti e le ipotesi sul futuro, economico ed anche politico, dcll'Urss appaiono di estremo interesse, per la buona documentazione e il rigore obbiettivo dello studio. Pubblichiamo, dell'articolo di U. S. News, i punti salienti. L'economia1 sovietica sta forse andando incontro ad una grave crisi. Vari segni rivelano che qualcosa si è inceppato nella macchina produttiva dell'Urss. H tallone d'Achille rimane l'agricoltura: raccolti disastrosi ed errori tecnici hanno costretto il Cremlino ad importare 10 milioni di tonnellate di grano nel 1965, impoverendo le riserve di oro e di valuta pregiata. Ma altri settori appaiono in difficoltà: stazionario o in declino è l'incremento della produzione di petrolio, energia elettrica, attrezzature ed impianti industriali. Si avvertono nelle città, so prattutto fra i giovani, sintomi di un fenomeno fi nora sconosciuto ai paesi comunisti : la disoccupazione. Sia pure con cautela, gli stessi giornali russi cominciano a registrare i guai del l'economia. Quando difficol tà analoghe turbano il buon andamento delle. imprese «capitaliste» occidentali, noi usiamo la parola « depressione ». Trattandosi dell'industria o dell'agricoltura dell'Urss — cioè di un paese in cui tutto appartiene ed è diretto dallo Stato — è forse più appropriato il termine « disorganizzazione ». Dice uno studioso di problemi sovietici: « Si può tranquillamente affermare che l'economia russa è in gran disordine. Non soffre dei mali classici: non mancano le possibilità di investimenti, la domanda di beni di consumo è alta. I sovietici debbono risolvere un altro ordine di problemi. R loro rìgido sistema di pianificazione, creato ai tempi di Stalin, non è più efficien te. L'espansione è lenta. Il Cremlino è di fronte ad un dilemma: o tagliare spietatamente le spese per la difesa e i programmi spaziali, o deludere le speranze del popolo per un più alto tenore di vita ». Non c'è più un impiego per tutti, la disoccupazione cresce in rapporto all'incremento naturale delle nasci te. Dopo la falcidia della guerra, milioni di giovani si affacciano sul mercato del lavoro, come negli Stati Uniti. Tra il '62 ed il '64, il numero degli studenti licenziati dalle scuole medie è salito da 400 mila a 1,4 milioni. Un.economista russo, che scrive su riviste specializzate, afferma che l'eccesso di manodopera comincia a farsi sentire non solo a Mosca, Leningrado, Odessa ed altre grandi città, ma anche nei piccoli centri del la Bielorussia, della Moldavia, della Lituania e dell'Asia centrale. Contemporaneamente si spopola la Siberia, che ha invece un gran bisogno di braccia. Il numero dei lavoratori che tornano dalle campagne o dalle industrie siberiane verso la Russia europea, è doppio o triplo rispetto a quelli che accettano di recarsi in Siberia, anche se oltre gli Urali c'è l'allettamento delle • paghe più alte. Secondo alcuni osservatori, una prova evidente delle difficoltà in cui si dibatte l'economia dell'Urss è l'ac cumulazione di prodotti invenduti nei magazzini di Stato. Uno specialista russo di fama internazionale, Abel Aganbegyan, sostiene che essi stanno raggiungendo il livello degli stocks immagazzinati in Occidente durante la grande depressione americana. E aggiunge un giudizio terribile sulla qualità delle merci. La gente, dice Aganbegyan, avrebbe denaro da spendere; ma preferisce tenerselo- piutto sto che comperare prodotti scadenti e spesso inutilizza bili. Il fallimento più grave del sistema economico sovietico è dato tuttavia dalla agricoltura. Esperti occidentali stimano che nel 1965'66 l'Urss e la Cina dovranno importare 15 milioni di tonnellate di grano. E' la più massiccia importazione di generi alimentari che la storia ricordi. Il fatto è che la produzione agricola in Russia è aumentata, tra il 1958 ed il 1964, soltanto del 5 per cento, mentre la popolazione è cresciuta del 10 per cento. A nulla sono serviti gli incentivi, le pressioni, gli appelli a raggiungere e superare il livello degli Stati Uniti. Il « sistema collettivo » in agricoltura — cioè la centralizzazione assoluta — si è rivelato un insuccesso totale. Tuttavia il regime comunista esita ad abbandonarlo perché teme che la concessione di una maggiore libertà ed autonomia ai contadini porti ad una graduale erosione del potere centrale di controllo. H risultato è che, nella Russia sovietica, un ettaro di terra non produce più grano che ai tempi degli zar. Inoltre scarseggia il fieno, e si teme di dover ridurre il patrimonio zootecnico con la macellazione forzata. Nei paesi dell' Europa orientale esodi in massa dalle fattorie collettive indussero i capi comunisti a studiare attentamente i problemi delle campagne. La conclusione fu che la crisi non poteva essere superata se non con premi ed incentivi ai contadini. La terra, in un modo o nell'altro, fu restituita — per lo meno in parte — ai contadini e la produzione crebbe. I russi hanno resistito, almeno finora, alla tentazione di « snazionalizzare » l'agricoltura. Tuttavia il 7 agosto scorso il Cremlino ha permesso alla Komsomolskaya Pravda (il giornale della gioventù sovietica) di pubblicare un articolo dal titolo quasi provocatolo : « Dove sei, padrone della terra?». La crisi persistente dell'agricoltura si riflette in altri settori dell'economia sovietica. Per pagare le importazioni di grano nel 1965-'66, l'Urss dovrà vendere grandi quantità d'oro: secondo i calcoli occidentali, tra,500 e 600 milioni di dollari (300-360 miliardi di lire). La produzione d'oro della Russia si aggira tra i 200 ed i 250 milioni di dollari l'anno (120-150 miliardi di lire). I pianificatori sovietici starebbero ora riducendo le importazioni di macchinari e di prodotti industriali per poter comperare altro grano. Recentemente essi hanno tentato di sostituire alcune importazioni di attrezzature dall'Occidente con acquisti nei paesi dell'Europa orientale in cambio di petrolio. Gli interessi commerciali dei « satelliti » e dell'Urss sembrano tuttavia in forte contrasto. Cecoslovacchia, Germania Est ed altre nazioni del blocco sovietico preferiscono vendere sui mercati occidentali. Uno studioso di problemi russi tornato di recente da Mosca ha detto: « L'industria dell'Urss è in gravi difficoltà. Le prospettive non sono incoraggianti. Ma non ho l'impressione che stia per subire un collasso... Per la prima volta l'economia sovietica è in mano di esperti di prim'ordine. n premier Kossighin ha una profonda conoscenza dei problemi industriali: li studia attentamente, ma con cautela, per scoprire e rimediare agli errori ». Adottare riforme sembra tuttavia diffìcile. Vi sono in Russia due tendenze: 1) la prima esige una pianificazione più centralizzata, sotto il controllo stretto del partito. Di questo gruppo fanno parte parecchi stali nisti; 2) la seconda (soste nuta dalla maggior parte dei giovani economisti e dallo stesso Kossighin) vorrebbe invece «decentralizzare», suggerisce maggiori incentivi a chi lavora, insiste perché nell'industria sia introdotto il sistema del profitto. Kossighin e Podgorny, membro del Presidium, sem brano decisi a difendere gli interessi dei consumatori, cioè del popolo, contro gli stalinisti accentratori. Il capo del partito Breznev ed altre eminenti personalità resistono alle pressioni dei "militari, che pretenderebbero un maggiore sforzo per la difesa. Breznev non dà l'impressione di essere una personalità forte : questo almeno è il giudizio di alcuni europei che lo hanno avvicinato. Corre voce che po¬ trebbe essere sostituito da un leader più dinamico: si fa il nome di Scelepin, altro membro del Presidium. Kos sighin invece dovrebbe re stare, al suo posto. Dice uno svizzero, profondo conoscitore dell'Urss : « Nessun oc cidentale sa esattamente che cosa accade dietro le quinte del Cremlino. Dopo la morte di Stalin, ora più che mai è difficile prevedere quali conseguenze avrà la lotta per il potere in Russia ».

Persone citate: Abel Aganbegyan, Breznev, Kossighin, Stalin