Angosciose telefonate dall'Italia alle quali non c'è più risposta

Angosciose telefonate dall'Italia alle quali non c'è più risposta Angosciose telefonate dall'Italia alle quali non c'è più risposta Pietosi tentativi di ritardare un tragico annuncio non placano l'ansia dei familiari: «Non sappiamo ancora. Forse domani... » - Ai cantieri si lavorava in due turni di dieci ore ciascuno, una fatica pesantissima, un clima duro - Ora gli svizzeri dicono: «Erano tutta brava gente» (Dal nostro inviato speciale) Saas Almagell, 31 agosto. Stasera a Saas AlmageU c'è un silenzio lugubre, li febbrile via vai che aveva caratterizzato le prime ore dopo la sciagura, quando ancora si sperava che molti potessero essere salvati, è cessato. Piove, fa freddo, il cielo è nerissimo, solo lassù, nella parte più alta e più. stretta della vallata, proprio sopra il ghiacciaio crollato, c'è una collana di lumi bianchissimi, lucenti come un festone 'di stelle. Sono luci dei cantieri e delle fotoelettriche che illuminano invano il luogo della catastrofe. Scomparsi ormai gli ultimi turisti, le stanze in legno degli alberghi e delle Gasthòfe sono affollate quasi esclusivamente da giornalisti convenuti qui da ogni angolo d'Europa. In inglese, in francese, in tedesco gridano ai microfoni dei telefoni la storia del cantiere scomparso, la tragedia dei cento operai, in gran maggioranza italiani, travolti dalla slavina. Succede sempre così. Pro babilmente nessuno — o pochissimi — delle migliaia e migliaia di turisti che fino alla settimana scorsa gremivano questi villaggi ai era accorto dei cantieri di Mattmark. E quanti svizzeri quanti italiani sapevano che i nostri emigrati, oltre che come contadini e come ca merieri, lavoravano anche alle grandi dighe a quota duemila e oltre? Ora si sa tutto di loro Si sa per esempio che ai cantieri si lavorava a due turni di dieci ore ciascuno Dieci ore di lavoro pesantissimo in un clima particolarmente duro, soprattutto per gente che è abituata all'aria tiepida del nostro Mezzogiorno. Di fronte alla nostra meraviglia un operaio veneto, qui a Saas Almagell, si è messo a ridere: «Dieci ore? Se potessimo ne faremmo anche dodici. Una squadra dì Belluno, una volta, è arrivata a farne quindici. Solo così si può mandare a casa qualcosa, mettere da parte un gruzzolo per poter, prima o poi, tornare definitivamente al nostro paese ». Solo oggi l'uomo della strada svizzero — e anche quello italiano — ha appreso che il cantiere di Mattmark non è il solo da queste parti. Soltanto in questo Cantone, il Vallese, dove lavorano ben 28 mila nostri connazionali, vi sono altre due grandi dighe in costruzione: una a Gebieden, sopra Naters: un'altra a Gries. Opere colossali, con centrali elettriche in caverna, che richiedono anni ed anni di lavoro. E in tutte la stragrande maggioranza della mano d'opera è italiana. «Les italiens», «die Italiener ».- i giornalisti di mezza Europa urlano i loro servizi negli stessi microfoni che fino a pochi giorni fa servivano soltanto per le comunicazioni delle mogli ai mariti rimasti in città. Ma le telefonate dei giornalisti si scontrano con un'altra fiumana di telefonate — ben più drammatica — che sale fin qui dalla Calabria, dal Friuli, dall'Abruzzo. Sono le angosciate domande dei famigliari che, saputo della tragedia, vogliono an siosamente sapere se i loro cari sono salvi. Giù a Briga, allo smistamento dei telefoni, le cen traliniste non sanno più a che santo votarsi, i fili sono « roventi ». Passano le co municazioni al consolato, ai cantieri, oppure anche alle direzioni degli alberghi di Saas Almagell, facendo ogni sforzo per soddisfare in qualche modo i disperati in terrogativi di quella povera gente. Ormai l'elenco ufficiale dei superstiti è stato compilato e quindi, quando c'è la sicurezza matematica che la persona invocata è sana e salva, l'ansia dei pa¬ rc«csrFhtrPslcsdrp«pnraficltsn renti può essere placata. Ma ci sono purtroppo anche le « telefonate mute » : quelle che rimangono senza risposta. « Non sappiamo, ancora non c'è nulla di ufficiale. Forse domani... ». Anche a Rosa Ripani, che ha telefonato da una località dell'Abruzzo per chiedere di suo marito, Giovanni Papa, hanno risposto :« Forse domani... ». Inutilmente, la povera donna dall'altro capo del filo insisteva a spiegare che suo marito era del 1924. che la famiglia risiedeva a Paganoni Canepe, in provincia di Teramo. « Non sappiamo. Non sappiamo ». Chi aveva preso la comunicazione non ha avuto il coraggio — e del resto non avrebbe avuto la veste ufficiale per farlo — di dirle che suo marito era una delle poche vittime sicuramente identificate. Ieri lo estrassero ancora vivo dalla frana e lo avviarono immediatamente a valle verso Visp dove morì poco dopo. All'ospedale sulla sua cartella personale c'è soltanto il nome, il cognome, una piccola croce e la data: 30 agosto '65. Ma ci sono anche i casi contrari, quelli dei lavoratori creduti morti e che invece sono risultati ancora in vita. E' questo il caso di Adriano Pucci da Massa Carrara, di Antonio Vallemoni da Verona, di Vincenzo Marino da Vicenza e di Renato Mazzocco da Belluno. Ieri all'appello risultarono mancanti e poiché avrebbero dovuto essere sul lavoro, furono inclusi nell'elenco delle vittime. Solo in un secondo tempo ci si accorse che avevano ottenuto una proroga delle ferie. e*.che probabilmente al momento della disgrazia erano in viaggio verso la Svizzera. Anche più impressionante il caso di un giovane italiano che lavorava come impiegato nella baracca in cui ha trovato la morte l'ingegnere svizzero Ducommun. Anche sulla sua sorte c'era molta ansietà perché sarebbe dovuto rientrare proprio ieri mattina dall'ospedale di Briga dov'era stato ricoverato per una piccola ferita al ginocchio. Poi si è invece saputo che poche ore prima della catastrofe l'ingegnere aveva telefonato all'ospedale dicendo al ragazzo di non prendersela troppo calda, poteva benissimo tornare il giorno dopo. A Briga, a Visp, a Saas Fee, a Zermatt è tutto un intrecciarsi di simili episodi. L'intero Vallese è costernato per la tragedia. Questo Cantone non nutriva nei confronti degli italiani il rigore e i pregiudizi di altre zone della Confederazione. L'Italia è vicina, i rapporti sono cordiali, i matrimoni misti abbastanza numerosi. « Li conoscevo si può dire tutti, quelli del cantiere — ci ha detto con le lacrime agli occhi, giù a Briga, il proprietario di un negozio di alimentari vicino alla stazione —, venivano qui prima di partire per le ferie per comprare cioccolato e sigarette da portare alla famiglia. Alla fine, dopo tanti Natali e tante Pasque, avevamo fatto buona conoscen¬ za. Erano tutta brava gente». L'intera Svizzera stasera, compresi coloro che fino a ieri non erano avari di critiche nei confronti dei nostri connazionali, ripete suppergiù la stessa frase. Gaetano Tumiati Antonio Rustici un operaio di Parma sfuggito miolot ll l h l'h fi H Antonio Rustici un operaio di Parma sfuggito miracolosamente alla valanga che l'ha sfiorato. Ha visto i compagni di lavoro sepolti dall'enorme frana e travolti dallo spostamento dana. Nella fotografia a destra: anche i cani della polizia hanno partecipato alla ricerca dèlie vittime tra HI ghiaccio (Telef. Moisio)