«Gli amorosi»: confusa imitazione d'un audace film di Ingmar Bergman

«Gli amorosi»: confusa imitazione d'un audace film di Ingmar Bergman SULLO SCHERMO «Gli amorosi»: confusa imitazione d'un audace film di Ingmar Bergman Il boia è di scena: un giallo del terrore - Donne, mitra e diamanti: garbata parodia degli agenti segreti (Romano) - Quando, da attrice diventata regista, la svedese Mal Zetterling sollevò un putiferio di indignate proteste al festival di Cannes con 11 suo primo e audacissimo lungometraggio, molti furono pronti a scommettere che il film non sarebbe mai venuto In Italia. Dimenticavano che le forbici possono fare miracoli: a soli cento giorni di distanza, Oli amorosi sono, con un titolo sgrammaticato e sciocco, la versione italiana di Alskande Par («Coppie di amanti >) debitamente purgata, s'intende, delle sequenze di più sfrenato erotismo. Non che adesso il film sia per educande. Il proposito della regista di valersi della sca- brosa materia di alcuni romanzi della connazionale Agnes von Krusenstjerna per trattare lìberamente, dal punto di vista della donna, I problemi del matrimonio, della libertà sessuale, dell'indipendenza e della maternità, traspare ancora abbastanza netto; insieme a quello di allargare il discorso — anche se la vicenda si svolge alla vigilia della prima guerra mondiale — alla condizione attuale, e secondo la Zetterling insoddisfacente, della donna nella società. E ancora bisogna aggiungere che se vi sono punti oscuri e incomprensibili, la colpa non è soltanto dei tagli, ma di una ansimante sceneggiatura (della stessa Zetterling con il marito David Hughes) che procede a ritroso dalla elmica dove tre partorienti aspettano le doglie ripassando per « flashbacks » il loro passato. Viene alla mente Donne in attesa di Bergman, ma di quel film la Zetterling ha ripreso soltanto la situazione di partenza. Caso mai, un altro ri ferimento è offerto dalla Notte del piacere, cioè la strindberghiana Signorina Giulia portata sullo schermo da Sjòberg. Anche qui. come apprendiamo con qualche fatica, tutto è avvenuto nella notte di San Giovanni, propizia per i nordici alla dissolutezza: Angela, da poco sottrattasi all'ambiguo affetto di una insegnante del suo collegio, si è data libera mente a uno scrittore che fu già amante della zia, e il bim bo che nascerà sarà come fos se di entrambe le donne; Adele, isterica per una maternità interrotta, ha ceduto al marito che aveva sempre respinto, ma la sua creatura, concepita controvoglia, nascerà morta; Agda Infine, una giovane amorale e svanita, è finita in un cespuglio con un ufficiale (che per toglierla d'impaccio, e continuare a godersela, l'ha poi sposata ad un anormale) ed ora attende con beata incoscienza il frutto di quella relazione. Fosse tutto qui. Il quadro è più ricco e, nonostante i tagli, anche più inverecondo, affollato com'è di personaggi a dir poco eccentrici. Eppure non ci sembra il caso di gridare allo scandalo, concessa alla regista la buona fede dei suoi intenti polemici. Distoglieremo soltanto lo sguardo dalla impietosa scena finale del parto per concludere, a schermo acceso e a mente pacata, che il film è malamente congegnato, confuso, velleità rio, che le splendide immagini dell'operatore di Bergman, Sven Nykvist, sono in parte sprecate. Ma anche che è un'opera interessante oltre che rivelatrice degli istinti repressi che ribollono in una società civilissima e spregiudicata; e che infine i numerosi interpreti, da Harriet Andersson a iGunnel Lindblom, da Giò Pe- tré a Gunnar Bjornstrand si prodigano per tappare le falle più vistose. * * ( Ambrosio) — Come ogni film del terrore che si rispetti, Il boia è di scena (<Two on a Guillotine >), prodotto e diretto negli Stati Uniti da William Conrad, riempie la grande villa di un celebre illusionista appena defunto con canti e suoni d'oltretomba, agghiaccianti lamenti, rumori di catene, scheletri negli armadi e teste mozze sulle scale. Ma è soltanto una messinscena per spaventare la figlia dell'illusionista che, in ubbidienza al testamento paterno, abita In quella casa e dovrà rimanervi sette notti. A che cosa mirano quei trucchi? I sospetti cadono dapprima su due vecchi servitori, ai quali andrebbe l'eredità se la ragazza abbandonasse la villa; ma la verità è un'altra e costituisce la sorpresa finale, e . naturalmente assai artificiosa, di un film neanche mal fatto e con abbastanza suspense, ma prolisso e gracile nella trovata su cui si regge. Per colpa di Cesar Remerò, o del suo fantasma, la bionda Connie Stevens passa di spavento in spavento, consolandosi ogni tanto tra le braccia dì Dean Jones che, nel personaggio dì un giornalista, le sta accanto in quella allucinante esperienza. * * (Astor) — Ormai a Jean Marais tocca fare di tutto, dal bandito al poliziotto, da Fantomas al cavaliere di cappa e spada. In Donne, mitra e diamanti («Le gentleman de Cocody») è un diplomatico galante e testamatta che segue sulla Costa d'Avorio, dove il film è stato In parte girato, un'affascinante entomologa, senza sapere che quella appartiene a una banda dì ladri in lotta con una gang rivale per certi diamanti finiti con un aereo in una foresta. Preso nel mezzo, il diplomatico è sballottato dall'una all'altra parte in una serie di vertiginose ed improbabili vicende con le quali ChristlanJaque, regista di questa comproduzione franco-italiana a colori, vorrebbe rifare 11 verso al cinema d'avventura oggi di moda. Non sempre la parodia è riuscita e non tutte le strizzatine d'occhio del regista arrivano allo spettatore, ma. azione e movimento davvero non mancano, oltre alle belle donne (Liselotte Pulver, Maria Grazia Buccella e altre), e la seconda parte — con i suoi inseguimenti in auto, camion, motoscafo, elicottero e le sue fragorose sparatorie — è abbastanza divertente. vice

Luoghi citati: Cannes, Costa D'avorio, Italia, Stati Uniti