Chi sono i quattro neonazisti ritenuti uccisori dei carabinieri di Gigi Ghirotti

Chi sono i quattro neonazisti ritenuti uccisori dei carabinieri L'attentato alla piccola caserma di Sesto Pusteria Chi sono i quattro neonazisti ritenuti uccisori dei carabinieri (Continua dalla la pagina) co contro Luigi De Gennaro e Palmerio Ariu. Elisabeth Innerkofler, la ragazza diciottenne commessa nella tabaccheria-cartoleria del paese, che l'altra sera vide quattro o cinque giovanotti appiattati nel buio, con fare sospetto, in mezzo all'erba, è stata nuovamente interrogata. Poiché in italiano la ragazza si esprime male, quest'oggi è stato necessario far venire da Monguelfo un carabiniere bilingue. Con la sua collaborazione linguistica si è potuto precisare alcuni particolari dell'abbigliamento dei quattro o cinque sconosciuti scorti dalia ragazza. Essi non erano vestiti precisamente con una tuta, come si era creduto in un primo tempo, ma con una giubba a vento e in testa non portavano maschera né casco, ma un berretto a visiera. Udite queste precisazioni, il pensiero degli investigatori è subito corso al t gruppo 11 >, che è un piccolo «comman do>, forse l'unica e ultima superstite unità criminale altoatesina ancora operante a cavallo tra l'Italia e l'Austria. Questo gruppo è formato di quattro uomini, ma può essere sostenuto da un quinto e anche da un sesto elemento. Essi pretendono di essere combattenti o guerriglieri della libertà, e solitamente indossano, per l'appunto, una uniforme paramilitare. L'atto di nascita del « gruppo 11 » risale alla notte dell'll giugno 1961, che fu detta la «notte dei fuochi ». Quella notte, fra le centinaia di attentati, ve ne fu uno che colpì in modo speciale l'attenzione dei carabinieri per la malvagia follìa da cui era ispirato. In Valle Aurina era stata messa della dinamite sotto una grande diga che sbarra un enorme bacino idroelettrico. Se la diga fosse saltata in aria, la pianura dell'Alto Adige sarebbe stata investita da una rovinosa valanga d'acqua. Da quali teste poteva essere nata una simile idea catastrofica? I carabinieri si indirizzarono verso alcune piste che ai fermavano in valle Aurina, tra Campo Tures, Molini di Tures e Lertago. Le piste si fermavano davanti all'abitazione di alcuni contadinotti di età fra 20 e 21 anni: Josef Forer, un bel ragazzo alto, il naso dritto, biondo e fiero, molto ammirato dalle ragazze del paese; Franz" Steger, Heinrich Oberlechter ed Eric Oberleiter, un tipo tozzo e manesco, quest'ultimo, gli occhi spiritati, un po' duro di comprendonio. Quando i carabinieri arrivarono per arrestarli, i quattro furono svelti a saltare dalla finestra e si diedero alla montagna. Da allora sono latitanti. Sovente ricompaiono nelle valli native, le armi in pugno, cercando di riattizzare la fiamma della guerriglia contro l'Italia, e sempre indossano panni militareschi: giubbe a vento, berretti a visiera di tipo Wehrmaoht, calzoni di panno di foggia alpinistica, cinturoni. Nell'agosto di due anni fa, una bomba fu collocata nel camino della caserma dei carabinieri di Campo Tures e deflagrò nell'ufficio del comandante. La stanza fu sventrata. Non vi furono né morti, né feriti. Il peggiore pericolo lo passò un amico degli attentatori, certo Lener, che era stato tratto in arresto e per l'appunto stava rispondendo al comandante della stazione, seduto davanti alla sua scrivania. A Molini di Tures, nel settembre dell'anno scorso, venne ucciso, mentre usciva dalla caserma, il carabiniere Vittorio Tiralongo. Quasi negli stessi giorni saltavano in aria una camionetta di carabinieri ad Anterselva e una di alpini a Perca, sopra Brunico: per fortuna, nessun morto, soltanto feriti. La, catena si allunga. Il 25 giugno scorso un dinamitardo imperito salta in aria, qui a Bolzano, insieme alla casa dove è alloggiato e dove sta maneggiando i suoi ordigni. Un altro terrorista, Kurt Welser, si sfracella due settimane fa, durante un'ascensione alpinistica sul versante svizzero del Cervino. Ed eccoci ai giorni nostri. Ai funerali dal Welser, che si svolgono a Innsbruck, decidono di assistere il giornalista di Bolzano Umberto Gandini e un fotografo di Trento, Giorgio Salomon. Al seguito della bara, chi scorgono? Oberlechter, Oberleiter, Forer e Steger. Tutti quattro, a calci e a spintoni, si gettano sui due intrusi e li cacciano dal cimitero. Gandini e Salomon si recano a protestare dalla polizia di Innsbruck. Per rispo¬ sta, la polizia di Innsbruck sequestra al fotografo i riillini scattati al cimitero. La testimonianza del Gandini e del Salomon combacia con la descrizione fatta dalla tedesca che ha visto i quattro terroristi appiattati sul prato della caserma. Un'altra indagine della polizia scientifica ha indirizzato i sospetti proprio contro il «gruppo 11». Sono stati esaminati i 33 bossoli lasciati sui terreno dai terroristi. Essi sono stati riconosciuti come appartenenti ad un'arma automatica di fabbricazione austriaca del 1962. C'è, infine, un altro particolare. Poco prima che l'attentato fosse consumato, corsero alcune telefonate fra S. Stefano di Cadore e Sesto. Probabilmente si trattava di persone che si davano un appuntamento. Questa volta i terroristi non sono entrati per i valichi ben sorvegliati fra la provincia di Bolzano e l'Austria. Sono, è facile intuirlo, penetrati, confusi coi turisti, dai valichi delle Alpi Orientali. Giunti nei pressi dell'Alto Adige avrebbero preso contatto con un « basista » proveniente dalla Valle Aurina, o addirittura dalla valle di Sesto. Lo stesso basista avrebbe aiutato nella fuga i quattro terroristi, conducendoli con la macchina nel punto più vicino al confine con l'Austria. Per ciò le ricerche dei carabinieri sono oggi indirizzate a mettere le mani sulla persona che aiutò il « gruppo 11 » a perpetrare il delitto. Gigi Ghirotti