Domato il rogo sulla nave a Genova e recuperate le salme delle vittime

Domato il rogo sulla nave a Genova e recuperate le salme delle vittime Domato il rogo sulla nave a Genova e recuperate le salme delle vittime I corpi giacevano nel «ponte F» dell'«Angelina Lauro»: forse due operai avevano tentato di fuggire dal locale ma erano stati respinti dal terribile calore - Inchiesta sulle cause della sciagura: la bombola che è esplosa non avrebbe dovuto trovarsi a bordo del piroscafo (Dal nostro inviato speciale) Genova, 27 agosto. Bruciate, annerite, martoriate dal terribile calore di tre giorni d'incendio, le salme delle sei vittime racchiuse da martedì nell'* Angelina Lauro », questa mattina sono state estratte dalla nave. Ora, insie- me con quella di Giovanni Sessarego (recuperata mercoledì) giacciono nelle celle frigorifere dell'obitorio. Attorno allo scafo, nel bacino n. 2, si è rifatto il silenzio. Della tragedia che è costata la vita a sette uomini non rimangono altri segni che i portelloni anneriti dalle fiammate, e quelle cinque o sei finestre aperte con la fiamma ossidrica, nella febbrile ansia di spegnere il fuoco e di raggiungere i corpi delle vittime per riportarle alla luce. Nel pomeriggio di ieri i focolai nei ponti « F », « E », « D » erano ancora numerosi e in piena virulenza, minacciavano i ponti superiori con le cabine e l'intera nave. L'ispettore generale di zona dei servizi antincendi, ing. Giovanni Inzerillo, e l'ing. Gino Lo Basso vicecomandante provinciale dei vigili del fuoco di Genova, che dirigevano le operazioni, decisero d'intensificare l'opera di spegnimento. I vigili del fuoco si sono prodigati con un coraggio e una generosità superiori a ogni elogio, e questa non è una frase d'occasio ne. Dai vari varchi aperti nella fiancata con la fiamma ossidrica torrenti d'acqua venivano rovesciati entro lo scafo che altre pompe facevano subito uscire, in modo da ottenere un rapido raffreddamento delle pareti arroventate. Alle 2 della notte il fumo è cessato. Una minuziosa ricognizione compiuta da 'arie squadre di vigili ha potuto constatare lo spegnimento completo di tutti i focolai, annidati negli angoli fra le travature metalliche che i getti d'acqua non erano riusciti a raggiungere. Altri varchi intanto erano stati aperti con la fiamma ossidrica per favorire la fuoruscita dell'acqua, mentre nel bacino il livello continuava a diminuire. Finalmente esso ha lasciato scoperta la chiglia all'altezza del « ponte F », quello dove martedì era avvenuto lo scoppio. Rapidamente è stata tagliata la lamiera, e nel vano si è introdotta una squadra di vigili, muniti di maschere e autorespiratore. Non è stato diffìcile dirigersi alia cella cosiddetta del pollame, dove giacevano i corpi. Le salme giacevano nella minuscola cella — pochi metri quadrati, due d'altezza — dove i sei lavoravano e dove era avvenuto lo scoppio. Ce n'erano due presso la soglia, altri quattro si trovavano in fondo, erano aggrovigliati, stretti l'uno all'altro nel terribile istante del pericolo mortale, quando dovettero rendersi conto che la salvezza era impossibile. Due, forse, avevano tentato d'uscire, ma il terribile calore li aveva respinti; gli altri quattro si erano invece rifugiati in fondo, forse nella convinzione di tenersi lontano dal calore, nella speranza di trovare un filo d'aria. Erano già stati investiti dalla vampata, tramortiti dall'onda d'urto dell'esplosione e dai gas arroventati. Il fumo, misericordiosamente, li fece svenire subito dopo il disperato abbraccio; la loro agonia dovette es ser breve e insensibile Diffìcile è stato il riconoscimento. Soltanto quella di Giovanni Tebaldi è stata subito individuata. Le altre erano troppo sfigurate, ed è stato necessario ricorrere all'aiuto dei documenti che avevano in tasca, e di segni particolari (un anello, un orologio, un dente d'oro) perché ogni salma avesse il rispettivo nome Così è stato possibile identificare, oltre a Giovanni Sessarego e Giovanni Tebaldi, quelli di Giovanbattista Chiossone, Paolo Della Piane, Bruno Germano, Gennaro Olcese, Celestino Pagano. Ora ha inizio la fase giudiziaria della tragedia. La nave è ferma in bacino, a disposizione dell'autorità. Oggi è stata visitata, per una prima ricognizione, dalla commissione d'inchiesta nominata dalla magistratura e formata da ingegneri e tecnici marittimi: ne fa parte il perito ufficiale del Tribunale, ing. Restivo. E' cominciata anche la fase I del rammarico polemico e quella, auguriamoci attiva e costruttiva, dell'incitamento a una più rigorosa osservanza delle norme di sicurezza e dei regolamenti antinfortunistici. Mi spiegava oggi un tecnico: < Le norme esistono, sono state dettate dalla necessità di garantire la sicurezza assoluta ai lavoratori. La bombola contenente il gas liquido avrebbe dovuto essere addirittura fuori della nave; se così fosse stato, la rottura della manichetta non avrebbe provocato nessuna funesta conseguenza. In nessun cantiere del mondo, assolutamente in nessun cantiere, le norme di sicurezza vengono osservate,non soltanto dai dirigenti ma dagli stessi operai >. Il grave della sciagura è appunto qui. Giuseppe Faraci / compagni di lavoro dei morti sottobordo alla Angelina Lauro, durante il recupero delle salme (Tel. A.P.)

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