«E' urgente frenare le nascite se si vuole evitare un disastro»

«E' urgente frenare le nascite se si vuole evitare un disastro» Drammatico monito di medici e sociologi riuniti a Ginevra «E' urgente frenare le nascite se si vuole evitare un disastro» La popolazione terrestre è di 3 miliardi e 220 milioni di persone: fra quarantanni sarà raddoppiata Il nostro pianeta può ancora ospitare miliardi di uomini, ma non è preparato a nutrirli - Bisogna dare tempo alla scienza, al progresso, alle strutture sociali di adattare i vari paesi alla nuova situazione (Dal nastro inviato speciale) Ginevra, 27 agosto. Da lunedì scorso a stasera, per cinque giorni consecutivi, nel salone d'onore di un modernissimo albergo ginevrino, a poca distanza dal Palazzo delle Nazioni, si sono riuniti quotidianamente 190 studiosi di ambo i sessi provenienti da tutte le parti del mondo. L'aspetto professorale dei delegati, il garbo delle discussioni, le frequenti interruzioni per un caffè collettivo, induce vano a pensare a uno dei tanti convegni scientificoturistici che si tengono quasi continuamente in Svizzera; si trattava invece di un congresso « esplosivo », di cui probabilmente medici e sociologi continueranno a parlare per molto tempo: la prima Conferenza internazionale sulla « pianificazione familiare » o, come diremmo noi in termini più crudi, sul controllo delle nascite. Che si trattasse di un tema drammatico lo si capì fin da lunedì scorso, quando John D. Rockefeller, presidente del Concilio della Popolazione — un organismo americano che ha promosso il convegno unitamente alla Fondazione Ford — e gli altri oratori della prima giornata posero le premesse del dibattito citando le più recenti statistiche dell'Onu relative alla popolazione della Terra. In questa nostra epoca le elen cazioni di cifre non fanno più troppa impressione, ma quelle che sono state ripetute qui a Ginevra induco no alla meditazione. Dunque, la popolazione della Terra all'inizio del l'èra cristiana si aggirava presumibilmente fra i 200 e i 300 milioni. Il tasso di aumento, frenato dalla mor talità infantile, dalle epidemie, dalle stragi, dalle du rissime condizioni di vita cui era costretta la mag gioranza della popolazione, era piccolissimo. Bisognò aspettare 1600 anni, arrivare cioè al XVI secolo, perché il nostro pianeta toccasse i 500 milioni di abitanti. Il miliardo fu raggiunto in epoca relativamente recente, nel 1850, quando i nostri nonni o i nostri bisnonni si battevano per l'unità d'Italia. Da quel momento cominciò la grande corsa. Se per arrivare al miliardo di abitanti era stata necessaria l'intera storia dell' uomo, per arrivare al secondo miliardo — raggiunto attorno al 1925 — bastarono settantacinque anni; per arrivare al traguardo del terzo miliardo, toccato nel I960, ne bastarono trentacinque. Oggi, sempre secondo le statistiche dell'Onu, la popolazione terrestre è arrivata a 3 miliardi e 220 milioni; e continua a crescere con un tasso di aumento dell'I,9 per cento all'anno. Al profano può sembrare una inezia, ma in pratica significa che aumentiamo di 60-65 milioni all'anno, cioè di 1 milione e 250 mila alla settimana. Ogni domenica è come se una nuova Torino venisse ad aggiungersi al nostro pianeta. Continuando di questo passo, in quarant'anni saremo raddoppiati. Gli statistici inclini all'ottimismo sostengono che attorno al 2000 saremo circa 6 miliardi, i pessimisti dicono che arriveremo a 7 miliardi e mezzo. E poi? Noi europei non ci rendiamo esattamente conto della gravità del problema, perché col nostro 0,9 per cento di incre mento all'anno siamo quelli che aumentiamo meno. Civiltà, self-control, man canza di spazio, inducono buona parte delle famiglie europee — specialmente nel nord d'Europa — a limita' re in un modo o nell'altro il numero delle nascite; ma gli altri continenti galoppano. In testa a tutti vi è l'America Latina, con un tasso d'aumento del 2,8 per cento, poi l'Africa con il 2,5, l'Asia meridionale con il 2,4, l'Oceania con il 2,2, l'Asia orientale con il 2,2. Prima di noi, appaiati al penultimo posto, stanno l'America del Nord e l'Unione Sovietica con 1*1,6. In altre parole, se la corsa dovesse procedere con il ritmo odierno, noi europei, che nel 1960 eravamo 425 milioni, arriveremo nel 2000 a 527 milioni: un bel salto, non c'è che dire, che provocherebbe gravi problemi, ma che tuttavia resterebbe pur sempre nei limiti dell'umano. Ben più preoccupanti sarebbero i progressi dell'America Latina (da 273 a 768 milioni), dell'Africa (da 282 a 624 milioni), dell'Asia orientale (da 910 milioni a 1 miliardo e 284 milioni). Per questo motivo la conferenza ginevrina sulla «pianificazione familiare» ha visto la partecipazione massiccia di asiatici, africani e latino-americani, mentre l'Europa era scarsamente rappresentata. Naturalmente, dato che gli organismi promotori del convegno erano statunitensi, la delegazione più massiccia (42 rappresentanti) era quella americana; poi venivano gli asiatici (dieci delegazioni, fra cui spiccava quella dell'India con 17 rappresentanti), i sudamericani (dieci delegazioni), gli africani (quattro delegazioni). Buone ultime, l'Europa Occidentale con quattro delegazioni (Inghilterra, Svezia, Svizzera, Grecia) e l'Europa Orientale con due soli delegati che rappresentavano rispettivamente Ungheria e Germania Orientale. Nonostante la drammaticità di certe statistiche, nessuno degli studiosi inter-venuti nel dibattito si e preoccupato per la « mancanza di spazio ». Qualcuno ha fatto rilevare che se Adamo ed Eva fossero nati nel primo anno dell'era cristiana e se da allora il genere umano avesse avuto sempre l'attuale tasso di incremento (1*1,9 per cento annuo), ora sulla Terra non ci ^ sarebbe materialmente più posto per l'umanità. Anche a gomito a gomito, non c'entreremmo. Ma lo ha detto ironicamente, ben sapendo che si trattava d'una ipotesi astratta. Oggi come oggi, di spazio ce n'è ancora a volontà, il nostro vecchio pianeta può sopportare agevolmente una popolazione varie volte superiore a quella attuale. A parere di tutti il problema vero, concreto, è un altro: si tratta di dar tempo al tempo, di limitare lo sviluppo della popolazione in modo che proceda di pari passo con il progresso scientifico che ci fornirà indubbiamente nuove fonti di energia e nuovi mezzi di sostentamento, e col progresso sociale che vedrà via via una più equa ripartizione dei beni. Tutti sono convinti per esempio che la popolazione dell'India e del Pakistan, data l'attuale spin- ta demografica, finirà pri ma o poi per raddoppiare. Si tratta però di vedere se raddoppierà rapidissimamente nel giro di 25 anni creando problemi insolubili e provocando squilibrii gravissimi o se invece raddoppierà più lentamente, nel giro di settanta o ottant'anni, dando modo alla scienza, al progresso, alle strutture sociali, di sopperire adeguatamente alle esigenze della nuova situazione. «Aumentare, sì, ma con giudizio! ». Questo è stato, si può dire, il leitmotiv di tutto il congresso. Ogni delegazione naturalmente ha illustrato le esperienze particolari del proprio Paese elencando difficoltà, ostacoli, errori, progressi e soffermandosi infine sui risultati ottenuti. I sociologi hanno parlato di scuole, di educazione sessuale, di emancipazione della donna, di pianificazione delle nascite affinché ogni coppia possa avere quanti figli desidera e ogni figlio nasca nel momento più adatto. I medici hanno fatto il punto sul problema degli antifecondativi, discutendo garbatamente sui prò e i contro delle pillole, dei sistemi chimici e di quelli meccanici. Gaetano Tumiati lMIIllll

Persone citate: Gaetano Tumiati, John D. Rockefeller