I difensori chiedono per Ippolito la piena assoluzione in appello di Ippolito

I difensori chiedono per Ippolito la piena assoluzione in appello In duecento pagine i motivi del ricorso I difensori chiedono per Ippolito la piena assoluzione in appello Sostengono che l'ex segretario dell'ente nucleare ha agito per il pubblico interesse e che comunque ha portato un grande giovamento all'organizzazione che dirigeva - Anche l'Accusa ricorre contro la condanna a 11 anni di carcere inflitta dal Tribunale, ritenendola troppo mite (Nostro servizio particolare) Roma, 21 agosto. < Felice Ippolito deve essere assolto e messo in libertà. Se invece la Corte d'appello dovesse ritenerlo responsabile, come ha già fatto il Tribùnaie, la pena sia di molto in feriore a.gli undici anni ai quali l'ex segretario generale del Cnen è stato condannato.'Questo per due ragioni: innanzitutto, perché se qualche cosa è stato fatto in Italia nel campo della ricerca nucleare il merito va ad Ippolito; poi, perché l'ex segretario generale non può comunque essere ritenuto responsabile di colpe che non gli competono ». In sintesi, queste poche espressioni riassumono le duecento e più pagine dei motivi di appello contro la condanna a 11 anni di reclusione pronunciata dal Tribunale di Roma il 29 ottobre scorso contro l'ex segretario generale del Cnen, ritenuto responsabile di peculato, falso, interesse privato e abuso di potere. I motivi sono stati presentati questa mattina alla cancelleria del Tribunale dagli avvocati Adolfo Gatti e Giuseppe Sabatini, difensori dell'imputato. Nei prossimi giorni 1 legali degli altri imputati (nove, senza contare Ippolito) presenteranno i loro motivi e li presenterà anche il Pubblico Ministero, il quale per Ippolito chiese la condanna a 20 anni di reclusione. Ricorrerà anche la Procura generale presso la Corte d'appello, cioè l'ufficio che dette inizio alle indagini contro l'ex segretario generale del Cnen e che si è dichiarato insoddisfatto per la condanna inflitta, ritenuta troppo mite. Non appena tutti i motivi saranno stati depositati, gli atti del processo verranno trasmessi alla Corte d'appello, la quale fisserà la data d'inizio del processo di secondo grado, probabilmente nel mese di ottobre. Felice Ippolito, arrestato il 3 marzo dello scorso anno, era stato accusato di « aver esautorato gli organi direttivi e di controllo dell'ente nucleare ». Questa accusa era alla base del capo di imputazione: il predomìnio assoluto, ad avviso della Procura generale, aveva permesso a Ippolito di farla da padrone al Cnen, di spendere miliardi in modo illegale, di favorire società nelle quali era interessato, di assumere personale soltanto per aumentare la propria influen za. La sentenza di primo gra do ha messo da parte « l'esautorazione 5), parlando genericamente di un « tradimento della fiducia che il ministro dell'Industria aveva riposto nell'imputato ». I difensori di Ippolito respingono tale' tesi. Essi sostengono che al Cnen non si è fatto che bene e l'elemento propulsore di ogni attività è stato l'ex segretario generale; ma egli non ha agito da solo, bensì sotto la direzione e con l'approvazione degli scienziati del comitato direttivo e del presidente dell'ente nucleare, Ecco la risposta che, a proposito delle affermazioni della sentenza, danno i motivi di appello. PECULATO PER APPROPRIAZIONE — Riguarda essenzialmente la liquidazione (30 milioni) e il fondo speciale aperto da Ippolito presso la « Banca Nazionale del Lavoro » con le somme regalate dalla banca stessa. «La liquidazione è legittima », osservano Gatti e Sabatini. E aggiungono: «In sede politica fu deciso che Ippolito divenisse consigliere dell'Enel, allora in via di istituzione. Perdio ciò avvenisse l'ex segretario generale doveva lasciare l'incarico al Cnen, interrompere cioè un rapporto di lavoro che durava dal 1952 (quando Ippolito entrò al Cnrn, l'ente che poi dette vita al Cnen) Era quindi giusto che egli ricevesse la liquidazione per il lavoro svolto. La liquidazione era appunto di 30 milioni ». Per il fondo speciale, i difensori osservano che esso fu aperto con i 28 milioni donati dalla banca e che fu messo a nome del Cnen, il che dimostra che l'ex segretario generale non aveva intenzione di appropriarsi neppure di una lira: altrimenti lo avrebbe messo a buo nome, come avrebbe potuto benissimo fare. Questi soldi furono impiegati per attività di assistenza al personale e per propaganda, indispensabile, quest'ultima, a un ente giovane e in concorrenza con forti industrie private, quale era il Cnen. PECULATO PER DISTRAZIONE — Concerne le «assunzioni di personale esorbitante > e gli 830 milioni spesi dal Cnen per il Centro nucleare di Ispra, dopo la cessione del Centro stesso ail'Euratom. I difensori fanno brevi notazioni sul personale, rilevando che esso era tutt'altro che esorbitante «se è vero che, come risulta dal bilancio del 1965, sono stati assunti altri 276 dipendenti ». Per Ispra si sostiene che si caCvgm«mEnmgct eseguirono esattamente gli accordi dell'Euratom. FALSO IN BILANCIO — Qui i casi, ad avviso dei difensori, sono due: o il falso è stato commesso dalla commissione direttiva o a commetterlo sono stati invece gli uffici tecnici dell'ente nucleare. Tanto nel primo quanto nel secondo caso, Ippolito è innocente. ABUSO DI POTERE — Felice Ippolito dette molti appalti per lavori a « licitazione privata », invece che dopo « un'asta pubblica ». Dovette farlo, secondo Gatti e Sabatini, perché nel delicato campo dei lavori legati alla ricerca nucleare bisogna conoscere bene le ditte con le quali si tratta e non si può rischia- re di dare appalti a chi non.non è all'altezza della situa-1 zione. L'imputato, comunque, aveva per legge il diritto di trattare direttamente con le ditte questi appalti. INTERESSE PRIVATO — Siamo alle società: quel gruppo che, secondo l'accusa, faceva capo all'* Archimedes > e nel quale Ippolito era interessato direttamente o attraverso il padre. Gatti e Sabatini osservano: l'ex segretario non aveva alcun interesse in queste società; a parte ciò, affidando ad esse lavori di progettazione, fece gli interessi del Cnen, piuttosto che danneggiare — come l'Accusa sostiene — l'ente nucleare. IIII I llllllllltllllllllllllllllllllllllllll

Luoghi citati: Ispra, Italia, Roma