La popolazione attiva aumenta meno del numero degli abitanti

La popolazione attiva aumenta meno del numero degli abitanti Uno studio sullo sviluppo demografico in Italia La popolazione attiva aumenta meno del numero degli abitanti Il più lungo obbligo scolastico, l'abbassamento dei limiti di età per la pensione, l'emigrazione, riducono la percentuale delle forze di lavoro - La futura richiesta di mano d'opera potrà essere soddisfatta solo dall'incremento dell'occupazione femminile, che è scesa dal 31,6% nel 1901 al 19% nel '61 Giorni or sono « La Stampa» ha parlato delle prospettive dell'industria italiana nel 1965-'68, in relazione ad uno studio pubblicato dalla Confederazione dell'industria. Mi sembra interessante un accenno a quello che dovrebbe essere 10 sviluppo demografico e delle forze di lavoro in Italia fino al 1971, secondo le previsioni pubblicate, alcuni mesi or sono, dal prof. M. Livi Bacci. La popolazione italiana di cui egli si occupa, quella tra i 14 ed i 65 anni, è esattamente nota dal censimento del 1961 e si tratta di vedere soltanto come essa dovrà modificarsi per l'effetto della mortalità e dell'emigrazione. La mortalità delle classi di età centrale è, ormai, un feno meno non destinato a sog giacere a mutamenti im provvisi; scoperte sensazionali concernenti il cancro o le malattie cardiovascolari riguarderebbero i vecchi ; l'altra mortalità in via di riduzione è quella infantile Dato che si può, dunque, determinare quali saranno i viventi, anno per anno, fino al 1971, resta da vedere quanti tra essi faranno par te delle forze di lavoro, quale sarà cioè il « tasso di attività» dato dalla percentuale di persone attive su 100 individui di una data età. Per quanto ciò possa sembrare strano, il tasso di attività dei maschi è diminuito dal 1959 al 1963, in particolare per le classi fino ai 19 anni, in seguito all'obbligo scolastico ed alla effettiva maggior frequenza agli studi e, per le classi anziane, in relazione all'abbassamento dei limiti di età per 11 pensionamento e per altre ragioni di carattere economico-sociale. Per le femmine, sempre restando ferma la diminuzione nelle prime ed ultime età, si nota invece, un discreto aumento di attività nelle classi di età centrale. Si ricordi che l'attività femminile, durante questo secolo, si è andata molto riducendo, soprattutto per la quasi cessazione del lavoro a domicilio, sì che le donne dedite ad attività lavorativa sono passate dal 31,6% del 1901 al 19% del 1961. Prevedendo che il tasso di attività continui a diminuire, fino al 1971, per i maschi e le femmine in età di 14-19 anni; sia stabile per i maschi dai 20 ai 64 anni, e per le femmine dai 60 ai 64; sia in lieve aumento per le donne dai 20 ai 60 anni, si giunge alla conclusione che le forze di lavoro dovrebbero accrescersi an nualmente di 116.000 uni tà, di cui 32.000 uomini e 84.000 donne. Ma si aggiungono altre complicazioni: la popolazio ne invecchia; tuttavia le nuove generazioni riusciran no a sostituire quelle che lasceranno il campo. Però, nell'arco di tempo che va fino al 1971, il tasso di sostituzione diventerà sempre più debole, sicché la forza di lavoro sarà composta da una percentuale continuamente crescente di persone via via più vecchie. Notevole risulterà il danno economico, per l'aumento del costo del lavoro in relazione alla maggiore anzianità de gli occupati, per il minor grado di mobilità geografi ca ed intersettoriale degli stessi, per le più forti difficoltà di riqualificazione. Nel 1971 il mercato del lavoro sarà, perciò, più vischioso dell'attuale, considerata anche la maggior percentuale di donne — meno mobili degli uomini — le quali dovrebbero passare dal 27,5 % del 1961 al 30% del 1971. Questa previsione, già non molto favorevole, prescinde, nei suoi calcoli, dal fenomeno dell'emigrazione. Esso è ben poco prevedibile, per le ovvie cause che tutti conoscono. Supponendo che i tassi di emigrazione restino, nel periodo fino al 1966, uguali a quelli del decennio 1951-'61, e dimezzino, poi, fino al 1971, la forza di 116.000 unità annue scenderà a 73.000, con un incremento interamente do vnzddLuiss1tlvtrfdrIsl« vuto all'aumento delle donne lavoratrici, perché le forze di lavoro maschili, invece di accrescersi, diminuiranno di 11.000 unità nel decennio. L'emigrazione è, infatti, un'emorragia che colpisce in prevalenza il sesso maschile. A questo punto si inserisce un'osservazione: le 145.000 unità di incremento annuo che prevede la relazione degli industriali dovranno essere, in buona parte, assorbite dall'agricoltura, perché tutte le nuove forze non basteranno a soddisfare la domanda di lavoro da parte dell'industria. Inoltre, bisognerà porre somma attenzione alla qualificazione del lavoro femmi¬ nile, dato che il futuro della nostra economia sembra dipendere completamente dall'aiuto che il sesso debole darà a quello cosiddetto forte. Diego de Castro

Persone citate: Diego De Castro, M. Livi Bacci

Luoghi citati: Italia